Il 1848 prima guerra di indipendenza ove morirono molti napoletani...ma non è ricordato da alcuno!
Tratta da uno scritto di Giacinto dè Sivo, drammaturgo, letterato e storico del Regno delle Due Sicilie, Maddaloni (Regno delle Due Sicilie)
- Cari ragazzi,- Esordì il maestro questa mattina, eccomi a voi con il racconto mensile. So che lo stavate aspettando con trepidazione.-
Si fermò per qualche secondo vicino alla cattedra e poi prese il solito grosso libro e lo aprì.
- Come già sapete vi leggerò una storia vera, accaduta circa dieci anni fa nel nostro Stato, ed in Italia del Nord e che è bene che voi conosciate con precisione perché un domani questi eventi potrebbero essere nascosti o camuffati. Noi non possiamo conoscere il futuro, questo no, ma con un po’ di immaginazione possiamo individuarne i possibili sviluppi, e molte volte a pensar male ci si azzecca. Sicuramente siamo parecchio odiati nel contesto europeo, la nostra forza autarchica, il nostro progresso scientifico, la nostra ricchezza ed il nostro assetto sociale ci sono molto invidiati, soprattutto dalla nazione più potente del mondo: l’Inghilterra…chissà. Comunque il 1848 fu un anno orribilis…concessione della Costituzione nel Regno delle Due Sicilie, guerra esterna, guerra interna in Napoli e poi contro Ruggero VII in Sicilia, abolizione della costituzione…un bel ’48!
- Il mio racconto, oltre che dai dati documentali è anche suffragato da una mia personale amicizia con il Dott. Giuseppe Antonio Pasquale Barletta , nostro uomo di primario ingegno che partecipò personalmente alla campagna di Curtatone, Montanara e Goito e pure ebbe qualche comparsa perfino a Venezia.
Tutto era in fermento in Italia nel 1848, fermento sostenuto dall’inglese Lord Mintho e dall’Inghilterra che odiava Napoli e la sua dinastia, la Giovine Italia di Giuseppe Mazzini, sempre appoggiata dall’Inghilterra, che soffiava sul fuoco della rivoluzione, le sette che volevano il cambiamento di tutto, la Città di Milano che con le sue cinque giornate aveva scacciato gli austriaci e sollevato l’ingresso del Piemonte in guerra, Giuseppe Garibaldi che rientrato in Italia se ne va a Como a ricercar volontari, Pio IX che sperando in una pacifica transizione dei poteri e nella magnanimità dell’Austria, si rende disponibile a governare la Lega Italiana, Carlo Alberto che impegna il suo esercito di oltre cinquantamila uomini in una guerra contro l’Austria ma che segretamente, spinto dall’Inghilterra, vuole il governo su tutta l’Italia, Ferdinando II che si impegna (ingenuamente) a dare sostegno militare a Carlo Alberto, il Granducato di Toscana in subbuglio e favorevole alla guerra, così come lo Stato della Chiesa, Il Ducato di Parma e Piacenza, quello di Modena e la rinata Repubblica di Venezia sotto la guida di Daniele Manin. Nacque tutto per le cinque Giornate di Milano?
In questo contesto, ed in prossimità del fatto che nel brevissimo periodo Pio IX, avrebbe fatto cadere il suo disegno di sostegno alla Lega Italiana, vi racconto cosa accadde al primo corpo di spedizione napoletano.
Mentre una certa donna lombarda, Cristina Trivulzio Belgioioso, venuta a Napoli, formò un gruppo di centoventi volontari per inviarli nello scacchiere di guerra ove il loro comportamento fu vicino al pessimo, il 1° Battaglione del 10° di Linea di 800 uomini, al comando del Colonnello Rodriguez, partiva quel 5 Aprile, prima via terra poi sul Palinuro verso Livorno e poi per la Lombardia, non avendo ancora il Papa concesso il libero passaggio delle truppe.
Il 14 aprile un secondo battaglione di volontari crociati (Rossaroll) di 558 uomini, insieme ad un secondo Battaglione (altri 800 uomini) del 10° di Linea, al comando del maggiore Viglia, partì via mare sul piroscafo a vapore Archimede.
Mentre una certa donna lombarda, Cristina Trivulzio Belgioioso, venuta a Napoli, formò un gruppo di centoventi volontari per inviarli nello scacchiere di guerra ove il loro comportamento fu vicino al pessimo, il 1° Battaglione del 10° di Linea di 800 uomini, al comando del Colonnello Rodriguez, partiva quel 5 Aprile, prima via terra poi sul Palinuro verso Livorno e poi per la Lombardia, non avendo ancora il Papa concesso il libero passaggio delle truppe.
