lunedì 8 gennaio 2018

CLINTON: L'UVA PROIBITA IN EUROPA


Vietato nell'unione europea per la sua concentrazione di metanolo….forse…




È uno dei vitigni americani importati in Europa nel diciannovesimo secolo per essere resistenti alla fillossera . Il suo nome è dovuto a Clinton's Villa negli Stati Uniti. nella contea di New York .

I primi dati di piantagione sono documentati nell'anno 1821 e il suo responsabile era l'orticoltore Hugh White, della città di Cohocs che aveva scoperto quel seme nel giardino di suo padre.

Francia

La Clinton (Clinto, Plant des Carmes o Worthington) è una varietà di vite utilizzata sulle pendicimeridionali del Massiccio Centrale francese, in particolare nella Lozère, nel Gard , a nord dell'Hérault o addirittura nell'Aveyron . Più in generale, il clinton è legato alle Cévennes , dove i minatori erano impegnati nella viticoltura come seconda attività.


Le Cévennes sono una catena montuosa nel centro-sud della Francia, che comprende parti dei dipartimenti di Gard, Lozère, Ardèche e Haute-Loire.


"The Clinton" è anche il nome dato al vino prodotto da quest'uva (a volte associato a succhi di vite o altri vitigni locali, come l' Isabelle ).  Il vino Clinton è un vino debolmente alcolico (spesso meno di 10 gradi), che deve essere bevuto molto giovane, poiché è scarsamente conservato. Spesso amaro, leggermente frizzante, gli antichi avevano l'abitudine di bere questo vino aggiungendo zucchero o limonata. Serve anche a fare "chabrot", versando una piccola quantità di vino nella tua zuppa.


 
Chabrot


Oggi la produzione di clinton è praticamente scomparsa, ma i "neo-cévenois" (neocevenoles) cercano di rivitalizzare la coltivazione di questo vitigno, in particolare, producendo succhi di frutta. Al momento la sua produzione è vietata in Francia e nel resto dell'Unione Europea per presumibilmente avere troppa concentrazione di metanolo.

Il divieto francese si basa su un decreto del 1935 in cui affermava che sei varietà di uve non potevano essere utilizzate nel territorio gallico per la produzione di vino: Noè, Jacques, Herbemont, Otello (una miscela di Clinton con la varietà Frankenthal), Isabelle e Clinton. La ragione era una sovrapproduzione di vino nel sud del paese e nella colonia dell'Algeria. C'erano 35 milioni di abitanti e 91 milioni di ettolitri! I prezzi calarono drasticamente e i viticoltori scalarono le barricate.

Italia

Viene anche utilizzato nell'Italia settentrionale, nello specifico del Veneto , dove è conosciuto come Fragola o Fragolino (per il suo sapore simile a fragola) o più popolare come uva americana o uva Grinton . La comparsa della filossera nel XIX secolo ha causato la sua diffusione attraverso l'Italia settentrionale e nella Svizzera italiana. Oggi può essere trovato come uva da tavola nella zona di Trieste e Tizino.

Uva, Fragolino o Fragola

Nel paese alpino, è utilizzato come uva base per l'elaborazione dei vini Uhudler nella zona del Sudland con un permesso speciale dell'Unione europea che scade nel 2030.
I viticoltori austriaci si sono raggruppati in un'associazione che difende la continuità della piantagione di questa varietà sostiene che non ha bisogno di prodotti fitosanitari, né di irrigazione né di fertilizzanti. Pertanto, secondo loro, la sua economia è economica e sostenibile.


Fonti
 :
California Farmer and Journal of Useful Sciences, Volume 23, Number 9, 17 March 1865



GALDINO DICE: I VINI PROIBITI. OVVERO RITORNO ALLA NATURA





Nella seconda metà dell’ottocento in un periodo di circa 30 anni la nostra enologia (come tutta quella europea) fu devastata dai nemici mortali della vite: Oidio (1850), Peronospora (1870-80) e Fillossera (1879-1890), fu un’ecatombe.

