giovedì 30 marzo 2017

PAOLO SARPI, IL SUO PENSIERO VERO SU STATO E RELIGIONE

Paolo Sarpi




di Milo Bozzolan Zago


Piccolo brano, scritto di pugno da Fra Paolo Sarpi (Venezia 1552 – Venezia 1623) che ci aiuta a comprendere bene il Suo punto di vista riguardo alla laicità dello stato.
Egli è stato per gran parte frainteso, a volte volutamente, infatti mai ha affermato che lo stato non dovesse in alcun modo occuparsi della Religione, ma bensì l’avrebbe dovuta favorire,  poiché “il Principe” era tenuto a interessarsi sia al benessere materiale, che a quello spirituale dei sudditi. Era suo dovere, fin dai tempi più antichi.

La terza via di Paolo Sarpi e della Serenissima Repubblica, tra laicità moderna e stato clericale.  Brano tratto dal “Discorso dell’origine dell’uffizio dell’Inquisizione”.

Tra le perverse opinioni, de’ quali abbonda il nostro secolo infelice, questa ancora è predicata, che la cura della Religione non appartenga al Principe, qual è colorata con due pretesti. L’uno, che per esser cosa spirituale, e divina, non s’aspetti all’autorità temporale. L’altro, perché il Principe, occupato in maggiori cose, non può attendere a questi affari.

E’ certo degna di maraviglia la mutazione, che il mondo ha fatto. Altre volte li santi Vescovi niuna cosa più predicavano, e raccomandavano ai Principi, che la cura della Religione. Di niuna cosa più li ammonivano, e modestamente riprendevano, che del trascurarla. E adesso niuna cosa più si predica, e persuade al Principe, se non che a lui non si aspetta la cura delle Cose Divine, con tutto che pel contrario la Scrittura Sacra sia piena di luoghi dove la Religione è raccomandata alla protezione del Principe dalla Maestà Divina, la qual anco promette tranquillità, e prosperità a quei Stati, dove la Pietà è favorita, si come minaccia desolazione, e distruzione, a quei governi  dove le cose divine son tenute come aliene. ( Il neretto è mio, seguono esempi di antichi regni dove la Religione era curata massimamente)……

La vera Religione essendo fondamento dei Governi, sarebbe grande assurdità, tenendo ciò per vero, com’è verissimo, il lasciarne cura totale ad altri, sotto pretesto che sono spirituali, dove la temporale autorità non arriva, ovvero che il Principe abbia maggior occupazione che di questa.
Chiara cosa è, che siccome il Principe non è Pretore, né Prefetto, né Provveditore: così parimente non è Sacerdote, né Inquisitore, ma è ben anco certo che la cura sua è di sovrintendere, con tener in Ufficio, e procurar che sia fatto il debito, così da questi, come da quelli: e qui sta l’inganno, chè la cura particolare della Religione è propria delli Ministri della chiesa, siccome il governo temporale è proprio del Magistrato, ed al Principe non conviene esercitar per se medesimo né l’uno né l’altro, ma indirizzar tutti, e lo star attento, perché niuno manchi all’Uffizio suo, e rimediare alli difetti delli Ministri: questa è la cura del Principe così in materia di Religione, come in qualsivoglia altra parte del Governo.
Si capisce quindi che la religiosità dei cittadini è vista come un bene primario, da favorire e curare. Una società cristiana sarà naturalmente portata a ben operare in ogni campo, cercando attraverso le sue istituzioni, di sopperire con la carità, la pietà, la giustizia  alle inevitabili sue storture e ai problemi che via via si presentassero. Infatti fu scritto che ”la Repubblca conserva il suo potere con la Religione, la Legge, la giustizia, i suoi cittadini con la Carità, l’amore, la Pietà. Tre virtù  teologali.”

Riportiamo di seguito un commento di Europa Veneta che può aiutare a comprendere il testo

Lo Stato, quindi, non era affatto indifferente alla religione: essa era invece il suo primo fondamento, discendendo la sovranità da Dio.  La Serenissima era uno Stato Confessionale, da confiteor = io testimonio Dio. Nessuno avrebbe potuto governare se non fosse stato di Fede cattolica (come lo era il grosso del popolo).  In conclusione, la struttura sociale di allora si componeva di diversi ambiti riuniti in forma armoniosa, tanto che il trinomio popolo-Stato-Chiesa tendeva a formare un inscindibile tutt’uno.

La Divina Maestà e la Maestà Temporale – secondo l’antico concetto di laicità – erano il duplice vertice del potere d’allora, distinti come struttura, ma entrambi d’origine divina e convergenti nell’unico fine di santificare l’uomo e la società. Il LAICISMO moderno è tutt’altra cosa. 
Vuol dire che lo Stato traccia una SEPARAZIONE NETTA tra politica e valori etico-religiosi: prescinde, quindi, da un preesistente ordine morale e tende ad abolire qualsiasi scrupolo di coscienza.  Si spalancano le porte dell’arbitrio totale, che incontra l’unica barriera illusoria della legge scritta, come se questa dovesse agire di forza propria (e non discendesse da principî trascendenti). 
Eliminato il retroterra della Tradizione, senza un patrimonio di Fede, lo Stato (quindi chi lo controlla) ha mano libera nel fare e disfare tutto.
Nell’attuale sistema la sovranità discende da un popolo concepito come aggregato privo di identità spirituale; oggi “l’identità nazionale” è un retaggio di segni materiali ed esteriori (simboli, bandiere, uniformi, eserciti, squadre sportive, o la lingua, ecc.).


Fonte: da Vivere  Veneto del 10 febbraio 2014

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