giovedì 9 gennaio 2014

CHIESE E VITA MONASTICA


Chiesa di Sant’ Elena: i resti del luogo di culto paleocristiano  del IV secolo. Duomo di Verona

CAPO XVI

SOMMARIO - S. Pietro in arce - Chiesetta dietro l'abside di Nazaro - Una chiesa di S. Maria Mater Domini - Una chiesa di S. Zeno (?) - S. Lorenzo - S. Giovanni in foro - S. Benedetto - Monastero e chiesa di Santa Maria in organo - Vergini per professione.

Altrove abbiamo veduto quanto dovette essere diffusa e viva tra i veronesi la fede nel secolo VI; e ne recammo a prova i documenti sacri e liturgici, massime quelli conservati nella nostra biblioteca Capitolare.  Questo fatto ci vien pure confermato dal numero considerevole di chiese, che troviamo in Verona nel secolo VI e nei due seguenti.

Sulla parte, che sta a sinistra dell'Adige, preesisteva la chiesa di S. Stefano « ad martyres »: distrutta tutta od in parte negli ultimi anni di Teodorico, ma poi di certo restaurata (a).

Le memorie dei nostri maggiori ci danno come esistente nel secolo V la chiesa di S. Pietro « in arce ».  E certamente sarebbe un bel decoro per Verona cristiana una chiesa subito dopo le persecuzioni eretta lassù « in arce », dov'era un tempio dedicato a Giove, e dedicata ad onore del Principe degli Apostoli, al di sopra del teatro che nei secoli precedenti era stato lo stadium dei martiri veronesi (b). Questa chiesa, secondo Panvinio, sarebbe la più antica di Verona (1); antichissima la dice pure Biancolini, e con lui il  ch.mo prot. Carlo Cipolla (2): ma della sua prima erezione non abbiamo alcun documento.  Certo esisteva nel secolo VI; anzi era allora di tale importanza d'aver meritato che presso di essa risiedessero i due vescovi S. Verecondo e S. Valente, che vi furono anche sepolti.  
Indizi di più alta antichità sarebbero alcune lapidi scritte e quasi tutte dell'epoca romana, scoperte sotto i suoi ruderi dal nostro sacerdote, poi canonico, Paolo Vignola nell'anno 1854: ma esse non danno una prova storica sufficiente a far risalire la chiesa all'epoca romana (3).
La struttura della chiesa, quale era verso la metà del secolo XVIII, divisa in tre navate, segnava la separazione degli uomini dalle donne: per i primi era la navata meridionale larga poco più di cinque metri; per le donne era la settentrionale larga poco più di sei metri (4): l'abside era ad oriente. Distrutta nell'anno 1801 dopo la pace di Luneville, rimasero pochi ruderi, dei quali ci conservò un rozzo disegno il Venturi (5): questi furono poi distrutti dagli Austriaci nel 1854 per costruirvi l'attuale castello: il luogo della chiesa ci è indicato dalla Iconografia Rateriana, della quale parleremo a suo luogo.

Nè dovrebbe essere posteriore al secolo VI la chiesetta scavata nel tufo del monte Costiglione o Scaglione dietro la chiesa attuale dei SS. Nazaro e Celso. Alcuni nostri scrittori la dissero la più antica chiesa di Verona, esistente già sulla fine del secolo III, e presso la quale avrebbe risieduto il vescovo S. Procolo: ma è un'opinione priva di fondamento ed oggi abbandonata.
La parte scavata nel monte e tuttora superstite, con pavimento a mosaico ed indizi di un cancello, probabilmente era riservata al clero: per i fedeli dovea essere un'abside anteriore, forse costruita a pié del monte (6). Anche al presente si veggono alcuni affreschi, sovrapposti gli uni agli altri: ma i più antichi di essi sembrano appartenere al secolo X. Come congetturò di recente il ch.mo prof. Carlo Cipolla: alcuni di essi furono collocati nel civico museo l'anno 1881 (7) (c). Certamente questa chiesetta merita tutta l'attenzione dei cultori delle nostre cose ecclesiastiche, non essendo improbabile che essa sia una tra le prime chiese cristiane di Verona.