Si tentarono una serie di misure di contrasto e di lotta, ma con esiti inefficaci. Il problema venne risolto mediante l’innesto della vite europea (Vitis Vinifera) produttrice di qualità, su piede (radice) di vite americana e dei suoi ibridi resistenti agli attacchi della Fillossera, tale metodo è tuttora applicato. Si importarono la Vitis Labrusca, la Vitis Riparia,  la Vitis Rupestris, la Vitis Berlandieri, la Vitis Aestivalis, la Vitis Monticola, la Vitis Amurensis.

La più antica specie di vite americana è la Vitis Labrusca, è sensibile alla Fillossera come apparato radicale per cui è piantata solo in terreni sabbiosi, mentre è indenne agli attacchi fogliari, è resistente all’Oidio e alla Peronospera.
Arrivarono così: il Clinton dall’omonima cittadina USA dello Iowa, diffuso nel Veneto anche come Clinto, Crinto, Grinton, U Grintu, trattasi di un ibrido di Vitis Labrusca e Vitis Riparia, il Noah (Noè) detto anche Clinton Bianco, il Bacò ibridazione da Vitis Labrusca, Vitis Riparia e Vitis Vinifera orignario dalla Francia (sembra dai vigneti sperimentali dell’Università di Montepellier) e poi altri ancora come York – Madeira, Taylor, Otello, Seibel, Burdin. Hanno tutti in comune il colore rosso dal succo poco intenso e il caratteristico odore e gusto Foxy (volpino) cioè selvatico.

Discorso a parte per l’uva fragola o Raisin de Cassis o Isabella originaria della Carolina del Sud diffusa sin dal 1816 partendo dalla cittadina di Prince dalla signora Isabella Gibbs da cui l’uva prese il nome. Trattasi di una Vitis Labrusca (ma per alcuni potrebbe essere un ibrido tra Vitis Labrusca e Vitis Vinifera) che arrivò  in Europa nel 1820, in Italia nel 1825, e quindi si diffuse ancor prima che sorgesse il problema della Fillossera. Immune alle malattie crittogamiche americane, di facile sviluppo per la sua rusticità e adattabilità ai terreni, fu piantata anche come ornamentale davanti alle case e nelle pergole. Produce un’uva molto apprezzata come frutto da tavola. Ha un aroma di lampone che ricorda lontanamente il moscato rosa e un profumo accentuato di fragola matura.

Vitigni quindi che hanno salvato l’enologia europea, ma con quali risultati? “vino” troppo ricco di tannini e troppo basso di gradazione alcolica e di acidità, scarsa conservazione;  “vino” con presenza di notevoli quantità di ceneri, erano utilizzate come base per le adulterazioni. Il loro profumo, molto diluito, nei vini costruiti con l’aiuto dei fondacci può dare l’illusione di vino naturale. Si è parlato anche di sostanze cancerogene, ma forse il maggior pericolo per la salute dell’uomo è l’alcol metilico che nella fermentazione di questi mosti si forma in quantità notevoli per la ricchezza di cellulosa. Alcol metilico causa di cecità e di cirrosi epatica, anche se l’illustre professor Tullio De Rosa sosteneva che “bisognava berne un ettolitro al giorno per intossicarsi”, comunque sia sono vini che creano uno sgradito bruciore di stomaco.

Quindi pollice verso da parte del legislatore nei confronti delle viti americane fin dall’epoca fascista: la legge del 23 marzo 1931 n° 376 vieta la coltivazione dei vitigni ibridi produttori diretti, la legge non riguarda l’uva fragola per la quale il divieto scatta con la legge n° 729 del 2 aprile 1936, mentre se ne consente nel contempo come produzione di uva destinata al consumo diretto.

