Veronetta
Durante la festa di Santa Toscana nel 2001, un nostro frequentatore mi disse che sull’ Arena di Verona del 14 giugno gli studiosi della Soprintendenza e del Museo di Storia Naturale avevano affermato che Verona preromana non era a Verona, ma a Montorio.
Verona nel 500 a.c. era un piccolo villaggio sulle pendici di Castel S. Pietro a controllo di un guado sull’ Adige e nulla di più e non città come scrivesti sul libretto di Santa Toscana nel 1998.
Quindi la domanda del nostro compagno è da mettere in chiaro, anche per i nostri amici che frequentano la festa di Santa Toscana.
Mappa di Verona
Per la storia delle origini di Verona, l’unico raggio di luce, come racconta il nostro Scipione Maffei nel 1732, ci viene da Plinio principe dei Geografi Latini. Attribuisce Mantua (Mantova) ai Toschi (Etruschi); Brixia (Brescia) ai Galli (come i romani chiamavano i Celti) Cenomani; Feltriae (Feltre), Tridentum (Trento), Breonensis (Bressanone), ai Reti; Raetorum et Euganeorum Verona.
Basterebbero queste poche righe e il buon senso, per risolvere all’ origine questo problema. Infatti, non esiste grande e importante città che non sia stata fondata presso: un fiume, un lago o sulle coste marine, perchè i primi grande spostamenti dell’uomo sono sempre avvenuti tramite le vie acquatiche; il Castello di Montorio è invece ben distante dall’ Adige.
Punta di lancia, il manufatto più antico trovato in Verona centro storico; scavi del tribunale
Altre osservazioni sono importanti per il nostro argomento.
Verona è la città più antica dell ‘Italia settentrionale perchè l’etnia degli Euganei è riconoscibile negli abitanti dell ‘età del Bronzo, vissuti all’incirca da 4.000 a 3.000 anni fa, mentre le altre popolazioni appartengono all’ età del Ferro, da circa 3.000 anni fa alla nascita di Cristo.
A Verona non è mai stato cambiato il nome, è nata come Verona e lo è tuttora. Infatti, per esempio: gli Etruschi fondarono Bologna e la chiamarono Felsina, nel 189 a.C. i Romani fondarono una colonia con 3000 persone e la chiamarono Bononia.
Milano fu fondata all’inizio del V sec. a. C dai Galli Insubri e la chiamarono Mediolanium, nel 222 a.c. gli eserciti consolari la conquistarono e la chiamarono alla maniera latina Mediolanum.
Nel 218 a.C. Roma fonda la colonia di Cremona, e tuttora si chiama Cremona - (Che Verona che sia stata fondata dai Romani e che li diedero anche il nome?). –
Delle città dell’Italia settentrionale si conosce la data della loro fondazione Romana, mentre resta ancora un mistero quella di Verona.
Forse divenne colonia durante il periodo della guerra sociale, negli anni 90-88, quando nell’anno 89 una legge del Console Pompeo Srabone, l’ex Pompeia de Gallia Citerione in quanto contemplava il diritto della cittadinanza romana dei centri più romanizzati a nord del Po, ma non alle colonie che ne erano già in possesso. Tra queste anche Verona?
Il poeta Catullo nato forse nell ‘87 a.C. a Verona, in una sua poesia sembra che si riferisca a Verona e la definisce colonia.
Nel 49 a.C. o poco dopo anche Verona divenne colonia romana e venne iscritta nella tribù Poblilia. Come mai così tardi?
Forse era già precedentemente così romanizzata che la ufficializzarono nel momento che costruirono le nuove mura?
Come accadde nel 265 d.C. quando Gallieno ne rinforzò le mura e venne chiamata Verona nuova Gallienina?
Come si vede i vari studiosi non sono ancora concordi nella data della fondazione di Verona Romana. Affidiamoci dunque ai documenti archeologici per risolvere forse questo problema.
Verona si trova ai piedi di un altopiano che si incunea nella Pianura Padana.
Questo Altopiano ha una caratteristica unica nell’Italia settentrionale, è il secondo luogo in Italia - dopo il Gargano - dove è reperibile dell’ottima selce che l’uomo primitivo usava per la costruzione dei suoi strumenti basilari.
