domenica 22 dicembre 2019

IL GIORGIO BOCCA CHE NON CONOSCIAMO

Giorgio Bocca

Giorgio Bocca passò con entusiasmo dal fascismo al marxismo: la cesura è l'8 Settembre, quando nella sua Cuneo aderì a Giustizia e Libertà.

Non parlerò di quando era attivista tra gli universitari di Torino né quando scriveva articoli a favore delle leggi razziali.
Il 27 dicembre del '43 aveva consegnato due prigionieri tedeschi ad Andrea Spada, il famigerato capo della polizia partigiana.

Erano un maresciallo e un soldato semplice. Quest'ultimo singhiozzava prevedendo la fine che l'attendeva, mentre l'altro, inutilmente mostrava dal portafoglio le foto della famiglia coi suoi bambini.
Furono fucilati non dal plotone che si era rifiutato, ma dal boia Spada.

Nel comune di Sampeyre Giorgio Bocca faceva il giustiziere e uccise a sangue freddo un prigioniero tedesco che aveva in consegna, H. Dieter Klein di 30 anni.

Il 12 aprile del '44 uccise un sergente repubblicano catturato durante l'attacco al presidio di Busca. Si chiamava Amedeo Leonardi e aveva 19 anni. Scriverà: "nel caricatore ho venti pallottole grosse come nocciole, coperte di rame lucente, per chiudergli il becco".

La notte tra il 28 e il 29 aprile si appostò lungo la strada per Genola e tese un agguato a una colonna di tedeschi. Colpì i primi bersagli e poi fuggì per i campi.
Per rappresaglia i tedeschi fucilarono quindici civili.

Per il citato assalto al presidio di Busca gli fu concessa la medaglia d'argento al valor militare perché "contro un nemico infinitamente superiore (...)per aver ucciso in combattimento e a distanza ravvicinata (sic) il comandante del presidio ottenendo la resa della guarnigione".
Lui sparò per uccidere il comandante sì, che si era arreso.
Una delle tante farlocche medaglie che disonorano l'autentico valore militare.
Il presidio in questione contava una ventina di militi che Bocca moltiplicherà scrivendo che "era pieno di quattrocento fascisti".
Non approfondì che in quelle giornate di fine guerra i presidi si arrendevano anche senza sparare. 

Da commissario politico fu giudice del tribunale del popolo che condannava giovani donne accusate di essere spie.
Ci sono i documenti e c'è la sua firma.

Non si creda che non vi sia dell'altro. Migliaia di documenti conservati negli istituto storici della resistenza non sono consultabili.
A settant'anni da quelle ultime giornate di guerra.


Fonte: srs di Gianfranco Stella, da Facebook   di Gianfranco Stella del 4 ottobre   2019

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