Con la Repubblica nel 1965 il Decreto del Presidente della Repubblica n° 162 in materia di frodi su vini e aceti proibisce la vinificazione di uve diverse dalla Vitis Vinifera. Seguirà un anno dopo, in maniera ancora più confusa, la legge del 6 aprile n° 207, una legge molto mal formulata che vuol dire tutto e niente: l’uva fragola poteva essere coltivata per produrre uva destinata al consumo diretto, non vi è alcuna sanzione per chi vendeva l’uva fragola come uva da tavola, la vinificazione dell’uva fragola è consentita, consentito porre in commercio il prodotto della vinificazione dell’uva fragola. Il fragolino prodotto non essendo vietato si potrebbe anche chiamare “vino”, ma è consigliato evitarlo e chiamarlo solo “fragolino” o “bevanda a base di uva fragola” essendo le norme comunitarie contrarie a definire vino tutto ciò che non è prodotto da Vitis Vinifera.

E poi ci sarà l’adeguamento progressivo alle normative europee. Prima con il Regolamento n° 822/1987 che ha fissato l’elenco dei vitigni che possono essere utilizzati per la produzione di prodotti vinosi, in esso si prevede una deroga temporanea per gli incroci interspecifici (ibridi produttori diretti), poi con la legge italiana del n° 460/1987 nella quale viene stabilito l’obbligo di estirpare le viti proibite prevedendo una serie di pene pecuniarie a chi non ottemperasse a tale obbligo e infine il Regolamento n° 1493/1999 dela Comunità Europea che ha stabilito: “gli Stati membri compilano una classificazione delle varietà di viti per la produzione di vino.  Tutte le varietà classificate appartengono alla specie Vitis Vinifera.

La classificazione non può applicarsi alle varietà seguenti: Noah, Othello, Isabelle, Jacquez, Clinton e Herbemont. Le varietà di viti per la produzione di vino non menzionate nella classificazione devono essere estirpate, tranne nei casi in cui la produzione è destinata esclusivamente al consumo famigliare dei viticoltori. Appare evidente che la legge 460 del 1987 è più restrittiva del Regolamento del 1999.

Allo stato attuale la situazione è questa: è consentito coltivare l’uva fragola in tutto il territorio italiano “per il consumo famigliare dei coltivatori”, l’obbligo di estirpazione per i vigneti che superano l’estensione richiesta per destinare l’uva ad uso famigliare concerne solo le viti per la produzione di vino; non si applica alle coltivazioni destinate a produrre uva da tavola; è punibile chi mette in commercio vino fragolino prodotto da Vitis Labrusca (in Austria e Svizzera viene prodotto e consumato liberamente); non è punibile chi distilla uva fragola.

E veniamo ad oggi, ovvero ai distillatori dei Proibiti.  La notizia è recentissima, 3 distillatori vicentini Marco Schiavo, le aziende Brunello e Capovilla  sono stati multati per aver distillato vinacce provenienti da uve Clinto in quanto il vitigno non è inserito nell’albo ufficiale riconosciuto dall’Unione Europea dei vitigni coltivabili. Il fragolino aveva ottenuto una deroga e da parte loro i francesi sono riusciti a lasciare il vitigno Bacò nel suddetto albo per produrre l’Armagnac. Due pesi e due misure? O, meglio, qualcuno è più furbo o ha più peso presso l’Unione Europea? Fate voi.
Resta il fatto che il  proibito ha il suo fascino e in realtà alimenta un proprio mercato clandestino difficile da eliminare (?). I vini della memoria ci tramandano un passato fatto di ricordi, di sentimenti semplici e forti, di un mondo contadino che rivendica la propria autenticità e il proprio territorio.

Di questi vignaioli nostalgici Villaverla (VI) è diventata la roccaforte e l’annuale festa del Clinto rappresenta l’occasione di un approfondimento tecnico finalizzato alla riabilitazione di questo vino. La provincia di Vicenza ha assegnato al Clinto la DE.CO. (Denominazione Comunale) da un’idea di Luigi Veronelli. Certo il legislatore è stato troppo severo e drastico, forse era preferibile concedere l’uso enologico di queste uve e sensibilizzare il consumatore sulla cattiva qualità e sui pericoli per la salute, rivendicando altresì gli innumerevoli storici vitigni di alta qualità delle nostre terre.