Perciò la Lessinia è stata abitata dall’uomo già circa 500 mila anni fa, e di conseguenza, è l’ area della Pianura Padana, con la più alta concentrazione di reperti preistorici di tutto l’arco Alpino, sia a nord che a sud delle Alpi.
La Valpantena è la valle più importante per raccogliere semplicemente la selce, perchè i corsi d’acqua dei torrenti trasportano e mettono in luce gli strati selciferi senza bisogno di scavi. Perciò l’uomo lo capì subito e la frequentò da sempre, seguendo il percorso più semplice: il letto del Progno Valpantena che si inoltra nel cuore della Lessinia. E già circa 34.000 anni fa, l’uomo moderno scambiava la nostra selce con le conchiglie della Liguria.
Circa 14.000 anni fa, terminava la glaciazione Wiirmiana, e si stabilisce l’aspetto geologico di Verona, in modo particolare il percorso dell’ Adige che restò più o meno quello che vediamo oggi.
I primi uomini Neolitici; agricoltori-allevatori e commercianti, giungono nell ‘Italia Nord-Orientale all’incirca 7500 anni fa, e usano la selce Lessinica in gran quantità.
Come giungono questi uomini? Nel modo più semplice usando le vie d’acqua sia marine che fluviali. Quindi l’Adige diventa la via più importante per reperire la selce e “commerciarla” in tutta l’Italia settentrionale.
Come è noto l’uomo Neolitico è quello che costruisce le prime città, e circa 7.500 anni fa viene fondata Verona preistorica nel luogo più opportuno, attorno a Castel San Pietro: nelle due valli di Valdonega e San Giovanni in Valle. Da queste due valli si poteva raggiungere comodamente attraverso dei sentieri ancora esistenti, le aree montane ricche di selci.
Come abbiamo visto la Valpantena era il percorso più semplice per rifornirsi di selce. L’uomo perciò si insediò anche in questa valle, lungo i fianchi collinari, perchè il centro della valle si presenta ancora paludoso.
Il progno seguiva il percorso attuale, sul lato ovest della valle, quindi lambiva: Poiano, Porta Vescovo e si immetteva nell’ Adige più o meno tra il Ponte Navi e l’Aleardi.
In questo punto probabilmente esisteva un primitivo “porto” sull’Adige. Dal quale si imbarcava anche la selce per distribuirla agli abitanti dell’Italia settentrionale.
Seimila anni fa Verona si presentava come una grande città sulle rive dell’ Adige, con capanne nelle due valli sui fianchi di Castel San Pietro e alcune nell’ ansa dell’ Adige.
Il colle di San Pietro degradava dolcemente nell’ Adige fino oltre la metà dell’attuale alveo che si trovava nei pressi di Piazza Dante, a una profondità di circa m. 4,50 dal livello stradale attuale. Un guado doveva esistere tra Sottoriva e la Chiesa di Santa Maria in Organo.
Castelliere prima torricella
All’inizio dell ‘età del Bronzo, circa 4.000 anni fa, vi erano i Castellieri (villaggi fortificati), a Verona ve n’erano tre ben distinti:
il primo è sulla Toricella n. l a controllo della Valdonega e Valpantena,
il secondo su Castel San Pietro per controllare il guado e il fiume,
il terzo sul monte Castiglione (alto San Nazzaro), per vigilare l’ingresso est di Verona e sulla Valpantena.
All’incirca 4.000 anni fa si inventa la ruota e l’uso di questo oggetto ci conferma l’esistenza delle strade e l’inizio di un nuovo commercio, quello importantissimo del costoso sale, usato anche come moneta; ancora oggi la paga dell’ operaio si chiama salario. Perciò ovviamente, il sale sciogliendosi nell’acqua non era possibile trasportarlo sulle vie d’acqua.
Circa 3.000 anni fa ebbe inizio l’età del Ferro e inizia la protostoria. II millenario commercio della selce entra in crisi, perchè il suo uso si riduce moltissimo a causa dell’utilizzo dei metalli.
