mercoledì 26 gennaio 2022

LA NECROPOLI DI PIAZZA CORRUBBIO A VERONA: DATI PALEOBIOLOGICI PRELIMINARI

  


Lo scavo di pIazzale Corrubio


La necropoli è stata indagata nel 2009 nel corso di interventi archeologici condotti durante la costruzione di un parcheggio sotterraneo, eseguiti dallo Studio di Archeologia Cipriano-Meloni con la Direzione scientifica di G. Cavalieri Manasse (Soprintendenza per i Beni Archeologici del Veneto, Nucleo operativo di Verona). 

Nel corso di quest’intervento vennero portate alla luce 249 tombe ad inumazione, di varia tipologia e grado di conservazione, oltre ai resti di alcuni edifici a carattere religioso-funerario, attualmente in corso di studio. 

Una seconda campagna di scavo condotta tra 2010 e 2011 dalla Cooperativa Multiart Soc. Coop, sempre alla direzione scientifica di G. Cavalieri Manasse, permise di mettere in luce altre 148 deposizioni. 

 

Dall’analisi dei dati archeologici, la necropoli risulta aver avuto un lungo periodo di utilizzo: dal III secolo d.C. all’VIII-IX secolo d.C.  All’interno di quest’arco temporale si sono potute distinguere tre fasi principali: una prima fase si estende dalla fine del III secolo d.C. all’inizio del IV secolo d.C., una seconda dal V al VII secolo d.C. e una terza tra il VII secolo e l’VIII secolo d.C. 

La fase di abbandono rimane invece scarsamente documentata a causa di livellamenti frequenti in epoca antica e moderna che hanno mantenuto lo strato di frequentazione alla quota antica. 

 

I reperti e dati di scavo dalla necropoli di piazza Corrubbio sono attualmente oggetto di studio nell’ambito di un progetto di ricerca mirato ad acquisire una più ampia comprensione dell’area necropolare, condotto in collaborazione con la Soprintendenza del Veneto e coordinato da Daniela Cottica e Francesca Bertoldi. 



domenica 23 gennaio 2022

CAPIRE L’ATTUALITÀ: LE RADICI SOCIALISTE DEL NAZISMO

 



di DANIEL HANNAN*


Il 16 Giugno 1941, mentre Hitler preparava le sue forze per l’Operazione Barbarossa [invasione dell’Unione Sovietica, ndt], Josef Goebbels lavorava al “nuovo ordine” che i nazisti avrebbero imposto alla Russia, una volta conquistata. Non ci sarebbe stato ritorno, egli scriveva, per i capitalisti, per i preti e per gli Zar. Piuttosto, in luogo del degradato bolscevismo ebraico, la Wehrmacht avrebbe imposto “Der echte Sozialismus”: il socialismo reale. Goebbels non ha mai dubitato del fatto di essere un socialista. Egli concepiva il nazismo come una migliore e più plausibile forma di socialismo, rispetto a quella che veniva propagandata da Lenin.


Invece di diffondersi attraverso le nazioni, [il socialismo] avrebbe operato all’interno del Volk [Volk è una parola assai più pregnante di “popolo” dal momento che, fin dall’inizio del Romanticismo germanico, per i pensatori tedeschi Volk denotava una serie di individui legati da una “essenza” trascendente, volta a volta definita “natura” o “cosmo” o “mito”,  ma in ogni caso tutt’uno con la più segreta natura dell’uomo. Costituiva la fonte della sua creatività, dei suoi sentimenti più profondi, della sua individualità e della sua comunione con gli altri membri del Volk, ndt].


Così totale è la vittoria culturale della sinistra moderna, che finanche il mero racconto di questi eventi finisce con l’essere stridente. Ma è una questione che pochi, all’epoca, avrebbero trovato particolarmente controversa. George Watson così ha scritto nel “The Lost Literature of Socialism”: “E’ chiaro oltre ogni ragionevole dubbio che Hitler ed i suoi collaboratori credevano di essere socialisti e che altri, inclusi i socialdemocratici, la pensavano allo stesso modo”.