Sulla stessa parte a sinistra dell'Adige si hanno avanzi della chiesetta di S. Faustino in castello; la quale, a quanto riferisce il Biancolini, sarebbe stata fabbricata dal vescovo Solazio l'anno 565 (8).  Secondo il Venturi, apparterrebbe al secolo V la chiesa (non l'attuale) di S. Giovanni in Valle (9): altrove abbiamo già veduto come assai verosimilmente risale al secolo V una chiesa dedicata a S. Felice; e forse anche un piccolo oratorio ad onore di S. Siro. Perciò verso i secoli V-VII su questa parte di Verona, detta anticamente « arx », più tardi « castrum », « castellum », abbiamo sei o sette chiese, alle quali forse potrà aggiungersi quella di S. Maria «ad organum ». come vedremo.

Passiamo ora alla parte destra dell'Adige, dov'era la «Verona civitas », In essa troviamo anzitutto un complesso di edifici sacri là, dove ora sorge la cattedrale con gli adiacenti fabbricati dell'episcopio e del canonicato.

Il nostro Stato personale ammette come esistente nel secolo V una chiesa dedicata a S. Maria Mater Domini o S. Maria Matricolare (10). Una chiesa ad onor di Maria Mater Domini, eretta nel secolo dell'eresia nestoriana e del concilio efesino, davvero sarebbe una gloria per Verona; sarebbe frutto della devozione a Maria inserita nel cuore dei veronesi dal nostro santo patrono S. Zeno.  Confessiamo tosto che non si hanno documenti. Però a lato della chiesa di S. Giorgio (Santa Elena) stanno alcuni tratti di pavimento a mosaico di lavoro elegante con iscrizioni che sanno di Cristianesimo (11): la chiesa stessa di Sant'Elena in una parete presenta elementi non suoi e certo appartenenti ad un edifiicio sacro anteriore.
Qual meraviglia che qui fosse una chiesa dedicata a Maria nei secoli V o VI, e che, perita questa, nel secolo VIII le fosse sostituita la chiesa di S. Maria Matricolare? Si è molto disputato fra i nostri dove fosse la residenza dei vescovi nei secoli VII ed VIII: certamente essa era qui nella seconda metà del secolo VIII: non potrebbe essere che qui fosse anche prima, e che per questo motivo questa località si dica più tardi antonomasticamente « domus » ed « in domo»?

Altrove abbiamo già veduto come a sera dell'odierna cattedrale assai probabilmente esistevano due basiliche: d'una di esse abbiamo accennato, e non senza fondamento, che fosse dedicata a S. Teodoro: dell'altra ora proponiamo un'altra congettura: che fosse dedicata a S. Zeno e fosse la basilica che Coronato dice edificata da un discendente di Gallieno; ma confessiamo di non aver documenti.

Dov'era la basilica, di cui parla Coronato? (12) - Secondo Biancolini ed altri non potè esser quella detta di S. Zeno in oratorio: la chiesetta, che sta nel chiostro di S. Zeno, per nessun titolo potea dirsi basilica, ed è riputata posteriore di qualche secolo.  
La proposta congettura giustificherebbe la residenza dei nostri vescovi vicino alla chiesa di S. Maria Matricolare e l'appellativo di «episcopatus sancti Zenonis » data al vescovado (residenza del vescovo) di Verona nel secolo VIII.  Essa spiegherebbe pure la soluzione precaria di una lite sorta negli anni 750-760 tra i chierici; per la quale alcuni officiavano la chiesa di S. Maria Matricolare, altri insieme col vescovo quella di S. Zeno (13).  Qui potrebbe essere avvenuto il miracolo narrato da S. Gregorio; dell'acqua dell'Adige, che, salita fino alle finestre, non entrò nella chiesa.  V'ha una sola difficoltà; ed è l'asserzione di Paolo diacono, che quella chiesa era fuori di Verona.   Ma Paolo non è veronese; e forse avea desunto questa circostanza da S. Gregorio, il quale dice che l'Adige era cresciuto « apud urbem Veronam »(14).  Giovanni Mansionario dice che il miracolo avvenne nella « ecclesia sancti Zenonis Oratoris »: eppure Biancolini, Giuliari ed altri negano che questa fosse la chiesa di S. Zeno in Oratorio: forse l'appellativo «oratoris» designava la basilica, di cui parliamo. Aggiungiamo un'altra osservazione. Gli studiosi delle avventure del corpo di S. Zeno confessano che non si può definire dove esso si trovasse dal secolo V al secolo IX: non potrebbe essere che esso si trovasse in questa basilica? Ripetiamo che troppo  chiara è in quest'epoca la connessione tra il vescovado e S. Zeno. Ci lusinga anche la vicinanza dei due santi vescovi Zenone e Teodoro, i due forse più di tutti venerati nella chiesa veronese, dei quali oltre il giorno natalizio si celebravano anche la traslazione e la dedicazione; più ancora ci lusinga la vicinanza delle loro chiese a quella di S. Maria « Mater Domini », Del resto non sono che congetture (15): speriamo che esse siano di stimolo ad altri di approfondire la questione (d).