Castel San Pietro
Dei tre Castellieri di Verona resta attivo solo quello su Castel San Pietro.
Si iniziano a conoscere le etnie che abitavano in città, gli Euganei erano concittadini con i Veneti. Verona restò importantissima per le vie commerciali che la attraversavano e per il suo fiume.
Nel 753 a.c. viene fondata Roma, e per prima cosa costruirono una salina alle foci del Tevere e una strada la Salaria, per trasportare il sale nell’entroterra appenninico e mettere in rapida comunicazione Roma con l’Adriatico. A nord di San Benedetto del Tronto, nell’Adriatico esistevano altre saline: da Cervia al golfo di Venezia, pertanto i Romani dovevano avere contatti “d’affari” con i Veneti.
Circa 2.500 anni fa si entra nella storia, e gli avvenimenti per la fondazione di Verona Romana si fanno più chiari.
Poco dopo il 500 a.c. a Verona arrivano i Reti e intrattengono ottimi rapporti con i Veneti.
All’incirca il 400 a.c., tribù Galliche transalpine invadono l’Italia settentrionale e viene fondata Milano.
La cronologia tradizionale vuole che Brenno scenda in Italia il 390 a.c., e nel 387-386, seguendo l’antichissima via Salaria, presso l’affluente del Tevere Allia situato alle porte di Roma, sconfigge i romani e mette a sacco la città.
I Veneti intervengono contro le città sguarnite nell’agro Gallico, costringendo Brenno a lasciare Roma e tornare a casa. E lungo il corso dell’ Adige le popolazioni venete-retiche arrestano l’espansione gallica. Come si nota già da tempi così lontani, vi era amicizia tra romani e veneti.
Nel IV secolo (400-300 a.c.), troviamo la presenza dei Galli Cenomani nel Veronese, a Valeggio sul Mincio. Ma sono Galli? Il corredo funebre dice si, ma l’esame antropologico ci informa che sono Veneti!
Infatti Polibio, nato circa nel 203 e morto nel 121 a.c., cioè quasi coevo, ci racconta che «Abitava invece da molto tempo la parte vicina all’ Adriatico un ‘altra popolazione molto antica, quella dei Veneti per costumi ed abitudini poco differenti dai Celti ma di lingua diversa».
L’anno 290 a.C., tutta l’Italia centrale è in mano a i Romani.
Cinque anni dopo (285), iniziano le lotte di Roma contro i Galli per il predominio dell’Italia centrale.
Nell’anno 283, i romani sconfiggono presso il lago Vadimone (di Bassano nell’Etruria meridionale), un esercito di Etruschi, di galli Senoni e Boi, questa vittoria segnò la fine della potenza etrusca.
Nove anni dopo (272), Roma si interessa della Pianura Padana.
Nell’anno 268 Roma fonda la colonia di Rimini in territorio dei galli Senoni; le colonie sorgono come capisaldi militari, centri di mercato agricoli.
Teuta regina Illirica, nel 244 è padrona dell’ Adriatico e pratica la pirateria contro gli alleati dei romani; tra questi vi erano anche i Veneti?
Qualche tempo dopo nel 238, i galli attaccano da diverse parti i romani, soprattutto i Boi che aggrediscono la colonia di Rimini. Questo accade perchè i galli si sentono accerchiati dai romani, dai veneti e dai Cenomani alleati di Roma; che controllavano le rive dell’ Adige e del Po.
L’accerchiamento dei Galli continua con la fondazione della colonia di Genova nel 233, e la sconfitta di Teuta nel 230 rende i romani padroni dell’Adriatico.
Nel 226 i Galli vedono che Roma, i Galli Cenomani e i Veneti erano più che mai forti, pericolosi e in condizione di isolarli. Perciò fondarono una lega che comprendeva gli Insubri, i Boi, i Taurisci, i Lingoni e i Gesati, formando un esercito forte, numeroso e temibile.
La furiosa guerra contro i Galli si concluse nel 225 a Talamone con la vittoria dei romani e i loro alleati, tra questi c’erano anche ventimila Veneti e Galli Cenomani.
