domenica 23 agosto 2015

STORIA VENETA – 69: 1427 - VENEZIA VINCE A MACLODIO. NELLO SCONTRO CON FILIPPO MARIA VISCONTI



Dal testo di Francesco Zanotto


"Camminava frattanto l'esercito de' Veneziani per una via praticata in mezzo ad un padule che nel verno veniva allagato, ed allora appariva sparso di virgulti e di piante palustri, a fronte del quale scoprivasi larga e  coltivata pianura dove potevasi giungere agiatamente in tempo di estate, ma per vie oblique, le quali furono dal Carmagnola, in certi punti, munite di armati. E poichè vide essere i nemici disposti a combattere, fece passare quetamente intorno al padule, Nicolò da Tolentino con 2000 cavalli, affine di assaltar l'oste alle spalle allorchè fosse impegnata la zuffa ... "


ANNO 1427


Giuseppe Gatteri


Cosa ci racconta il disegno di Gatteri.


Nella famosa battaglia si scontrano senza esclusione di colpi milanesi e veneziani, questi ultimi condotti alla clamorosa vittoria dal conte di Carmagnola, che ha la capacità tattica di muovere le truppe in un territorio difficile ma conosciuto ...


LA SCHEDA STORICA  -  69


Nel 1423, poco dopo aver pronunciato il suo discorso, moriva il doge Tommaso Mocenigo. Gli succedeva sul trono ducale proprio Francesco Foscari, colui che mai il defunto doge avrebbe voluto quale successore.
Del resto la situazione alle spalle di Venezia si evolveva con una tale rapidità - e non certo in termini tranquillizzanti per la Repubblica -, che si rendeva indispensabile un radicale mutamento della linea politica adottata fino ad allora dal prudente Mocenigo.
Questi, difronte all'inarrestabile dilagare della potenza viscontea - erano cadute nella sua rete anche le città di Reggio, Imola, Parma e Faenza, Brescia e Bergamo -, aveva opposto una politica di congeniale intesa con lo stesso Filippo Maria Visconti nonostante il parere già allora fortemente negativo del senatore Francesco Foscari.  Con lui, una volta diventato doge, l'atteggiamento di calcolata prudenza del Mocenigo, venne infatti progressivamente abbandonato.
Inizialmente anche il nuovo doge si attestò su di una posizione sostanzialmente neutrale nei confronti dello strapotere del Visconti, malgrado gli appelli di Bologna e di Firenze per costituire al più presto una lega contro il potente signore milanese. Appelli che si fecero particolarmente disperati da parte di Firenze dopo la sua sconfitta a Zagomera a seguito della quale si sentiva ormai direttamente minacciata. Anche allora il governo veneziano non si mosse, limitandosi a chiedere un chiarimento al Visconti circa le sue reali intenzioni nei confronti della repubblica fiorentina.
Solo nel 1426 Venezia si decise ad entrare a far parte di un vasto fronte anti-visconteo voluto anzi con tutte le forze dallo stesso doge. Da quel momento iniziò per Venezia un lungo, interminabile periodo di guerre, guerricciole e sporadici scontri con le truppe del Visconti. Una triste sequela destinata fra pause e fragili paci a durare per più di trent'anni.
Le parole del doge Mocenigo che con il Foscari quale nuovo doge Venezia si sarebbe ritrovata presto in guerra, dovettero sembrare allora una fatale profezia. Venezia, del resto, non aveva alcuna alternativa o comunque non venne presa in considerazione.
La prima fase del conflitto si concluse il 30 dicembre del 1426 con una pace che assegnava a Venezia la provincia e la città di Brescia. La Serenissima aveva valicato i confini veneti mettendo per la prima volta piede sul suolo lombardo. Era sicuramente un bel colpo per il governo del Foscari, ma l'incalzare della guerra voleva Venezia ancora in armi appena pochi mesi dopo con un'emorragia finanziaria che era appena ai suoi inizi.