Dopo quanto scritto permettetemi uno sfogo. Tutti i vigneti da Vitis Vinifera hanno bisogno di anticrittogamici, veleni e diserbanti (almeno fino a “ieri”), gli ibridi non necessitano di cure particolari e ci offrono “vini” per nulla contaminati e contaminanti da agenti inquinanti.

Quindi… E per finire alcune righe di Ermanno Olmi dal suo libro “L’Apocalisse è un lieto fine” (Rizzoli):  ……“Un amico che ama coltivarsi il suo orto mi ha portato un vitigno di uva fragola e l’ho piantato davanti a casa, sul lato più esposto al sole, ben accostato al muro per proteggerlo dal gelo….E’ un vitigno importato dall’America e si chiama Clinton. Su questi nostri monti dai nomi tristemente memorabili, Monte Grappa, Ortigara, Pasubio, si sono combattute cruente battaglie della Prima Guerra mondiale. Le coltivazioni vennero devastate dalle bombe e avvelenate dal gas nervino. Tanto che i raccolti per diversi anni furono magri e più nessuna vite resisteva su quei terreni. Allora il governo americano spedì in Italia un vitigno incredibilmente resistente a ogni avversità. Non so quale fosse e quale sia oggi il suo nome. E’ accertato che quando scaricarono dalle navi i nuovi vitigni, sulle centinaia e centinaia di casse era ben visibile la scritta “clinton”.  E cosa potevano sapere quei contadini veneti che quel “clinton” non era la denominazione del vitigno, bensì il nome dello spedizioniere?”  

Un particolare ringraziamento a Gampiero Rorato per il prezioso contributo della sua relazione sui “vini proibiti” al Convegno organizzato dalla FISAR il 29/4/2009 a Casarsa della Delizia (PN), dalla quale ho attinto alcune informazioni.


Fonte: srs di Francesco Lazzarini; da il coquinario  del 9 settembre 2014



I VINI PROIBITI. EL VIN GRINTON, EL PAPÀ DEI VINI!





Torno dopo un lungo periodo di assenza da queste pagine e lo faccio per parlarvi di qualcosa di “proibito”.
Non pensate male, si tratta di “vini proibiti”.
Il pretesto me l’ha dato la mia visita al Risitaly, la fiera del riso che si tiene ogni anno ad Isola della Scala.

Qui, sono imbattuta in un minuscolo banchetto dove facevano bella mostra alcune bottiglie di vino, leggo il cartello esposto: VINO CLINTO, VINO CLINTON E VINO BACO’.
Dopo aver assaggiato alcuni sorsi di Clinto bianco e rosso, Clinton, Bacò e di un fantomatico Vino Greco (ho cercato info sul web, ma non sono riuscita a trovare nulla) e aver fatto un po’ di domande al “rustico” e orgoglioso proprietario, compro una bottiglia di Vino Greco per me (mi inventerò il modo di usarlo) e una di Clinton per il mio papà, sono certa che gli farà piacere, lo porterà indietro di molti anni.

Tornata a casa penso che questo sarebbe proprio un bel modo di rientrare in pista e parlare del mio territorio come mi aveva chiesto Giustino.

Chi, ormai di una “certa età” (ok non sono così vecchia), non ricorda il vino Clinto, detto anche Clinton o Grinton, a seconda del dialetto locale, che si beveva con una “scuea” (scodella) durante i pasti nelle campagne venete, o che condivideva con amici insieme ad una buona fetta di salame o “sopressa” e una “ciopeta” di pane biscotto?
Era un vino che piaceva molto anche a bambini, perchè era lievemente dolce e sapeva di fragola.

Al giorno d’oggi tali vini sono diventati una rarità. Considerati fuorilegge a causa del loro alto contenuto di tannini, solo qualche contadino delle campagne venete o qualche vero appassionato lo coltiva ancora per un suo consumo familiare, in quanto il commercio ne è vietato.
Il vino Clinton è un vino di colore violaceo intenso che lascia una traccia densa nelle bottiglie e nei bicchieri, un forte profumo fruttato e un inconfondibile sapore di fragola.

