Fra i laghi paludosi della pianura padana, uno dei più notevoli e tardi a scomparire fu senza dubbio il lago Gerundo. Questa grande regione acquitrinosa era formata dal disordine alluvionale dei fiumi Adda, Oglio e Serio (ed anche del Lambro e del Silero), e perciò copriva – pur con confini continuamente variabili – l’intero ampio territorio compreso fra la provincia bergamasca meridionale e la provincia superiore di Cremona, con tutto il Cremasco e il Lodigiano. Il perimetro del lago era variabile, spesso in periodi di siccità spariva del tutto, lasciando pochi acquitrini o paludi.
Quante volte abbiamo sentito la frase: “Se Milano avesse il mare…” senza immaginare che un tempo non avrebbe avuto senso dirlo. Infatti, tre millenni fa, quando i celti stabilirono i primi insediamenti nella pianura in cui sarebbe sorta Milano, a pochi chilometri un mare c’era davvero, e vi rimase anche se in forma sempre più ridotta fino al primo medio evo.
Era il lago (o mare) Gerundo.
Pare che il Gerundo si estendesse tra i fiumi Adda e Serio fin dalla preistoria, comprendendo quindi non solo i territori di Milano e dintorni ma anche le provincie di Lodi, Cremona e Bergamo.
Si trattava dell’ultimo ricordo di quando il ritirarsi dei ghiacciai aveva innalzato i mari fino che inondarono la pianura fin quasi sotto le Alpi, lasciando al centro della Lombardia un vasto specchio di acque salmastre.
Al centro del lago si nota L’Insula Fulcheria, che fu ritenuta ideale per la creazione della misteriosa città romana di Palazzo Pigna
L’invaso aveva un aspetto per lo più paludoso e, solo in pochi punti dei suoi duecento chilometri quadrati di estensione, raggiungeva i dieci metri d’altezza. Una volta rimasto isolato dal mare, ad alimentarlo rimasero solo piogge ed esondazioni dei fiumi che lo circondavano, così nel giro di qualche secolo l’evaporazione delle acque e le bonifiche dell’alto medio evo ne causarono la scomparsa.
Il ricordo del bacino fu tramandato quasi esclusivamente per tradizione orale, ma fu citato in alcune cronache di Plinio il Vecchio come “mara Gerundo” (mara in latino significa lago), per poi essere dettagliatamente descritto nel 600 D.C. dallo storico Paolo Diacono e, infine, quando oramai si stava prosciugando, fu utilizzato come riferimento geografico in alcune carte notarili dell’inizio del XIII secolo.
Al centro del lago, secondo le cronache romane e tardo medievali, si insinuava una lunga e stretta striscia di terra che iniziava presso Caravaggio, raggiungeva Crema e proseguiva sin oltre Castelleone: si tratta con ogni probabilità della cosiddetta isola Fulcheria, frequentemente citata nelle cronache antiche. La città di Crema vi fu edificata attorno all’anno 1000.
Quando Celti prima e romani poi vi si stabilirono sulle rive, il Gerundo doveva già avere più l’aspetto di un’immensa palude alimentata dalle risorgive piuttosto che quello di un lago, tornando a essere tale solo in occasione delle alluvioni che facevano straripare i fiumi circostanti. Le poche tracce di sé lasciate dai primi sembrano essere fatte apposta per confermarne l’esistenza e la loro capacità di adattarsi a quelle particolari condizioni ambientali: la “città” di palafitte venuta alla luce nei pressi di Soncino, le piroghe scavate da un unico tronco di quercia rinvenute sul fondo di vari acquitrini lombardi, le pietre con infissi grossi anelli di ferro cui probabilmente le ancoravano, su tutte, l’ara dedicata alla dea Mefite, sovrana delle paludi rinvenuta a Genivolta e conservata oggi al museo di Cremona. I romani invece, più abituati agli agi rispetto ai Celti, preferirono girargli alla larga, continuando ad edificare Milano a qualche chilometro e a costruire strade che lo aggiravano
L’isola Fulcheria conteneva altri borghi e villaggi elencati da un decreto dell'imperatore Federico dell'ottobre 1187 riguardante la determinazione giuridica dello stato di regalia o appartenenza alla città di Crema.
Alcuni storici e geografi affermano che l'isola null'altro fosse che una serie di rialti sporgenti al di sopra della palude e che offrivano pascolo ed abitazione.
Il fiume Brembo a Brembate, un tempo sulla punta nord del Lago Gerundo
Più che un vero e proprio lago, è probabile che il Gerundo fosse un insieme di paludi e acquitrini collegati dalle frequenti esondazioni dei fiumi circostanti.
Il Lago Gerundo era quindi estremamente insalubre, tanto che intorno ad esso nacquero numerose leggende.
In un mito ormai perso nella notte dei tempi si narrava che verso l’anno 1100 d.C a Milano esisteva un vasto lago con all’interno una creatura spaventosa, molto simile a un drago. Il suo nome era Tarantasio e il lago Gerundo (detto anche Geroso). Il lago era uno specchio d’acqua salmastra e occupava una superficie piuttosto estesa in quella che una volta era una zona paludosa e non abitata.