Senza dubbio già fin dal secolo VIII esisteva una chiesa dedicata a S. Lorenzo ad occidente di Verona. Essa probabilmente risale al secolo VI, e forse anche al precedente, quando il culto di S. Lorenzo si cominciò a connettere con quello di santo Stefano, ambedue diaconi e martiri. A quest'epoca la assegnano il Biancolini e Da Persico, massime per la sua costruzione ad uso greco: il Benassuti la dice costruita tra gli anni 325-333 (16); ma le prove da lui recate non provano punto il suo asserto. Secondo il Maffei, nella sua costruzione si adoperò molto materiale di un edificio romano, che egli congettura fosse un tempi etto di Venere eretto nel pomerium della Verona romana.  Questa chiesa ad onor di S. Lorenzo rispondeva alla struttura delle chiese antiche; chè anzi alcuni tratti di tale struttura passarono pure alla chiesa attuale.  L'abside ad oriente; sopra l'altare la cuba, di cui restano alcuni vestigi: la parte concessa ai fedeli divisa dal presbitero mediante transenne: in fondo alla chiesa il narthex. Il pavimento dovea essere a lastre di calcare bianco rozzamente lavorate; a meno che sotto il pavimento recentemente scoperto non ve ne fosse un altro a mosaico. Tutto ciò si riferisce alla chiesa primitiva, che per sentenza comune dei nostri eruditi non è l'attuale, almeno per intiero (17).  Di essa parlano i Versus de Verona, e dicono che a custodire la città stanno ad occidente « Syxtus et Laurentius, Ypolitus, Apollinaris ».  Al restauro di essa contribuì nel secolo IX l'arcidiacono Pacifico, come sappiamo dal suo epitaffio. Nessuna memoria ci dice quando e perché all'antica chiesa venne sostituita l'attuale:  ciò potrebbe esser avvenuto nel secolo XII, quando per il terremoto dell'anno 1117 perirono parecchie delle nostre chiese, massime le più antiche.

Tracce più sicure di antichità presenta la chiesetta di S. Giovanni in foro; la sua designazione « in foro» parrebbe indicare che essa era vicina e coeva o di non molto posteriore al forum, pubblico edificio destinato alla trattazione dei pubblici giudizi e negozi.
Essa dovrebbe risalire al secolo VI: nel fondo avea un loggiato superiore, del quale si hanno tuttora alcune tracce: sotto di esso era un riparto per i penitenti diviso dalla parte assegnata ai fedeli mediante un cancello: nella parte opposta, verso mattina, era il presbiterio separato con transenne: il gradino, che mette all'altare, porta alcuni segni del posto, ove poteano essere gli amboni.  Gravissimi danni riportò questa chiesa dall'incendio, che distrusse gran parte di Verona il giorno 7 luglio dell'anno 1172: fu tosto rifabbricata con struttura romanica.

Forse alla medesima epoca risaliva la vicina chiesetta di S.  Marco ad carceres: ma non ne abbiamo documenti.

Una chiesa ad onore dei santi martiri Fermo e Rustico, e nella quale doveano essere sepolti i loro corpi, secondo un documento spettante alla metà del secolo VIII, esisteva « a priscis temporibus ».  Da ciò possiamo di certo conchiudere la sua esistenza nei secoli VI-VII, e forse fin dal secolo IV, cioè poco dopo il martirio dei santi.

