venerdì 18 gennaio 2013

TASSE E COMUNITÀ, IL REGRESSO SPIEGATO CON UNA FAVOLA




di GIOVANNI MARINI

Non solo la fiscalità non serve al funzionamento dello Stato ed è un furto che si intesta come legittimo a discapito delle proprie comunità, ma è anche un freno alla crescita civile e tecnologica della comunità che la subisce. 

Tersilio è un mugnaio e vende ad Ambrogio il fornaio la farina per fare il pane, a 2 soldi; Tersilio ne deve dare 1 allo Stato come imposta e ne guadagna 1.  Ambrogio la compra per fare 4 pani  durante la sua giornata di lavoro. Lo vende a 1 soldo l’uno o a Tersilio il mugnaio o a Spartaco l’esattore o a Gennaro il dipendente statale o a Silverio l’ingegnere o ad Amilcare e Giacinto gli operai, che hanno a disposizione 1 soldo a testa per comprarli.  Ad Ambrogio fare il pane costa 3 soldi; 2 per la farina e 1 per le imposte che Spartaco incassa per conto dello Stato e che, insieme a quello di Tersilio, servono a pagare Spartaco e Gennaro. Ambrogio dal suo lavoro ottiene 1 soldo di guadagno, però non riesce a fare tutti i pani necessari per soddisfare la domanda e gli ultimi clienti non trovano mai il pane da comprare.  La cosa non piace e c’è un discreto malcontento.

Tersilio ha a disposizione più farina di quella che riesce a far comprare ad Ambrogio perché non la può usare non potendo fare che  4 pani al giorno e, siccome ha una mente brillante e curiosa, propone ad Ambrogio di costruire una macchina che impasta il pane da sola e più velocemente in modo da riuscire a fare 6 pani e, finalmente, riesce a vendere tutta la farina per 3 soldi facendo crescere il benessere della comunità risolvendo il problema di cui anche lui a volte ha sofferto.  Ora 6 su 6 riescono ad avere il pane quotidiano, ma Gennaro chiede per conto dello Stato non più 1 soldo ma 2 di imposta a Tersilio ed ad Ambrogio, perché per definizione lo Stato è stupido, classista per natura e considera la ricchezza altrui una forma di peccato a cui porre rimedio,  indipendentemente dall’orientamento politico della comunità, sicché impone una tassa progressiva che è l’esatto contrario di ciò che sarebbe utile, cioè che diminuisca col crescere del guadagno.

Ora Ambrogio spende 5 soldi per fare i pani, 3 per la farina, 2 per le imposte e guadagna 1 soldo come prima. Lo stesso servizio viene fatto a Tersilio e nonostante i pani siano cresciuti da 4 a 6 tutti conservano la ricchezza precedente secondo la volontà dello Stato in base ad un principio di equità che la cattiva sorte del periodo storico dà come moda a cui attenersi. Mentre l’intera comunità ha un soldo per soddisfare i propri bisogni, lo Stato, cioè Spartaco e Gennaro, si ritrovano con la cassa in attivo per le imposte raccolte di 2 soldi e, siccome è stupido, classista e privo di buon senso, i due poco di buono si aumentano lo stipendio da un soldo a due soldi senza alcuna motivazione tranne la disponibilità di ricchezza sottratta alla comunità.

Avendo due soldi a disposizione comprano da Ambrogio due pani cadauno lasciandone agli altri solo due, trasformando il progresso  ottenuto da Tersilio ed Ambrogio in una regressione della comunità poiché elevano l’ingiustizia secondo i principi voluti dallo Stato facendoli passare come legittimi; la comunità ha aumentato il consumo di risorse senza quei benefici per cui l’azione creatrice si era mossa. C’è una soluzione al problema ed è quello che i membri impoveriti della comunità alzino i loro redditi per compensare l’inflazione indotta dallo Stato con l’aumento del suo reddito, cioè di Spartaco e Gennaro, creando un inutile ciclo d’inflazione e della sua compensazione.

Fonte: srs di GIOVANNI MARINI, da Indipendenza di mercoledì  16 gennaio 2013

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