giovedì 20 ottobre 2011

MICHELINA DE CESARE - L'ALTRO RISORGIMENTO

Michelina De Cesare


Donne derise, oltraggiate, disprezzate, incarcerate, massacrate, dimenticate.
Donne che hanno imbracciato il fucile, donne che hanno condiviso la vita della macchia, donne che hanno nascosto e aiutato i loro uomini.
Donne del Sud che hanno scritto una pagina proibita di storia.
Spose, madri, sorelle, amanti: donne meridionali, donne dei briganti, guerrigliere.
BRIGANTESSE.

Nella storia del Sud c’è una tragedia dimenticata: le donne che si opposero, le donne dei “briganti”. La storiografia risorgimentalista le ha bollate come “drude”, donnacce, occupandosene quando si trattava di soddisfare la grossolana curiosità dei lettori di romanzi popolari.
Ma chi si accosta oggi alle brigantesse con obiettività d’intenti non può che scorgervi la sofferenza dell’altra metà del cielo dell’intera popolazione meridionale.

Ci furono donne che insorsero in armi, affiancando i loro uomini, altre li seguirono nella latitanza, altre ancora li fiancheggiarono in tutti i modi, fornendo loro l’essenziale per la vita alla macchia.
…il ribellismo contadino meridionale fu un’autentica rivolta popolare, alla quale non si sottrassero le donne che, anzi, vi parteciparono in massa.
È sembrato giusto sottrarle all’oblio in cui erano state confinate e restituirle alla memoria collettiva, per quello che sono veramente state: donne testimoni e, insieme, protagoniste di un’epoca, che reagirono alla violenza dell’invasione piemontese.
(dalla recensione del libro “Brigantesse” di Valentino Romano)


Nata poverissima a Caspoli, frazione di Mignano Montelungo, nella provincia di Terra di Lavoro, oggi in provincia di Caserta, Michelina De Cesare fu fin da piccola ribelle.
Secondo il biografo Maurizio Restivo che riporta la nota del sindaco di Mignano, Michelina Di Cesare assieme al fratello Giovanni si rese protagonista sin da piccola di piccoli furti ed abigeati nel circondario di Caspoli.
Nel 1861 si sposa con Rocco Tanga, che morì l'anno dopo lasciandola vedova, mentre nel 1862 conosce Francesco Guerra, ex soldato borbonico e renitente alla leva indetta dal nuovo Stato… 

Comunque sia, di questa banda Michelina divenne elemento di spicco e fu stretta collaboratrice del suo uomo e capobanda…
La tattica di combattimento della banda era tipicamente di guerriglia, con azioni di piccoli gruppi che concluso l'attacco si disperdevano alla spicciolata, se del caso, per riunirsi in seguito in punti prestabiliti.

La banda di Michelina, talvolta singolarmente, talvolta in unione ad altre famose bande locali, corse parecchi anni (dal '62 al '68, come appare dalla nota del sindaco di cui sopra) il territorio tra le zone montuose di Mignano e i paesi circonvicini, compiendo assalti, grassazioni, ruberie e sequestri. Famoso è rimasto l'assalto al paese di Galluccio, con lo stratagemma di alcuni briganti travestiti da carabinieri che conducevano altri briganti nella loro foggia fintamente catturati. Le scorrerie non scemarono neppure quando dopo il 1865 in molte altre zone del Sud il brigantaggio era stato fortemente ridimensionato.

Da ultimo nel 1868 fu mandato in quelle zone il generale Emilio Pallavicini di Priola con pieni poteri per dare una stretta decisiva alle misure repressive. A tali misure e alle minacce il Pallavicini seppe efficacemente usare le ricompense per le delazioni e le spiate, e proprio una spiata fece cadere la sua banda in un agguato che perse Michelina e il suo uomo.
I briganti vennero fucilati ed i loro corpi furono messi a nudo ed esposti nella piazza centrale di Mignano a monito della popolazione locale.


A proposito della sua fine, questa è “…la descrizione dell’accaduto che ne fa Gelli, il quale però si sofferma sul ruolo di Michelina Di Cesare nell’ultimo combattimento: “[…] la banda accerchiata da reparti del 27° Fanteria e da Carabinieri sul Monte Morrone, al comando di quell’anima dannata della Michelina tenne testa all’attacco e solo si disperse quando, colpito da una palla, penetratagli nel cervello dallo zigomo destro, il capobanda Guerra cadde riverso e, poco dopo, accanto al corpo suo e a quello del brigante Tulipano, a cui una fucilata aveva asportato metà della testa, cadde anche la Michelina. La rea donna aveva combattuto come una leonessa. Colpita al capo, la femmina morì digrignando i denti per la rabbia di essere stata vinta e non per l’orrore dei misfatti compiuti. Il giorno appresso i cadaveri dei briganti caduti e di Michelina vennero esposti nella piazza di Mignano, guardati da soldati armati. Si vuole che il generale Pallavicini, felice per il risultato ottenuto, alla loro vista avesse esclamato: “Ecco i merli, li abbiamo presi”. Il corpo di Michelina fu denudato, in segno di estremo oltraggio, e fotografato. Nello scempio fissato dall’immagine impietosa non si intravede, però, la rabbia per la personale sconfitta descritta dal Gelli: vi è impresso, semmai, il marchio indelebile della sofferenza, del dolore e dei patimenti di un popolo; vi è registrato tutto ciò, sol che si voglia “leggere” la foto con animo pacato e mente sgombra da preconcetti. Forse anche per questo le immagini di Michelina, da viva prima e da morta poi, sono diventate l’emblema del brigantaggio meridionale: in esse si colgono fierezza e dolore, i sentimenti distintivi di un popolo oppresso, sentimenti che ritornano – anche oggi – nei versi e nelle canzoni di autori meridionali….”


Dedica di Eugenio Bennato, ad una valorosa partigiana del Sud, che pagò con la vita, per quell'Unità d'Italia che in pochi volevano.

Fonte: flickr


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