Alcuni nostri scrittori vorrebbero ascrivere al secolo VI od al precedente la chiesetta, che si trova nel chiostro del monastero di S. Zeno, detta ora di S. Benedetto: anzi pensano che in essa sia avvenuto il miracolo narrato da S. Gregorio, dell'acqua ascesa sino alle finestre ed al tetto senza entrar nella chiesa; ma forse essa è posteriore di qualche secolo (18): potrebbero essere del secolo VI le rozze croci a rilievo in svariati capitelli sovrapposti a svariate colonne (19); appartenenti e quelli e queste a qualche edificio romano.

Secondo alcuni scrittori apparterrebbe a quest'epoca anche la chiesa di S. Zeno in Oratorio, od altra, a cui fu sostituita l'attuale. In essa dicono essere stato sepolto in quest'epoca il corpo di S. Zenone, ed ivi esser avvenuto il miracolo, di cui parla S. Gregorio.  Il Biancolini rigetta ambedue le tradizioni; massime perché, attesa la posizione di questa chiesa, se l'acqua fosse salita alla porta ed alle finestre, avrebbe dovuto sommergere tutta Verona (20). Quivi si mostra anche un sasso, sul quale, a quanto riferisce la leggenda,  solea sedersi S. Zeno a pescare.

Il nostro storico Venturi pone in questi secoli altre chiese: santi Apostoli e S. Teuteria al di fuori delle mura di Gallieno, S. Maria in Solaro, S. Giovanni in Fonte, S. Giorgio in Braida e qualche altra.  Ma su queste chiese non abbiamo documenti; e certamente alcune di esse sono posteriori al secolo VIII.

In quest'epoca troviamo tra di noi gli inizii della vita monastica:  Il primo monastero, di cui si abbia memoria, è quello di S. Maria «ad organum »(21), del quale sarebbe stato fondatore e primo abbate un cittadino veronese, di nome Feroce, verso gli anni 580-590.  Una lettera di Pelagio II (585) conferma a Paolo patriarca d'Aquileja  il monastero di S. Maria in Organo (22): sennonché questa lettera è ritenuta apocrifa, creata dai patriarchi di Aquileja per rafforzare le loro pretese metropolitiche dopo lo scisma istriano.  
Nè noi tenteremo di provarne l'autenticità, ornai negata da tutti gli eruditi: solo osserviamo che, se è spuria la lettera, potrebbe ancor esser vero il contenuto, che Feroce abbia fondato quel monastero, senza il qual fatto era inutile fabbricare la lettera di Pelagio.  Si aggiunga che in un antichissimo necrologio di quel monastero al giorno 3 dicembre si trova segnato l'obbligo di un anniversario per il fondatore e primo abate Feroce, « cuius corpus requiescit sub limine portae majoris ecclesiae »(23).  Anche in un diploma di Carlo Magno si parla di un monastero, che «quidam Ferox abbas aedificavit in Verona foris muros civitatis in loco, qui vocatur ad organum »(24). Una bolla di Giovanni XIX data l'anno 1085 a Benedetto abbate di S. Maria in Organo conferma  i privilegi concessi « tempore Paulini et Eliae et Ferocis abbatis »(25); la quale bolla  fu poi confermata da Alessandro III con sua bolla  dal  10 luglio 1177  data all'abbate Opizone (26). Ammesso pure che sia spuria la bolla di Pelagio II ci pare non doversi negare ogni valore a tutti questi documenti, e che perciò si possa attribuire la prima fondazione del monastero e la erezione della chiesa di S. Maria in Organo a Feroce  nella seconda metà del secolo VI(27) Quanto alla  regola, dovrebbe esser quella di S. Benedetto: la quale, introdotta dal santo patriarca verso la metà del medesimo secolo, si estese con una rapidità prodigiosa per tutta Italia. Del resto nulla più sappiamo di questo monastero fino alla metà del secolo VIII.

Non abbiamo memorie di istituizione alcuna monastica femminile.  Si ritiene peraltro che si avessero nella nostra chiesa donne vergini per professione, massime dopo qualche testimonianza di S. Zeno recata a suo luogo.  Forse tra queste era quella Placidia del secolo VI, alla quale l'iscrizione di S. Stefano dà il titolo onorifico di vergine. Potrebbe essere che avessero la loro abitazione presso la chiesa « sancti Thomae puellarum »: ma nessun documento ce lo attesta.

