giovedì 22 marzo 2012

ARTICOLO 18: QUELLO CHE LE TEORIE ECONOMICHE NON DICONO


Gran dibattiti sull’articolo 18, anche se nessuno sa quello che si stanno dicendo al tavolo con i sindacati. Gli economisti espongono il proprio pensiero: chi in modo sbrigativo, chi con articolate argomentazioni. I più articolati sono, come spesso accade, quelli di NFA che hanno pubblicato due pezzi ben fatti sulla teoria economica in tema di protezioni sull’occupazione, con le teorie e le evidenze empiriche
Tuttavia ci sono almeno un paio di grandi assenti nei discorsi sul lavoro (NFA compresa) e cioè
  1. la domanda
  2. la malafede
LA DOMANDA
Alla Bocconi, uno dei corsi base del primo anno era macroeconomia. Quando frequentavo io, il prof era un certo Mario Monti e la prima cosa che leggeva (sì, Monti non spiegava, leggeva) dal Dornbusch-Fisher era la curva IS-LM, e del suo necessario presupposto, ovvero l’equillibrio tra domanda e offerta. La riforma del mercato del lavoro e il suo feticcio art.18 agiscono dal lato dell’offerta di lavoro, cioè aumentano la mobilità (in uscita) delle persone.
NFA dice tra le altre cose che l’evidenza empirica dimostra, pur tra mille distinguo, che una maggiore facilità in uscita genera anche maggiore facilità in entrata, in particolare per le parti più “deboli” della forza lavoro – donne e giovani – che più a lungo restano disoccupate. Tutto a posto, quindi, è come dicono tutti: aboliamo l’articolo 18 e avremo più posti di lavoro? Mica tanto.
Quello che NFA non dice è che le evidenze empiriche che abbiamo sono tutte riferite a situazioni dove c’era domanda di lavoro. Erano, cioè situazioni nelle quali le imprese avrebbero avuto bisogno di assumere, perché la domanda dei loro prodotti superava l’offerta e loro non riuscivano a stare al passo.
Noi siamo in quella situazione? Per niente.
L’evidenza empirica mostra anche che maggiori protezioni rendono più lente le reazioni del mercato del lavoro alle variazioni esterne, ovvero:
la domanda cresce? Non cresce subito l’occupazione, perché assumere è rischioso.
La domanda cala? Non cala subito l’occupazione, perché non si può licenziare a piacimento. Ripeto: in che situazione siamo? Con domanda calante, forse sarebbe meglio tenerci la protezione, no? Anche perché il mercato del lavoro NON E’ un posto dove tutti gli attori giocano secondo le regole e si comportano onestamente, E qui vengo al punto 2.

LA MALAFEDE
Che posto ha la malafede nelle teorie economiche? La domanda è retorica: per i commentatori economici le ragioni dei tagli e dei problemi sono sempre oggettive. Noi sappiamo però che nelle vite reali di molti di noi la malafede conta, eccome. Tre esempi concreti presi dalla mia modestissima cerchia di conoscenze.
Esempio n.1: banca privata italiana che vende a banca d’affari svizzera un ramo d’azienda con circa 30 persone. In fase di vendita viene stipulato un accordo sindacale dove si garantisce per 18 mesi nessun intervento sui livelli occupazionali. Dopo soli 4 mesi dalla vendita, oltre metà dei dipendenti vengono licenziati, in barba all’accordo sindacale ed allo stesso art.18. Per la serie “e adesso fammi causa”.
Esempio n.2: azienda manifatturiera a conduzione familiare, circa 25 dipendenti. Il capo azienda non paga da quattro mesi gli stipendi e avvia le pratiche per la cassa integrazione per i tre quarti dei dipendenti. Colpa della crisi? Mica tanto: gli ordini, per quella ditta, sono calati, ma non tanto da mettere in crisi l’azienda a quella maniera. Fonti interne riferiscono che la figlia del padrone stia costruendosi una villa al lago con rimborso spese a piè di lista a carico dell’azienda.
Esempio n.3: azienda del parabancario nata tre anni fa da uno spin off e mai in utile dalla sua creazione; trecento dipendenti di cui quattordici dirigenti, ovvero il doppio della media di settore. Ognuno dei dirigenti costa come dieci-quindici impiegati; i 14 godono di un parco macchine aziendali degno di un autosilo, iPad  per tutti e , nonostante gli scarsi risultati, premi in abbondanza. Ora il management chiama i sindacati e dichiara che bisogna ridurre i costi, trecento dipendenti sono troppi e ci sono cento esuberi, non tra i dirigenti, però: tra gli impiegati.

Soggetti come quelli dei tre esempi, oggi, devono almeno trovare qualche buona scusa per procedere ai licenziamenti: devono fare procedure, chiedere, trattare o, nel caso degli svizzeri, devono sfidare apertamente un sistema di regole contrarie. Ci sarà di sicuro una certa percentuale di imprenditori onesti che, magari, tirano loro la cinghia per non licenziare i dipendenti, ma non credo siano la maggioranza. La maggioranza sono di quel tipo lì.
Qualcuno sa indicarmi delle teorie economiche che tengano conto di cose di questo tipo?
Vogliamo mettergli il tappeto rosso, sapendo che, oltretutto, lo faremmo inutilmente? O c’è qualcuno che crede davvero che la Fiat perda quote di mercato perché c’è lo sciopero delle bisarche?


Fonte: srs di  di italy4dummies, (Bancario, sindacalista nel sindacato sbagliato, bocconiano con 30 e lode in Analisi dei Sistemi... servirà a qualcosa?)   da Reset Italia del 18 marzo 2012



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