Caro don Alberto, ricordo, 10 anni fa, eravamo nel cuore dell’ estate. Il 15 agosto 1997, nel teatro di Velo Veronese, erano riuniti insieme tanti amici. Avevamo inventato una serata di filò, di quelle che piacevano tanto a te, dove si stava insieme per rievocare storie, ricordi, proverbi, vecchie canzoni. C’erano, in teatro, Attilio Benetti, Piero Piazzola, Ezio Bonomi, Nadia Massella e tanti altri amici.
Ci saresti stato anche tu, certamente. Saresti arrivato con la tua R 4 e, senza dare nell’ occhio, schivo, silenzioso, ti saresti seduto nelle ultime file, ad ascoltare e a prendere qualche appunto su uno dei tuoi quadernini. Alla fine ci avresti raccontato qualcosa, ripescando dalla tua innamorata conoscenza della Lessinia, la tua montagna. Nessuno, come te, l’ha studiata, amata, percorsa e conosciuta.
Abbiamo saputo lì, sul palcoscenico del teatro di Velo, che, proprio quel giorno, te n’eri andato, a cacciare sui pascoli delle nuvole. Eri partito per correre ad azzuffarti ancora con iventi, come il ciliegio di quella poesia di Giacomo Zanella, che amavi tanto.
Quanto ci manchi, don Alberto!
Ci manca lo sguardo tagliente di quando aprivi agli amici la porta dell’lsba e dicevi: «Avanti!».
E ascoltavi, senza interrompere, con una cordialità e un’educazione d’altri tempi.
E ascoltavi, senza interrompere, con una cordialità e un’educazione d’altri tempi.
Ci mancano le serate intorno a un piatto di selvaggina, quando la notte sembrava arrivare sempre troppo presto e dispiaceva doversi alzare e lasciare le entusiasmanti chiacchierate con te.
Ci mancano le tue verità, quando parlavi della vera ecologia, quella dei montanari, sorridendo del falso ambientalismo delle associazioni preposte alla propria tutela, più cha a quella del Creato.
Parlavi dei Cimbri, sfatando i “miti” che avevano raccontato alcuni storici per avvalorare le tesi dei padroni di turno.
Quanto davi fastidio, allora, don Alberto, alle associazioni culturali, alle accademie, alle università che non sopportavano il tuo pensiero da studioso libero e parlavano di te con sufficienza, per poi correre a riabilitarti, quando ormai te n’eri già andato e non potevi più rispondere, in imbarazzanti sermoni il giorno del tuo funerale.
Ci mancano i tuoi racconti, don Alberto, di quanto partivi, geloso della tua solitudine, in quei viaggi innamorati verso la Todescaria, ad abbeverarti di cultura europea, di scienza, di tecnica, di letteratura, di arte, di musica.
Ci manca quando ti arrabbiavi perchè vedevi maltrattare la Lessinia, quando ti accorgevi che i montanari «imbrattavano le vecchie case di calcina», soffocando con la malta le antiche pietre, quando raccomandavi ai cavatori «de cavar par vìvar e no’ par metar via schei»,
quando mettevi in guardia i montanari dal non farsi comprare con i contributi,
quando non risparmiavi ai politici ciò che non avresti risparmiato a un amico.
quando mettevi in guardia i montanari dal non farsi comprare con i contributi,
quando non risparmiavi ai politici ciò che non avresti risparmiato a un amico.
Ci mancano le tue parole chiarificatrici e definitive di fronte al «regresso dell’umanità».
Ci manca la tua indignata fermezza, quando ripetevi, documentandolo, che
«le guerre si fanno per i SOLDI, SOLDI, SOLDI», che non esistono guerre umanitarie, guerre per la democrazia, guerre per la libertà.
«le guerre si fanno per i SOLDI, SOLDI, SOLDI», che non esistono guerre umanitarie, guerre per la democrazia, guerre per la libertà.
E noi costretti a pensarci, e a ripensarci, e ad ammette che avevi ragione.
Ci manca quando ci mettevi in guardia, raccomandando ci di non farci comperare,
di non credere alla televisione, «la scatola delle bugie»,
di non fidarci dei governi, di guardarci dalle amministrazioni pubbliche, dalla burocrazia,
da chi guadagna soldi sfruttando soldi altrui,
di non sottostare alle leggi umane ma solo a quelle della natura.
di non credere alla televisione, «la scatola delle bugie»,
di non fidarci dei governi, di guardarci dalle amministrazioni pubbliche, dalla burocrazia,
da chi guadagna soldi sfruttando soldi altrui,
di non sottostare alle leggi umane ma solo a quelle della natura.
Ci manca la coerenza tra le tue idee e la tua vita.
Ci mancano le tue omelie, le messe celebrate in una grotta, le preghiere sussurrate al vento sul ciglio di un burrone.
Sono passati 10 anni, don Alberto, e la Lessinia si è dimenticata di te. Il sentimento della riconoscenza è raro, tanto più è raro tributarlo a chi, come te, ha disturbato, e parecchio. Il silenzio che è calato su di te, dopo che hai lasciato, in punta di piedi, la terra
Fonte: srs Alessandro Anderloni/ La lessinia – ieri oggi domani- n° 30 - 2007
Nessun commento:
Posta un commento