La storia di questi vini inizia nel 1858 quando in Europa arrivò la Filossera, un minuscolo insetto parassita della vite,proveniente dal Nord America, che si diffuse molto rapidamente e che si rivelò devastante per le colture viticole di tutto il Vecchio Continente.
Durante il suo progressivo espandersi nella penisola italiana la Filossera distrusse due milioni di ettari di vigneti.
Questo insetto attacca le radici della pianta (ovvero vi si rifugia d’inverno per deporvi le uova) provocando in breve tempo gravi danni e la conseguente morte.
Dopo innumerevoli e purtroppo inutili tentativi messi in atto per debellare questo parassita, si scoprì che le radici delle viti americane erano resistenti alla Filossera.
Si decise così di innestare la vite europea (Vitis Vinifera) produttrice di vini di qualità, su piede (radice) di vite americana e dei suoi ibridi, resistenti agli attacchi
della Fillossera (metodo tuttora applicato) dato che queste viti, appartenenti alle varietà Vitis Labrusca, Vitis Riparia, Vitis Rupestris, Vitis Berlandieri, Vitis Aestivalis, Vitis Monticola e Vitis Amurensis, essendo varietà si presentavano non idonee alla vinificazione.
L’incrocio di delle viti selvatiche tra di loro o tra una vite americana e una europea, diede vita a delle specie, resitenti, come anzidetto, alla Filossera e che producevano dei frutti che permettevano di produrre dei vini per nulla disprezzabili e a volte molto piacevoli nel gusto.

Ed è proprio dall’incrocio di due diverse varietà di viti americane selvatiche, nello specifico, la Vitis Labrusca e Vitis Riparia che nasce il famoso Clinton o Grinton.
Il problema di questo vino è che una volta vinificato con i metodi tradizionali, si arricchisce di alcol metilico, sostanza che, se assunta in abbondanza provoca danni al nervo ottico e alla retina per le interazioni che provoca al sistema nervoso (ma sembra che bisogna berne veramente in grandi quantità).

Il Grinton è un vino unico, inconfondibile, dal gusto forte e particolare, profumatissimo, di color rosso molto intenso, cupo/violaceo.
E’ da dire che è difficile definirlo vino in senso stretto in quanto la sua qualità è abbastanza scarsa, la gradazione alcolica molto bassa (6-8° in volume) e la naturale conservabilità non va oltre l’inverno.

La massima diffusione di questo vitigno si è avuta verso gli anni 50-60, poi è andata progressivamente diminuendo, anche a causa delle proibizioni di vinificazione imposte dalla legge, anche se non è scomparso.

A Villaverla (VI) ci sono dei vignaioli nostalgici che continuano a produrre questo vino e che ogni anno danno vita alla Festa del Clinto, occasione unica per portare a conoscenza anche i più giovani di questi vini e di queste varietà di viti poco comuni.
La provincia di Vicenza ha addirittura assegnato la DE.CO.( Denominazione Comunale) al vino Clinto, da un’idea di Luigi Veronelli.

Non sono un’esperta di vini, tutt’altro, ma mi affascinano, e soprattutto mi piace scoprire varietà antiche, rare o quasi scomparse di frutta e verdure, che raccontano un po’ della storia delle nostre terre, dei nostri padri.
Certo il Clinto, e gli altri vini cosidetti “proibiti” vanno bevuti con consapevolezza senza esagerare, ma è anche vero che questi sono i precursori dei moderni “Vini naturali”, sono biologici naturalmente e ci offrono “vini” per nulla contaminati e contaminanti da agenti inquinanti.