Il denaro infatti, non sembrava mai sufficiente per pagare i veri protagonisti di questa guerra: i capitani di ventura. Mercenari al soldo del miglior offerente, veri e propri professionisti della guerra, sono loro con il loro cinismo e la loro insaziabile sete di denaro a definire e spesso determinare le sorti di una battaglia.
E proprio uno di questi capitani, forse il più famoso e conteso dell'epoca, aveva assoldato la Serenissima nel 1425. Il suo nome era Francesco Bussone, più comunemente noto ieri come oggi come conte di Carmagnola. Con il doge Foscari fu uno dei più accaniti sostenitori dell'ingresso di Venezia nella Lega anti-viscontea.
Eppure il Carmagnola aveva fatto la sua fortuna e costruito la sua fama proprio combattendo al servizio di Filippo Maria Visconti per il quale aveva conquistato fra il 1415 e il 1420 numerose città piemontesi e lombarde (Alessandria, Como, Cremona, Bergamo e Brescia ... ).
Nel 1421, poi, con l'altro grande condottiero visconteo, Guido Torelli, aveva realizzato l'antico sogno dei Visconti: la conquista di "Genova.  
E proprio a Genova il Carmagnola si vide praticamente relegato solo un anno dopo dal suo duca, seppur con l'alto incarico di governatore della città. Il motivo sembra da ricercarsi nelle feroci gelosie ed invidie che la totale fiducia del Visconti nel Carmagnola e i suoi straordinari successi militari avevano scatenato a corte e fra gli altri condottieri.
Alla fine del 1424, forse a causa di alcune voci relative ad una congiura anti-viscontea nella città di Genova che avrebbe visto partecipe lo stesso conte, il Carmagnola venne richiamato a Milano al cospetto del duca. Fra i due fu subito uno scontro verbale durissimo alla fine del quale il Carmagnola se ne andò sbattendo la porta. Da allora iniziò a tessere incessantemente le fila della sua vendetta contro il Visconti e che lo avrebbe portato ben presto proprio in braccia a Venezia.
Dal governo veneziano venne nominato niente meno che capitano generale delle milizie ducali che presto dovettero muoversi ancora una volta contro il signore di Milano che aveva già mobilitato, dal canto suo, 15.000 uomini al comando di Carlo Malatesta, signore di Rimini.
Gli uomini della Serenissima, nella loro avanzata, si erano intanto attestati nel cremonese, presso Maclodio oggi in provincia di Brescia. I veneziani procedevano attraverso una via aperta fra i canneti di una palude, attorno alla quale il Carmagnola aveva fatto distribuire 2.000 uomini a cavallo al comando di Nicolò Tolentino mentre i fanti erano dislocati nel canneto.  
L' 11  ottobre del 1427 il Carmagnola decise finalmente di muovere contro il nemico. L'esercito milanese pagò duramente in quell'occasione l'imperizia del suo comandante che spinse troppo avanti i suoi uomini verso la palude ritrovandosi praticamente accerchiato: di fronte la fanteria veneziana che sbucava dai canneti, alle spalle invece la cavalleria. In aiuto dei milanesi accorsero anche Torello e l'altro grande capitano di ventura destinato a diventare da lì a pochi anni il nuovo signore di Milano, Francesco Sforza, il cui fratello intanto venne fatto prigioniero dai veneziani. L'arrivo dei rinforzi arrivò comunque troppo tardi o giusto in tempo per vedere i veneziani trionfare. Era il 12 ottobre del 1427.
Il Carmagnola non solo aveva portato a termine la sua segreta, personale vendetta contro il suo ex signore, ma al tempo stesso aveva procurato a Venezia gloria e prestigio. Carmagnola era in quel momento l'eroe della repubblica veneziana.


Fonte: srs di Giuseppe Gatteri, Antonio Viviani, Francesco Zanotto, Giuseppe Grimaldo, Laura Poloni, Giorgio Marenghi; da STORIA VENETA,  volume  3, SCRIPTA EDIZIONI

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