Il 14 aprile un secondo battaglione di volontari crociati (Rossaroll) di 558 uomini, insieme ad un secondo Battaglione (altri 800 uomini) del 10° di Linea, al comando del maggiore Viglia, partì via mare sul piroscafo a vapore Archimede.
“Re Ferdinando sottoscriveva il 7 aprile una proclamazione nunziante ai suoi popoli la partenza delle soldatesche; e dichiarante:
“Pigliar la causa italiana con quelle forze che lo Stato del Regno permetteva. Tener come fatta la lega italica, dacchè volevala il consenso unanime dè principi e dè popoli; egli primo averla proposta, egli primo mandar ministri a Roma Già iti soldati e militi per mare e per terra per operare con l'esercito dell’Italia di mezzo: le patrie sorti decidersi su campi lombardi; i Napolitani doversi stringere al loro principe, uniti esser temuti e forti. Confidare nel valore dell’esercito, nella magnanima impresa: per ispiegar vigore fuori, volersi dentro pace e concordia; però sperar nell’amor pel popolo, nella Guardia nazionale, per serbar l’ordine e tutelar le leggi; contassero sulla sua lealtà alle libere istituzioni che ha giurate e vuol mantenere. Unione, abnegazione e fermezza; e sarà certa l’italiana indipendenza. Tacciano avanti a tanto scopo le men nobili passioni; e ventiquattro milioni di italiani avranno una patria potente, comune patrimonio di gloria, e nazionalità da pesare nelle bilance d’Europa.”
Fatti d’arme.
Al 1° Battaglione di linea Napolitano, Carlo Alberto medesimo gli ordinò di prendere possesso del Ponte di Goito (in muratura), mentre egli si dirigeva a Pastrengo.
Il nostro 2° Battaglione del 10° appena arrivato al campo toscano del Gen. Ferrari ha il suo battesimo di fuoco con gli austriaci, poi d’impeto il giorno 8, il 2° Battaglione sloggiò il nemico. Il Battaglione Napolitano del Viglia, più due battaglioni di volontari di cui uno Napolitano e due di linea toscani, rioccuparono Montanara lasciata libera per errore del Gen. Ferrari. Il giorno 13 maggio gli austriaci attaccarono a Curtatone, Il battaglione volontari napolitano, uno di livornesi, altro di granatieri toscani, due compagnie di bersaglieri, ventiquattro cavalli, e pochi artiglieri attorno a un obice e un cannoncino: poco più che duemila. I Napolitani usciti dalle trincee l’affrontarono, seguiti dal resto del campo; il che, parendo fossero più che non erano, sgominò gli Alemanni, che cadder lasciando morti e prigionieri. Ivi cadde il livornese Dott. Montanelli, arringatore di studenti per la guerra italica.
Contemporanea zuffa seguiva a Montanara. V’eran due battaglioni di linea toscani, quattro compagnie del nostro 10°, due battaglioni volontari, cinque cannoni, e pochi cavalli toscani, intorno a duemila. Il generale Laugier, udendo l’inimico. Pose due cannoni sulla strada. Fra due battaglioni di volontari trincerati, sostenuti dalla linea toscana dietro il centro. I Napolitani, da manca sulla via di Curtatone serbavan le comunicazioni con quest’altro campo, con a destra i cavalli nascosti da una casina. I Tedeschi assaltaron di fronte, lanciando tre Battaglioni a molestar la sinistra; ma il Laugier ordinò al Giovannetti e quindi ai Napolitani e a due compagnie toscane di avanzare sul destro del nemico. La cosa riuscì; e una delle compagnie nostre col capitano Cantarella prese di forza una casina. Il ministro toscano Corsini presente alla battaglia battea le mani dicendo: Viva i Napolitani!
Radetzki con oltre ventimila uomini si diresse quindi a Curtatone e Montanara con superiorità numerica di oltre quattro volte…dopo aspri combattimenti e privi di artiglieria Laugier ordinò la ritirata. Le compagnie Napolitane, trovatesi tra due fuochi, passarono a nuoto il fiume. Il napolitano Pilla, morì sostenendo con il suo battaglione pisano la generale ritirata. Il Battaglione Napolitano perduti 250, tra morti e prigionieri e 86 feriti, ridotto a duecento appena, passò la notte a Goito, e a dimane andò a Brescia.