Non posso che condividere le parole di Galdino Zara, patron dell’ osteria “Da Paeto” (Pianiga – VE) e tra i soci fondatori di Slow Food: “I vini della memoria ci tramandano un passato fatto di ricordi, di sentimenti semplici e forti, di un mondo contadino che rivendica la propria autenticità e il proprio territorio.”
E a me rivedere il “vin Grinton” mi ha fatto ritornare alla memoria quando con la nonna preparavo i “sugoli”, ovvero il budino d’uva, e in casa profumava tutto di mosto e spezie, sì perchè lei li faceva così, come piacevano al mio nonno:


SUGOLI DI NONNA IDA

Ingredienti
uva nera da vino (uva grinton, o merlot, o altra uva nera da vino)
zucchero
farina
chiodi di garofano (opzionale)
cannella (opzionale)

Procedimento

Sgranare l’uva e metterla in una pentola a cuocere. Quando avrà rilasciato il suo succo, passarla tutta al passaverdure (questo era il lavoro che odiavo di più fare!).
Mettere il succo in una pentola e per ogni litro aggiungere 2 cucchiai di zucchero e 80 gr di farina (dose per ottenere dei sugoli tipo una crema, se si vogliono più consistenti aumentare a 100 gr) e le spezie.
Attenzione a far sciogliere la farina senza formare grumi. Cuocere fino ad ottenere la consistenza di una crema pasticcera.
Versare in stampini o in un contenitore, far raffreddare e poi gustare.
Attenzione a non mangiarne troppi, danno una certa “turbolenza”.



Fonte: srs di Monica Crescente; da DI TESTA DI GOLA,  del 14 gennaio 2017



IL CLINTON DI FONTIGO È ARRIVATO A BRUXELLES: LA BATTAGLIA DI FRANCO ZAMBON PER SALVARE IL VINO DELLA TRADIZIONE


 
La Confraternita del Clinton…da sinistra: Diego Siviero Presidente Pro Loco Loreo; Carmen Gasparini Presidente Confraternita del Clinto; Giovanni Civiero Presidente Casartigiani Polesine; Franco Zambon Vice Presidente



Grazie a loro il clinton  ha varcato le porte del parlamento europeo di Bruxelles, incontrando i palati degli europarlamentari proprio nel cuore dell’istituzioni comunitarie. Impresa non da poco, se si pensa che la commercializzazione di questo vino è proibita in Italia, e poi in Europa, fin dal 1931.

L’iniziativa proviene da associazioni austriache (Arche Noah), francesi (Fruits Oubliés) e italiane, in particolare venete: il Comitato veneto difesa Clinton di Villaverla (Vicenza) e la Confraternita del Clinton di Fontigo, nel comune di Sernaglia della Battaglia. Lo scopo è quello di liberalizzare la coltivazione delle viti che derivano dalla varietà labrusca, pianta di origine americana dalle cui ibridazioni sono nati clinton e cugini, i cosiddetti “ibridi produttori diretti” (Noah, Othello, Isabelle, Jacquez, Clinton e Herbemont) di cui è vietata la coltura in Europa, salvo alcune eccezioni.

“Teniamo in piedi uno storia locale - spiega Franco Zambon (nella foto)  della Confraternita del Clinton, fra coloro che lo scorso 26 aprile proposero le degustazioni a Bruxelles - Questi vitigni furono proibiti in seguito all’enorme diffusione che ebbero al tempo, dato che sono piante molto resistenti e facili da coltivare. Lo scopo della legge era quello di proteggere le viti autoctone, ma fino agli anni ’60 il clinton venne lo stesso prodotto in grandi quantità. Ora però le cose sono cambiate, ed è il clinton che rischia di scomparire, un vino che è sempre stato molto apprezzato e bevuto nel nostro territorio”.

In Veneto la legge proibisce l’impianto di nuove viti americane e la commercializzazione del vino che si ricava da queste. La coltivazione è consentita solo per le viti già piantate e per il consumo domestico, tanto che lo scorso anno la 15esima "Festa del Clinton" di Fontigo, su ordine dell’ufficio frodi di Conegliano, ha dovuto cambiare nome in "Rosso Fontigo". A livello nazionale, invece, c’è addirittura una legge che impone di sradicare tutti gli ibridi produttori diretti, anche se non ha mai trovato applicazione.