Una su tutte racconta che il territorio del lago fosse infestato dal drago Tarantasio, un mostro che con il suo alito non solo rendeva malsana l’aria (diventando portatrice di una serie di malattie, tra cui la febbre gialla), ma terrorizzava la popolazione cibandosi di esseri umani… preferibilmente di bambini. Pare che la sua zona di caccia prediletta fosse la zona di Lodi.
Una volta toccò al figlio del fondatore della dinastia dei Visconti essere preda del drago Tarantasio, il quale con un colpo di spada strappò dalle fauci del mostro il suo erede, uccidendo la grossa bestia.
Per eliminare ogni rischio, Visconti fece prosciugare il lago di Gerundo e bonificare la palude. Lasciando a memoria dell’impresa, un’immagine scolpita sulla pietra.
Nasceva così il Biscione, il simbolo di Milano.
Provate a passeggiare per Milano e vi renderete conto che il biscione/dragone è praticamente ovunque e ha sempre le stesse sembianze. Osservate bene lo stemma della città di Milano. Ebbene sì, è un drago che mangia un bambino e altro non può essere che la raffigurazione di Tarantasio
Ma questa è un'altra storia, molto lunga, che vi narreremo un altro giorno.....
Gli acquitrini del lago Gerundo con l’aria malsana che provocava numerose vittime e di cui gli abitanti incolpavano il pestifero Tarantasio, però ha una spiegazione scientifica: era dato dalla presenza di gas naturali dovuti al terreno formato da depositi alluvionali stratificati, costituiti da sedimento paludoso molle con residui fossili.
A Caviaga, frazione di Cavenago d’Adda (quindi su quelle che furono sponde del Gerundo), nel 1946 l’AGIP trova grandi giacimenti di metano e si inventa come logo il famoso cane/drago a sei zampe che sputava una fiamma rossa.
Era la moderna rappresentazione del Tarantasio.
Di tracce dell'esistenza del Lago Gerundo ne possiamo trovare alcune anche oggi, ad esempio, al Torrettone di Truccazzano, è possibile trovare alcuni antichi attracchi per le imbarcazioni usate un tempo per solcare le acque del Gerundo (colonne per ormeggi di navi si trovano anche ad Arzago, Pandino, Rivolta e Casirate) e al Museo civico di Crema, dove sono conservate undici piroghe ricavate da un solo tronco di albero, appositamente scavato ritrovate nell’Adda e nell’Oglio. Hanno più di mille anni e per le loro forme e caratteristiche gli studiosi le ritengono più adatte ad una navigazione su acque tranquille come quelle di un lago o di una palude.
Ad Arzago (BG) è conservata una colonna che il sindaco abbraccia fisicamente quando giura fedeltà dopo la sua elezione e che, secondo gli anziani, veniva utilizzata come punto d’attracco per le barche: ma quali barche, visto che l’Adda scorre a chilometri dal paese? La risposta a tutti questi interrogativi sta nel lago Gerundo, un vastissimo specchio d’acqua che, secondo la tradizione, avrebbe occupato secoli fa il territorio dell’attuale Gera d’Adda, fino alle attuali province di Crema e Lodi, e a cavallo con il Milanese
Per chi è appassionato di geologia, o semplicemente curioso al punto da volere approfondire la cosa, magari approfittandone per godere di una giornata all’aria aperta, esistono vari punti dove è facile individuare l’antico alveo del lago. Una vasta zona delimitata da una scarpata ben visibile nei pressi della sponda occidentale dell’Adda, da Cassano a Castiglione oppure dove il suolo declina con suggestive concrezioni nel territorio di Trucazzano, sulla strada provinciale 14 “Rivoltana”, a Formigara e a Chieve. Ai giorni nostri a ricordarlo ci sono la ghiaia e i quarantacinque centimetri di torba che ricoprono le terre non ancora dissodate dove una volta era il fondale e le tante vie a lui dedicate nei paesi dei dintorni che spesso hanno loro stessi nomi che ne ricordano l’esistenza.
Ma come mai questo lago è scomparso nel nulla?
Secondo l’opinione più diffusa già nell’XI secolo i monasteri dei territori circostanti iniziarono una lunga impresa di bonifica, essendo il lago una zona palustre decisamente insalubre.
Si ritiene infatti comunemente che le acque scomparvero in seguito a progressive opere di bonifica in atto già da tempo, in particolare il potenziamento del canale della Muzza da parte dei lodigiani, oltre a fattori naturali di assestamento idrogeologico, testimoniati dagli ampi depositi di materiale alluvionale
Testimonianze storiche del lago Gerundo rimangono nella toponomastica di molti paesi della zona, come ad esempio Fara Gera d’Adda (BG), Brignano Gera d’Adda (BG) o, in maniera ancora più esplicita, nei nomi di vie o piazze, come ad esempio a Zelo Buon Persico (LO), dove si trova tutt’oggi una piazza Lago Gerundo.
Fonte:facebook Il curiosone del 21 ottobre 2024
Per chi volesse approfondire:
https://www.meravigliedizioni.it/.../tarantasio-il.../...
https://prolocotarantasio.altervista.org/index.html https://www.pianuradascoprire.com/.../il-lago-gerundio-e.../http://www.comune.crema.cr.it/.../insula_fulcheria_n_14...
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