A Montanara comandava il Giovannetti. I nostri stavan divisi così. La compagnia cacciatori a sinistra, l’ottava fucilieri al centro, e i granatieri e la quinta indietro. Dalle undici del mattino sino a tardi la sera, il combattimento contro gli austrici fu violentissimo. Quindi fu ordinata la ritirata verso Castelluccio. Le nostre compagnie che al mattino contavano 287 uomini, a sera contarono 183 mancati 104 tra morti e prigionieri. Questo misero avanzo fu messo a guardia del ponte di Goito. Al vecchio Caldarella, salvato sulle braccia dei soldati, fu assegnata da Carlo Alberto la medaglia al valor militare.
Il 10° di linea, del colonnello Rodriguez, stava fermo sul ponte di Goito. Egli ordinò ai suoi di non prendere sgomento e di essere prodi. Gli alemanni tardarono e fu la salvezza. Carlo Alberto visitò a mezzodì il ponte e lodò le difese fatte dai soldati Napolitani. Colà eranvi otto compagnie del Rodriguez e’l maggiore Viglia: tre stavano sul parapetto della testa del ponte, una presso un muro di giardino con feritoie, guardanti il fiume verso il molino, altra su due case dietro il ponte, e l’ultime tre a sinistra della linea di battaglia sarda, di costa alla riva del fiume. I Tedeschi li investirono sulle ore tre, occupando una casina propinqua: però i nostri lasciato il parapetto per sloggiarli, rischiaron di cader prgionieri, e furono salvi da un’altra compagnia mandata dal Viglia. Rinnovarono l’assalto, e da ultimo aiutati da un battaglione sardo, a forze unite li respinsero.
Gli austriaci allora si raggomitolarono sulla dritta, e urtarono sulla sinistra avversa; ma patirono gravi danni dalle artiglierie, sicchè disordinati retrocessero a Rivalta. Peschiera si arrese.
Al Rodriguez fu data la croce di S. Maurizio e Lazzaro; ad altri ufficiali medaglie del valor militare.
Una grande vittoria che vide i Napolitani artefici in tutto e così paganti in tutto a livello di vite .
Una grande vittoria che vide i Napolitani artefici in tutto e così paganti in tutto a livello di vite .
Il maestro fermò la lettura ma nella nostra classe rimase un silenzio tombale. Avevamo quasi tutti la bocca semichiusa, per non dire aperta. Un racconto bellissimo, vero e sentito.
Il maestro ci disse:
- Cari ragazzi, sulla situazione delle nostre altre truppe al comando del generale Guglielmo Pepe, e della resistenza di Venezia, ve ne parlerò in un altro racconto. Vorrei ora soffermarmi su Curtatone, Montanara e Goito.-
La classe iniziò a risvegliarsi e vociare in silenzio, ma il maestro alzò il braccio destro a mezz’aria e chiese di nuovo il silenzio.
Il maestro ci disse:
- Cari ragazzi, sulla situazione delle nostre altre truppe al comando del generale Guglielmo Pepe, e della resistenza di Venezia, ve ne parlerò in un altro racconto. Vorrei ora soffermarmi su Curtatone, Montanara e Goito.-
La classe iniziò a risvegliarsi e vociare in silenzio, ma il maestro alzò il braccio destro a mezz’aria e chiese di nuovo il silenzio.
- Questo che vi ho letto è un corto brano di storia che il nostro Giacinto dè Sivo rilasciò tempo fa ai giornali. E’ storia vera. Quale la mia preoccupazione? Che questa storia verissima non sarà riportata ai posteri, che i nostri morti napoletani non saranno ricordati nel futuro! Io sento, spero sia solo mia immaginazione, che la Storia ci sarà contro, che l’Inghilterra vincerà con una dinastia che non sarà la nostra e sarà posta la “damnatio memoriae” nei nostri confronti.
- Poi l’Inghilterra sta preparando il Canale di Suez che permetterà di “scavalcare l’Africa per i navigli provenienti dall’oceano indiano…e questo fatto non mi convince…
Quanta verità usciva dalle parole del maestro, pensai io. E’ vero, se il Rodriguez, se il Viglia, se Ferdinando II non saranno mai ricordati nel futuro…allora tutto sarà perso. Chi scriverà la storia vera? Ma sarà mai scritta di nuovo?
La campana di fine studio suonò e lasciammo la scuola in gran silenzio. Ognuno di noi era un Rodriguez, ognuno un Viglia, ognuno un soldato di Curtatone, Montanara e Goito, ognuno un napoletano!
*
Tratto da uno scritto di Giacinto dè Sivo, drammaturgo, letterato e storico del Regno delle Due Sicilie, Maddaloni (Regno delle Due Sicilie)
Tratto da uno scritto di Giacinto dè Sivo, drammaturgo, letterato e storico del Regno delle Due Sicilie, Maddaloni (Regno delle Due Sicilie)
Fonte: da facebook di di Domenico Iannantuoni del 24 novembre 2019