Però il primo monastero femminile certo, lo abbiamo solo nella prima metà del secolo VIII. Due sorelle, Auteonda e Natalia, giunte già alla « un decima hora » disposero di tutta la loro sostanza, all'infuori di alcuni legati per la nipote Nazirinda, per la fondazione di un monastero nella loro casa presso la chiesa di S. Maria in solaro.  Per accordi presi col vescovo Sigeberto, posero la nuova fondazione sotto la protezione dell'abbate del monastero di S. Maria in organo,  Andrea.  Che se dopo la morte di lui l'abbate successore « aliqua contra regula  vel  sanctis canonibus,  dominacionem aut forciam imponere quesierit... tunc elegat sibi abbatissa con sororibus defensionem vel et admonicionem sancti Zenonis nutritoris nostri,  seu presulis, qui in tempore fuerit ».  L'Atto fu scritto da Bonoso arcidiacono della chiesa veronese, sottoscritto dalle due sorelle, dal vescovo Sigeberto e da altri: porta la data 15 maggio dell'anno 744(28)

Quanto abbiamo riferito prova chiaramente come era bene radicata e viva la fede cristiana in quest'epoca nella nostra Verona.


NOTE


1 - PANVINIUS Antiqu. Veron Lib. IV. Cap. 20.

2 - BIANCOLINI Chiese di Verona I pag. 102-108; CIPOLLA L'antica Iconografia  di Verona pag. 14.

3 - Vedi CIPOLLA Note di Storia Veronese IV. Pag. 47.

4 - BIANCOLINI  Chiese di Verona I. pag. 105.
5 - VENTURI Storia di Verona Vol. II Tavola di fronte alla pag. 226 - In questa chiesa si ritiene sia stato coronato il pontefice Urbano III, nel giorno 1 (o 7) dicembre dell'anno 1185 con intervento di molti vescovi e cardinali.

6 - VENTURI Storia ... I.  pag. 130: dà anche la pianta ed alcune pitture.

7 - CIPOLLA  Una iscrizione dell'anno 996 ... in Archivio veneto XXXVIII. Pag. 413, segg.  114

8 - BIANCOLINI Dei Vescovi di Verona Dissert. I. pag. 28.

9 -VENTURI Storia di Verona I pag. 105.

10 - Stato personale del clero ... di Verona pag.  17 (Verona 1914).

11 - VENTURI  Storia ... di Verona I. pag. 132. Vedi anche SIMEONI Guida di Verona Cap. VII. pag. 79 (Ed. 1909).

12 - Presso CAVATTONI, Memorie intorno alla vita ... di S. Zenone - Nota 75.

13 - BIANCOLINI, Chiese di Verona I. pag. 41. - Dicono che i vescovi nella prima metà del secolo VIII risiedevano presso S. Zeno: per qual motivo potevano scegliere a loro residenza un luogo così lontano dalla città e presso un oratorio delle dimensioni di una stanza? Gli argomenti recati presso BIANCOLINI, Chiese IV 829  hanno qualche valore per provare che la residenza vescovile era presso una chiesa di S. Zeno, ma ben poco per provare che era là dove ora è la basilica di S. Zeno.

14 - Sarebbe avvenuto nell'ottobre dell'anno 589; altri lo assegnano all'anno 585. Coronato dice che avvenne « die sancti natalitii ipsius »: ma il « natale sancti Zenonis » si celebrava nel giorno 12 aprile, non nell'ottobre.

15 - Diciamo: congetture. Sappiamo che mons. Vignola e con lui altri dotti veronesi e non veronesi escludono l'esistenza di chiese cristiane in questo luogo: ma trattandosi di congetture, non ci pare imprudente appoggiarle sopra un'opinione sostenuta dal ch.mo prof. Carlo Cipolla, ed accettata pure dal prof. Luigi Simeoni. Della controversia in se stessa ci dichiariamo al tutto incompetenti.

16 - BENASSUTI, Memorie della chiesa di S. Lorenzo. (Ed. curata da don A. Pighi, Verona 1886).

17 - Dell'attuale e dei recenti restauri parleremo in seguito.

18 - SIMEONI, La basilica di S. Zeno, Cap. IV. pag. 43.

19 - VENTURI, Storia ... di Verona, I. Tavola di fronte alla pag.  105.

20 - BIANCOLlNI, Chiese di Verona I. pag. 376. Così pensa pure GIULlARI,  Zenonis Serm. Commento Cap. I. pag. XX. - Perciò l'attestazione di Giovanni Mansionario, che il miracolo sia avvenuto nella chiesa « sancti Zenonis Oratoris », esigerebbe un'interpretazione diversa da quella, che le hanno dato Panvinio, Da Prato, Dionisi e qualche altro.

