L'uomo di vimini
DI MILLO BOZZOLAN ·
Il sacrificio umano fu praticato anche dai paleo Veneti, ma in misura molto ridotta. Conosciamo solo una tomba in cui fu rinvenuto un cavallo sacrificato col suo stalliere, nella periferia di Padova, mentre presso i Celti era pratica comune. Ecco le testimonianze storiche:
Per dare un’ idea, ora, della crudezza della pratica sacrifica presso i Celti, rifacciamoci a tre autori romani. Nell’ ordine, Cesare, Strabone e Diodoro Siculo.
Cesare, nel De Bello Gallico (VI,16), scrive:
<<I Galli sono molto dediti alle pratiche religiose, perciò quelli che sono gravemente ammalati o si trovano in guerra o in pericolo, fanno sacrifici umani o fanno voto di immolarne e si servono dei druidi come esecutori di questi sacrifici: essi credono infatti che gli dei immortali non possono essere soddisfatti se non si dà loro, in cambio della vita di un uomo, la vita di un altro uomo; fanno perciò anche sacrifici ufficiali di questo genere. Certe popolazioni costruiscono statue enormi, fatte di vimini intrecciati, che riempiono di uomini vivi ed incendiano, facendoli morire
tra e fiamme. Credono che cosa più gradita agli dei sia il sacrificio di coloro che sono sorpresi a rubare, rapinare o commettere qualche altro delitto; ma quando mancano costoro, sacrificano anche degli innocenti>>.
Strabone (Geogr. IV, 5), scrive:
<<I Romani posero fine a queste usanze, nonché ai sacrifici e alle pratiche divinatorie contrastanti con le nostre istituzioni. Così un uomo era stato consacrato agli dei, lo si colpiva alla spalla con una spada da combattimento e si divinava il futuro a seconda delle convulsioni dell’agonizzante. Non si praticavano mai sacrifici senza l’assistenza dei druidi: così talora uccidevano le vittime a colpi di frecce, o le crocifiggevano neiloro templi o, ancora, fabbricavano un colosso di fieno e di legno, vi introducevano animali domestici e selvatici di ogni tipo assieme a degliuomini e vi appiccavano fuoco>>.
Ed ecco, infine, cosa dice Diodoro Siculo:
<<Essi sono -è una conseguenza della loro natura selvaggia- di un’ empietà mostruosa nei loro sacrifici. Così, tengono imprigionati i malfattori per un periodo di cinque anni e poi, in onore ai loro dei, li impalano e ne vanno degli olocausti, aggiungendo ad essi molte altre offerte, su immense pire appositamente preparate. Trasformano anche i prigionieri di guerra in vittime per onorare i loro dei. Alcuni usano allo stesso modo anche gli animali catturati in guerra. Li uccidono unitamente agli uomini o li bruciano, o li fanno perire con altri supplizi>>.
Il seguente schema può essere utile per classificare i vari tipi di sacrificio rituale in uso presso i Celti:
-INCRUENTO, ovvero a livello sacerdotale usando per uccidere gli elementi della natura, senza uso di armi. Abbiamo così le impiccagioni, le crocefissioni, le immersioni, le cremazioni e le inumazioni.
-CRUENTO, ovvero uccisione con la spada, la lancia o qualsiasi altra arma.
-LIQUIDO O VEGETALE, tramite oblazione o libagione fino a far scoppiare lo stomaco.
Fonte: srs di Millo Bozzolan da Vento Storia del 28 giugno 2016
UNA RISPOSTA
Ne dite di cazzate, eh!
8 ottobre 2020
Io francamente ancora non mi spiego un simile accanimento con un popolo antico come i celti, che fanno anch’essi parte della nostra eredità, della nostra storia e DELLA NOSTRA ASCENDENZA; ma intanto si spendono fiumi e fiumi di paroline dolci, lacrimevoli e melense per razze come quella negroide o semitica, da sempre avvezze alle peggio turpitudini (indole MAI estinta, vorrei ricordare).
In oltre quegli scritti sono estremamente enfaciti, contradittori (la crocifissione come pratica era sconosciuta presso i celti, e i romani la appresero da cartaginesi ed ebrei; fate un pò i vostri conti), atti solo a far sembrare i celti come mostri sanguinari e unicamente violenti.
L’unico più attendibile è proprio il De Bello Gallico di Cesare, ma anche qui i suoi racconti vanno presi con le pinze: dice il vero che i “sacrificati”, erano per lo più criminali ed individui abbietti; ciò porterebbe a ritenere i “sacrifici” nient’altro che esecuzioni sacralizzate (dopotutto i Druidi, oltre che sacerdoti, svolgevano anche le funzioni di medici, filosofi e pure giudici). In oltre è assai improbabile che Cesare avesse mai assistito in prima persona ad una delle loro cerimonie; si ritiene infatti (con logica, aggiungo io) che la storia dell’uomo di vimini (anch’essa esagerata fino all’eccesso, e ben poco credibile) non fosse altro che un antico retaggio oramai caduto in disuso presso le popolazioni cisalpine e transalpine (probabilmente qualcosa era sopravvissuto solo in certe regioni di Scozia e Irlanda del Nord), e quindi tramandato unicamente tramite racconti e leggende orali (e si sa, anche in questo caso, le si spara sempre più grosse) che cesare avrà udito da oratori e bardi er riportate come rito effettivo nei suoi scritti.
Il metodo più comune per i “sacrifici” era certamente l’impiccagione, poichè essendo gli alberi un vicolo spirituale e divino (vedi il grande albero della vita), l’anima del condannato andava direttamente al regno dei morti tramite i suoi rami. A seguire ci era l’inumazione e l’annegamento, ma TUTTE le vittime erano sempre criminali incalliti, dei peggiori.
L’uccisione con le armi invece era prevista per traditori e disertori, ma pure a Roma vigeva la stessa legge presso l’esercito.
Non sono realmente pervenute, come la crocifissione, l’oblazione o l’impalamento; queste ultime usate dai cristiani come metodo di tortura e dagli islamici come condanna..
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