Le operazioni militari contro i Galli dopo questa grande vittoria, proseguirono negli anni successivi nella Valle Padana.
Nel 222, la battaglia decisiva fu vinta contro gli Insubri, forse alla confluenza tra il Po e l’Adda, e i romani occuparono Mediolanium, concludendo la conquista della Gallia Cisalpina.
L’alleanza tra Roma e le popolazioni Venete e Cenomane, nemiche dei Galli, e l’acquisito possesso di qualche posizione ligure sulle coste tirreniche avevano reso molto più sicuro il dominio di Roma e meno facili le sorprese a suo danno dal lato nord della penisola.
Se osserviamo una carta archeologica attuale, noteremo che all’inizio delle operazioni militari dei Galli contro i Romani nel 238 tutta la Pianura Padana era in possesso dei Galli esclusa la parte degli alleati di Roma: l’agro dei Cenomani e il Veneto, fino alla sponda sinistra del Po.
Quindi se i Romani volevano contrastare l’avanzata dei Galli, potevano farlo solo entrando in territorio Veneto-Cenomane attraverso la via marittima e seguendo il corso dell’ Adige fino a Verona.
Creando nella città, probabilmente prima del 238, un caposaldo militare, perciò Verona non poteva essere difesa da un semplice muro a secco sul tipo della marogna come c’era sul Castello di Montorio, ma da un muro ben diverso, come i romani sapevano fare, con blocchi di pietra tufacea ben squadrata, e sistemati con una tecnica particolare imparata dai Greci (vedi Pestum in Campania).
Questo baluardo doveva cingere Castel San Pietro come se si trattasse del Campidoglio di Roma - nella tradizione degli antichi studiosi veronesi la prima sede del Capitolium era indicata sul Colle di San Pietro -.
Il muro della prima cinta
Nel 1990 iniziarono i lavori di ristrutturazione della casa in Via Redentore n. 7 e 9, e apparve un muro lungo 15 m., alto circa 5 m. e dallo spessore di circa 2,50 m. (formato da blocchi di pietra giallizza ricavata dalle cave dove in futuro sorgerà il Teatro Romano fino a Santa Toscana).
Questi grandi blocchi misurano anche: di lunghezza m. 1,50, altezza 60 cm. e larghezza 30 cm.; sono posizionati a filari alterni per taglio e per testa, a secco senza malta o grappe.
Le sue fondamenta poggiano direttamente sulla roccia del Colle di San Pietro ed erano sostenute da un terrapieno mescolato con ceramica dell’età del Ferro, databile dal 500 a.C. fino a circa il 100 a.c.
Base della torre della porta romana in via Redentore
Attorno al 50 a.c. sul terrapieno venne costruita la porta in mattoni sesquipedali simile a quella dei Leoni.
Perchè questo muro dovrebbe essere così vecchio?
Oggi sappiamo che la malta venne perfezionata all’incirca nel 204 a.c. e rivoluzionerà il sistema di costruzione edilizia -per costruire un muro valido bisognava squadrare un blocco di pietra-. Con la malta, la semplicità di usare pietrame vario e legarlo all’interno di cassoni con calcestruzzo, comportava la costruzione veloce di muri e con mano d’opera non specializzata, sotto la direzione di pochi abili arteficieri. I Romani divennero dei maestri in simili costruzioni.
Successivamente nel 190 a.c., si costruirono i mattoni cotti sesquipedali e i cassoni vengono poco usati perchè i mattoni vengono legati con la malta.
Con la costruzione di questo muro attorno al Colle di San Pietro, Veronetta diventa la “Prima Verona” nel vero senso della parola, anche con la sua necropoli fuori le porte; all’uso dei romani.
Dopo il 222 i Romani iniziarono una politica di colonizzazione nella Pianura Padana e ottennero dagli sconfitti Galli, nel 218 di costruire due colonie: Placentia (Piacenza) sulla destra del Po e, sulla sinistra Cremona, ciascuna con 6000 famiglie.
Con la costruzione di queste colonie Roma è padrona delle vie principali della Pianura Padana: il Po e l’ Adige con Verona.
Sempre nello stesso anno scoppia la II guerra Punica.
I Veronesi, inoltre, con i Cenomani ed i Veneti furono tra le popolazioni che ostacolarono e bloccarono ad oriente le forze di Annibale allorché questi irruppe in Italia.
Presso il Trebbia, nelle vicinanze di Piacenza, intorno al solstizio d’inverno dell’anno 218, si svolse la prima grande battaglia, e i legionari Romani vennero massacrati dagli elefanti di Annibale. Vista la magnifica vittoria di Annibale, i Galli schierati nell’esercito romano tradirono e passarono al nemico, esclusi i Veneti e i Cenomani.
Nell’estate del 216, nell’infausta battaglia di Canne troviamo uniti ai Romani i volontari veneti, e tra i Cenomani anche quelli Verona Athesi Circumjlua cioè Verona è circondata dall’acqua come un’isola, così scrive Silvio Italico nato nel 35 d.C. e morto il 110. E’ la prima volta che viene nominata Verona.
Conclusa la guerra Punica nel 201, l’Italia settentrionale richiese una vera e propria riconquista, in quanto i Galli e i Liguri non riconobbero la supremazia romana. Con l’aiuto dei Cenomani e dei Veneti, le legioni romane riuscirono a mantenere sgombra la transitabilità fluviale lungo il Po.
Nel 197 vennero sottomessi parte dei Cenomani che si ribellarono a Roma, l’anno seguente vennero sconfitti gli Insubri, nel 191 i Boi subirono la stessa sorte.
Bologna diventa colonia romana nel 189, e nel 187 la via Flaminia arriva a Bologna e l’Emilia raggiunge Piacenza.
Nello stesso anno il console Marco Emilio Lepido venne incaricato di restituire le armi ai Cenomani, tolte loro ingiustamente dal pretore Marco Furio Crassipede. Di fatto i Romani vantavano già un diritto acquisito sul territorio dei Cenomani e dei Veneti, perciò anche su Verona. Sempre lo stesso anno i Veneti chiedono aiuto ai Romani per difendere le loro frontiere dai Carni
L’anno seguente (186), circa 12.000 Galli Insubri e forse anche Carni, tentano di penetrare nel Veneto. Subito Roma arma i Veneti e i Cenomani creando così un antemurale difendiso verso oriente.
Nel 183 vengono fondata Modena e Parma.
Due anni dopo (181) viene fondata Aquileia per controllare le instabili regioni degli Istri, dei Carni e dell’Illiria. E il nostro Scipione Maffei dice: che viene fondata Verona dai Romani.
Nel 178, Roma con una flotta e 3.000 Galli invade i territori degli Istri, e forse tre anni dopo (175) viene costruita dal console Marco Emilio Lepido la via Aemilia Lepidi che seguendo forse una antica pista, da Bononia (Bologna) o da Mutina (Modena), toccava Ateste (Este), Patavium (Padova), Altinum (Altino), Concordia e terminava ad Aquileia.
Agro romano di Verona
Nel 135 a.c., sappiamo che l’agro di Verona terminava a Lobbia (S. Bonifacio), e confinava con quello di Vicenza ed Este.
Dopo la via di Lepido, segue la via Postumia, che raggiunge Aquileia dopo aver attraversato l’intera Gallia Cisalpina.
Partiva da Genua (Genova) toccava Dertona (Tortona) forse colonia fra il 122 e il 118, Placentia (Piacenza), Cremona, Verona, Vicetia (Vicenza), che ebbe la cittadinanza romana nel 49 a.C., Concordia e terminava anche questa ad Aquileia. La strada fu costruita nel 148 a.C. dal console Spurio Postumio Albino, come viene confermato da una pietra miliare conservata nel Museo Maffeiano in Piazza Bra.
Verona e il percorso della Postumia
Come è risaputo i Romani erano dei maestri nella costruzione delle strade, perché le strade erano fatte prima di tutto per scopi militari.
Lungo tutto il percorso della via Postumia, il punto più critico dal lato geologico era appunto far passare la via nel tratto di Verona tra: Santa Lucia, lo Stadio, Porta Palio, Piazza Erbe, Adige e Veronetta.
Tutto questo percorso era di frequente inondato dal fiume, per far passare la via bisognava bonificare dall’Adige tutta l’area, pensarono di costruire una nuova Verona, con tutti i carismi, nell’ansa dell’Adige.
La nuova Verona venne progettata secondo le regole dell’architetto Vitruvio, forse veronese; fu lui che costruì l’arco della famiglia dei Gavi -.
Il cardo di Verona è la via principale della città: via Pellicciai, il Capitello - con la berlina - di Piazza delle Erbe, via Santa Maria in Chiavica doveva essere orientato verso il solstizio estivo, perchè, secondo Vitruvio, nessun lato delle case doveva essere esposto né troppo al freddo né troppo al caldo, inoltre le posizione delle case dovevano sfruttare al massimo la luce del Sole.
Quindi la via Postumia sfiorava solo il Foro - isola pedonabile -.
Per togliere il pericolo delle inondazioni divisero in due il corso dell’ Adige, cioè dal meandro di Castel Vecchio scavarono un secondo alveo del fiume che a sud di Verona terminava al Ponte Aleardi. Verona divenne isola come la nominò Silio Italico.
La terra tolta per la costruzione del nuovo corso dell’ Adige la sistemarono all’ interno verso la città, la via Postumia si trasformò essa stessa in argine e la troviamo oggi sotto Porta Borsari a una profondità di circa 1 m.
I Romani regolarono il corso dell’Adige all’interno della città.
Tagliando dalla base del Colle di San Pietro, parte della roccia che si immergeva nel fiume, crearono quel gradone che vediamo sotto al Teatro, sul quale saranno costruite le due pile del Ponte della Pietra.
Costruirono tipi di argini in base alla forza corrosiva dell’ Adige, sul lato sinistro con nicchioni in mattoni sul lungadige di San Giorgio che spezzavano la corrente del fiume prima di incontrare il meandro al Ponte Pietra (questi nicchioni sono stati ricostruiti sull’argine sotto i giardini della Giarina, prima della spalla del Ponte Pietra l’argine venne costruito in blocchi di pietra bianca tuttora visibili, poco dopo il Ponte in origine l’argine doveva essere la stessa pietra del Colle di San Pietro, poi venne sostituito dopo il 100 a.c. con un muro in opera reticolata, con la pietra Gallina di Avesa - unico esempio di questo tipo di muro nell’Italia settentrionale -.
Sul lato destro dell’ Adige doveva correre un argine in grossi blocchi di pietra bianca fino alla Porta dei Leoni, dopo forse era in mattoni come quello rinvenuto presso la chiesa dei Filippini.
La larghezza dell’alveo dell’Adige era più ampia dell’ attuale, perché lo riconosciamo sul fianco del pozzo nel cortile del Capitolo dei Canonici presso il Duomo, e la torre di Alberto della Scala costruita sul Ponte della Pietra che poggia su una pila del Ponte.
Argine romano sulla sponda destra del fiume a valle del ponte pietra
La via Postumia passava sul primo ponte costruito, il Posumio; iniziava dietro la chiesa di S. Anastasia e terminava presso la Porta Organa (in via Rendentore 9), la prima via Postumia, in quel tratto, era in ciottoli dell’Adige (salesi), e si trovava a circa due m. sotto la strada costruita successivamente attorno al 50 a.c.
Sistemato il corso dell’ Adige si incominciarono a costruire le case e i templi nell’ interno dell’ansa dell’ Adige.
Questo avvenne probabilmente prima della costruzione della Postumia, perchè sotto al Palazzo Maffei in Piazza delle Erbe esiste il tempio a Giove Capitolino e durante gli scavi venne raccolta una moneta del 150 a.c..
Prima di dare alle stampe questo scritto, l’ho fatto leggere al nostro amico e mi disse “Dove sono le prove archeologiche?”
Quando nel 1991 furono iniziati gli scavi sul Castello di Montorio non doveva esserci nulla perchè aveva subito troppi danni nei secoli passati come Castel San Pietro invece dopo..
Fonte: srs di Alberto Solinas