21 - Questo « organum » si ritiene fosse un edificio.  La iconografia Rateriana nella parte orientale di Verona porta un edificio con la scritta « orfanum »: che forse si dovesse leggere « organum ,,?

22 - Presso UGHELLI, Italia sacra, V. 697: Bull Rom. (Ed. Taur), I. 158:  JAFFÉ, Regesta RR. PP. Num. 1033 (Ed. 2), CCXXXI inter spurias (Ed. 2); TROYA, Cod. diplom.  long. Num. 13.

23 - Presso BIANCOLlNI, Chiese di Verona I.  pag.  286.

24 - TANGL, Diplomata Carolina in Monumenta Germ.  I. pag.  225. 402  (Hannov. 1906).

25 -JAFFÉ, Regesta Num. 1071: si trova presso BIANCOLINI, Chiese di Verona V. P. I. pag. 14 - I patriarchi Paolino (Paolo) ed Elia spettano alla seconda metà del secolo VI.

26 - Presso BIANCOLINI, Chiese V. P. I. pag. 17;  JAFFÉ, Num. 12880.

27 -  A questo secolo (almeno) ascrive la chiesa di S. Maria in organo anche GIULlARI, Gli artisti veronesi in ossequio a Maria SS. Pag.  7.

28 - Lo riportano MURATORI, Antiqu. Ital. Tom. V.  529; BIANCOLINI, Chiese ...  II. 400; TROYA, Cod. diplom. long. Num. 577 (B).


ANNOTAZIONI AGGIUNTE AL CAP. XVI (A CURA DI A. ORLANDI)


(a) pag. 113 - La notizia di questa distruzione è riferita in frammenti di cronache forse dovute ad un compilatore veronese, indicati come «Anonymus Valesianus », Furono pubblicati questi frammenti dal Muratori in Rerum Italicarum Scriptores, T. XXIV, poi in Monumenta Germaniae Historica e riedite nel 1913 da R. Cessi. Cfr. M. CARRARA,  Gli scrittori latini, in «Verona e il suo territorio », II, Verona, 1964, pp. 406-408.
La notizia vien giudicata tendenziosa, cioè stilata in quel clima in cui nacque anche la leggenda di Teodorico rapito dal demonio e precipitato nello Stromboli. Probabilmente Teodorico nel far demolire una parte della chiesa agì col consenso del vescovo al quale forse diede il permesso di edificare la chiesa di S. Pietro in Castello, nella quale risultano sepolti i due vescovi di quel tempo: Valente e Verecondo. Per questo momento storico si veda anche: L. SIMEONI, Note teodoriciane, in «Studi Storici Veronesi L.S.» vol. XIII, Verona 1963, pp. 7-63.

(b) pag. 113. - Quanto all'ipotesi di cristiani martirizzati in Verona si veda quanto fu detto nella nota (b) al cap. X.

(c) pag. 114. - Studi recenti sull'argomento: P. L. ZOVATTO, L'arte altomedioevale, in «Verona e il suo territorio », II, Verona 1964, pp. 500 e 555-560;  F. ZULIANI,  I frescanti dei SS. Nazaro e Celso, in «Maestri della pittura veronese» Verona 1974, pp. 9-16.

(d) pag. 117. - Dopo le scoperte fatte in occasione della ricostruzione della biblioteca capitolare nel 1947-48 e dopo gli scavi compiuti sotto S. Elena, queste congetture di mons. Pighi hanno acquistato un alto grado di probabilità, se non si vuoI dire quasi certezza. Cfr. P. P. BRUGNOLI - G. P. MARCHI - R. CAMBRUZZI - S. CASALI, Le case del capitolo canonicale presso il Duomo di Verona, Verona 1979  cap. I e II.

(e) nota 28, pag. 121. - L. SCHIAPPARELLI, Codice diplomatico Longobardo, val. I, Roma 1929, pp. 244-248; V. FAINELLI, Codice diplomatico veronese, vol. I, Venezia 1940.



Fonte:  srs di Giovanni Battista Pighi, da CENNI STORICI SULLA CHIESA VERONESE, volume I



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