“Nel nostro territorio, ma anche nel Bellunese e in provincia di Padova e Vicenza, continuano ad esserci famiglie di coltivatori che portano avanti questo tradizione - prosegue Zambon - A volte si tratta di piante centenarie che ancora danno uva e che necessitano di pochissimi trattamenti, tanto che in Austria l’Uhudler, prodotto con viti americane, è ammesso con certificazione biologica”. Difesa delle tradizioni, ma anche promozione di un tipo di viticoltura sostenibile per l’ambiente che, stando a quanto sostengono i comitati, richiede molti meno trattamenti di quella tradizionale. In questo senso, l’aspetto biologico delle questione è stato inserito a pieno titolo fra le motivazioni che spingono a dire sì  al Clinton e alle altre varietà che hanno origini americane, accanto alle ragioni della tradizione.

“Fra i sostenitori dell’iniziativa ci sono anche l'europarlamentare Mara Bizzotto (Lega Nord) e l’ex ministro Paolo De Castro (Partito Democratico) - riporta Zambon - Lo scorso 31 maggio la Bizzotto ha presentato un ricorso al parlamento europeo, affinché questi vitigni vengano riconosciuti e tutelati in Veneto e Friuli Venezia Giulia. Ora non ci resta che attendere la risposta delle istituzioni europee”.

Fonte: Edoardo Munari,  da Qdpnews.it del 24 luglio 2016



LA LEGALIZZAZIONE DEL CLINTON FA PASSI AVANTI. ZAMBON (CLINTO DI MARCA): DA BRUXELLES UN'APERTURA




Stand di Sernaglia  e   Franco Zambon



Proseguono le attività per il riconoscimento del clinton,  il vino ricavato da uve americane di cui è vietata la commercializzazione in Italia fin dal 1931. In prima linea per riportare il clinton  alla legalità anche "Clinto di Marca", associazione di Fontigo inquadrata nella più ampia "Confraternita del clinto" che ha sede a Thiene (Vicenza), l’ente nazionale che coordina le attività dei vari gruppi locali e che collabora con le "sorelle" degli altri paesi europei come Francia e Austria.

“Siamo nati ufficialmente un anno fa: contiamo circa 80 soci in tutta l’Alta Marca trevigiana, da Vittorio Veneto fino a Valdobbiadene - spiega Franco Zambon (nelle foto),  vice presidente della Confraternita del clinto e tra i fondatori di Clinto di Marca - Abbiamo già incontrato il commissario europeo per l’agricoltura Phil Hogan che si è detto disposto a legalizzare il clinton  a fronte di studi che confermino che è innocuo. Questi studi esistono già da anni e stiamo cercando di organizzare un incontro con il vice ministro all’agricoltura Andrea Olivero per portargli i risultati di questi studi”.

L'uva clinton  deriva dalla varietà Labrusca, pianta di origine americana dalle cui ibridazioni sono nati clinton  e cugini, i cosiddetti “ibridi produttori diretti” (Noah, Othello, Isabelle, Jacquez, Clinton e Herbemont), che furono proibiti in seguito all’enorme diffusione che ebbero nel prima metà del Novecento, dato che sono piante molto resistenti e facili da coltivare. Lo scopo della legge era quello di proteggere le viti autoctone, ma fino agli anni ’60 il clinton  venne lo stesso prodotto in grandi quantità. Ora però le cose sono cambiate, e sono gli ibridi produttori diretti che rischiano di scomparire.

Nel frattempo, mentre la burocrazia fa il suo corso, proseguono le attività sul territorio di Clinto di Marca: “La scorsa domenica eravamo presenti ad Agricolture di frontiera a Sernaglia, con il nostro stand per le degustazioni (nella seconda foto)  - riporta Zambon - Mentre sabato si è tenuto a Nervesa della Battaglia il “Simposio del clinto” (nella foto in alto),  che ha visto la partecipazione del professor Vanino Negro, docente di enologia insignito del premio Cangrande, e Giampiero Rorato, giornalista, scrittore e studioso di enologia e enogastronomia, una serata dedicata a tutti colori che condividono con noi il desiderio della tutela, della salvaguardia della tipicità e della legalizzazione del clinton”.


Fonte: Edoardo Munari da  Qdpnews.it del 26 maggio 2017




Nessun commento: