Sarcofago del cardinale
veronese Adelardo, Vescovo di Verona e Legato Pontificio in Terra Santa. Chiostro
abazia di San Zeno in Verona.
VOLUME II – EPOCA III – CAPO VI
SOMMARIO. - Origine e
prima educazione di Adelardo - Promozione alla porpora cardinalizia - Sua
nomina a vescovo di Verona - Viaggio in Francia ed in Inghilterra - Prende
parte alla terza Crociata - Un giudizio su la sua vita episcopale - Atti del
suo episcopato - Sua operosità all'infuori della sua chiesa - Si ritira nel
monastero di S. Zeno - Sua morte - Due ricognizioni del suo sepolcro - La mitra
di S. Zeno.
Tra i favori largiti ai veronesi dal Pontefice Lucio III nella
sua breve dimora a Verona il più distinto fu la
elevazione di un nostro cittadino alla dignità cardinalizia. (a)
Secondo l'opinione più comune tra i nostri scrittori, Adelardo è oriundo della famiglia dei Cattaneo, detti anche i Da Lendinara, (1) famiglia assai ricca di
quella terra allora appartenente al distretto di Verona, e che vantava diritti anche sulla terra di Zevio, ad essa riconosciuti dal vescovo
Ognibene, dal podestà Sauro e dai consoli veronesi l'anno 1181.
Secondo alcuni però, Adelardo
spetterebbe alla famiglia degli Aleardi,
nobile famiglia, già da lungo tempo abitante in Verona presso la chiesa di
S. Benedetto, dove ancor prima del dominio scaligero era una contrada detta
degli Aleardi. Secondo i primi, Adelardo sarebbe veronese in senso un po' lato; secondo gli altri,
sarebbe vero cittadino veronese in senso stretto. A noi poco interessa definire
la questione. (b)
Da una iscrizione, che riporteremo in seguito, Adelardo dovrebbe essere nato circa l'anno
1122: della sua educazione poco o nulla sappiamo: fu canonico della cattedrale,
anzi capo e direttore della schola
cantorum « major
praecentor Cathedralis »,(2)
ordinato sacerdote dal vescovo Ognibene.
I meriti e la stima goduta da Adelardo fra il clero veronese attirarono su di lui l'attenzione
del pontefice Lucio III; il quale
nel concistoro tenuto in Verona nel
primo giorno di Quaresima l'anno 1185 lo
creò cardinale di S. R. Chiesa, del titolo di
S. Marcello.
Costituito in sì alta dignità, Adelardo si adoperò molto nei preparativi del concilio tenuto nello
stesso anno a Verona: indi prese
parte al conclave, in cui fu eletto Urbano
III; e, quando Urbano III,
affine di predisporre una crociata in Oriente
da Verona passò a Ferrara, ve lo
seguì pure Adelardo, e certamente vi
stette fino alla morte di lui, che fu il 19 ottobre 1187.
Nell'anno seguente al dì 23 giugno moriva il nostro vescovo Riprando, ed a lui fu dato a
successore Adelardo. Nella serie dei nostri vescovi Adelardo è l'ottantesimo, e porta il
nome Adelardo II (3).
Secondo l'uso di quei tempi,
dimise allora il titolo di S. Marcello,
chiamandosi semplicemente cardinale vescovo di Verona. Che la nomina di Adelardo a vescovo di Verona
sia avvenuta nell'anno stesso della morte di Riprando, ne è prova una lettera di Clemente III data il dì 7 novembre dell'anno 1188 « Venerabili fratri Adaelardo Veronensi
Episcopo ejusque successoribus canonice substituendis »(4).
Nell'anno seguente il dì 25 febbraio Adelardo concesse un'investitura di decime alla Congregazione del
clero intrinseco, inscrivendosi « Cardinalis
Sedis Apostolicae et episcopus Veronae ».(5) Così pure si dice « Adaelardus
sacrosanctae Romanae Ecclesiae cardinalis et veronensis humilis episcopus »
in un atto segnato comunemente 7 gennaio 1189, ma che probabilmente fu dato il
7 giugno dello stesso anno.(6) Notiamo questo, perché un recente scrittore
francese vorrebbe differire alla seconda metà dell'anno 1191 la nomina di Adelardo a vescovo di Verona.(7) Creato adunque vescovo verso la metà dell'anno 1188, resse la nostra
chiesa fin verso il settembre dell'anno 1214.
Nella primavera dell'anno 1189 Adelardo intraprese un
viaggio in Francia ed in Inghilterra.
Comunemente si ritiene che egli vi si andato come Legato Pontificio insieme col cardinale Enrico vescovo di Albano, al quale fu poi sostituito il cardinale vescovo di Anagni. Scopo della
legazione sarebbe stata la riconciliazione dei due re, affinché di comune
accordo intraprendessero una crociata per la liberazione di Terrasanta.
Alcuni opinano che Adelardo
siasi recato in Inghilterra a solo scopo di devozione per visitare il sepolcro
di S. Tommaso di Cantorbery caduto
martire per la libertà della Chiesa il 29 dicembre dell'anno 1170. Nel ritorno visitò pure il sepolcro di s. Martino a Tours ed assistette alla
consacrazione di Giovanni vescovo di Dol.
Di questo suo pellegrinaggio scrive egli stesso « universis Christifidelibus ad quos litterae istae pervenerint »: ma
non vi fa cenno alcuno alla Legazione Apostolica (8).
Ma il pensiero che preoccupava tutti gli animi, massime dopo
la caduta di Gerusalemme, era quello di una crociata universale per liberare Terrasanta e particolarmente il santo Sepolcro dalla mano dei Turchi.
Questo pensiero agitava pure l'animo di Adelardo, sia durante il suo viaggio in Francia ed in Inghilterra,
sia dopo il suo ritorno in Verona.
Qui si dié tosto ad eccitare i veronesi ad una impresa così santa; i veronesi
corrisposero agli eccitamenti del loro vescovo; ed uno scrittore coevo tra coloro,
che in parti colar modo promossero la terza
crociata, pone il card. Adelardo:
« Cardinalis presbyter Pontifex Veronae
»(9).
Agli eccitamenti aggiunse l'esempio: nell'agosto del
medesimo anno Adelardo più che
sessagenario con buona schiera di crociati
veronesi su navi veneziane salpò da
Venezia e mosse verso Tiro, dove
lo attendeva Corrado marchese di Monferrato.
Nella Palestina
dimorò circa due anni: quale Legato
Pontificio molto si adoperò per rappacificare i due re di Francia e d'Inghilterra;
ed insieme coi suoi veronesi prese parte all'assalto di Accon (l'antica Tolemaide,
ora S. Giovanni d'Acri), che fu nei
giorni 3 (festa dell' Ascensione) e 5
maggio del 1190. Del merito dei Veronesi in questo assalto ci attesta
lo stesso scrittore contemporaneo e presente al fatto:
Idem nobis fecerunt in Ascensione
nec non in sabbato, et tunc in agone
pugnarunt viriliter homines Veronae
memores Ferrariae tali die pronae (10).
Il vessillo della
croce poté finalmente sventolare sulle torri di Accon il 12 luglio del 1191: allora Adelardo nel giorno 16 dello stesso mese riconciliò solennemente le
chiese profanate dai Turchi, assistito dagli arcivescovi di Tiro, di Pisa, e di Auch, e dai vescovi di Salisbury, di Evreux, di Bajona, di Tripoli, di Chartres e di Beaveais (11).
Dopo la presa di Accon
Adelardo pensò bene ritornare alla sua Verona,
ed ivi tutto dedicarsi al bene spirituale della sua chiesa. Pare che in tale circostanza al piccolo
altipiano situato dietro il castello di
S. Pietro egli abbia dato il nome di Nazaret
e vi abbia eretta una chiesa ad onore dell' Annunziazione di Maria: forse fu allora che quella località
pervenne in potere dei nostri vescovi(12).
Tutte le memorie antiche si accordano nel presentarci Adelardo quale vescovo santissimo e
zelantissimo, benché pochi fatti particolari ci diano. In un'opera abbastanza
recente leggiamo di lui questo elogio: « In
eo omnes fuere virtutes, quae ab ecclesiastico principe optimo et sapientissimo
sperari aut optari possunt, quibus apud principes et summos pontifices eximia
valuit gratia et benevolentia ».(13)
Nell'anno 1189 « die
septimo intrante Januario (forse « Junio » ... ) pro amore Dei et sancti Lucae » avea investito suor Elisabetta
monaca di S. Pancrazio« de tota decima
totius curtis Septimi, quae nunc sunt vel erunt vice et nomine beati Lucae
Evangelistae ».(14)
Nel 1194 il dì 20 marzo consacrò la chiesa dei SS. Apostoli e tre altari della stessa. Il rito ci è
brevemente descritto in un istromento notarile redatto nel medesimo giorno: « Dominus Adaelardus ... consecravit
supradictam ecclesiam de foris et de intus, et consecravit tria altaria, et
fecit duodecim Cruces in circuitu de intus cum chrismate et unam Crucem supra
solarium januae ecclesiae de antea, et collocavit Reliquias in supradictis
altaribus, et exivit de illa ecclesia et ascendit super pergulum et praedicavit
populo ... ».(15 )
Concesse alcune indulgenze confermate ed ampliate dal card. Fidanzio Legato Apostolico, che era
presente e si trovava a Verona fin dall'anno precedente.
Nel giorno 13 aprile del 1197 consacrò un altare nella chiesa di S. Martino in Corneto, « ad
honorem Dei et sanctae Catharinae, et cantavit Missam ... et exivit de ecclesia
et ascendit super pergulum et praedicavit populo ».(16)
Nella domenica 2 novembre del 1207 consacrò la chiesa di S. Felicita, che dovea
spettare al monastero di S. Nazaro:
nella sera precedente l'abate « ordinavit
et posuit cassettam cum reliquiis in craticula », le fece porre fuori della
chiesa ed ivi « cum suis monachis et
clericis cantavit vesperum, et ordinavit vigilari usque mane ».
La mattina seguente il vescovo consacrò quella chiesa « de foris et intus et consecravit unum
altare ... in quo locavit reliquias suprascriptas ... et praedicavit populo »,
concedendo indulgenze a quanti visitassero
quella chiesa.(17)
Con atto del 7 giugno 1197 decretò l'unione della chiesa di Ss. Vito e Modesto di Brenzone
(finora soggetta al monastero di S. Zeno)
a quella di Malcesine; imponendo
però a questa che ogni anno « in festo
beatae Mariae semper virginis cerealis de mense Februario » dovesse dar
come censo al monastero di S.Zeno « quottuor galetas boni olei ad galetam
Malesilicis ».(18)
Con atto del 22 giugno del medesimo anno esortò i veronesi a
concorrere con elemosine alla fabbrica della chiesa dei SS. Fermo e Rustico, « in qua eorum corpora preciosa in pace requiescunt »; la quale era
stata cominciata dai Benedettini nel
1065: concesse anche molte indulgenze a quanti concorressero a quest'opera.(19)
Nel 1200 confermò ai canonici della cattedrale le loro
giurisdizioni e possedimenti. Nello stesso anno determinò le decime che la chiesa di Ronco Levato avesse a pagare
al monastero di S. Zeno.
Nel 1212 con atto 17 luglio autorizzò Forzano e gli altri canonici di S. Marco di Mantova ad edificare il monastero e la chiesa di S. Maria Maddalena in Campo Marzo.(20)
Verso la primavera del 1202 insieme con alcuni chierici
veronesi andò a Roma per una controversia sorta per la nomina dell'arcidiacono
della cattedrale. Dal pontefice Innocenzo
III ottenne che in seguito detta nomina non si possa fare senza l'unanime
consenso del vescovo e del capitolo.(21)
Sollecito del bene spirituale del suo gregge, « nel 3 marzo
dell' anno 1189, in choro sanctae
Mariae Majoris Veronae, nel sinodo della chiesa di Verona fece leggere
alcuni decreti e capitoli sulle elezioni, sui vestiti, ed uno per eccitare i
sacerdoti a togliere fra il popolo i matrimoni clandestini ».(22)
Riguardo ai diritti giurisdizionali su alcune terre soggette
al vescovo di Verona Adelardo
dovette adattarsi alle mutate condizioni politiche. All'autorità imperiale, che spesso gli
imperatori esercitavano per mezzo dei vescovi, era sottentrata l'autorità del
comune, che per di più era locale. Così
nel 1201 acconsentì ad una restrizione della sua giurisdizione sulla terra di Bovolone fino allora soggetta quasi
esclusivamente al vescovo: più tardi, nel 1214, acconsentì che il suo gastaldo
davanti al console giudice di Verona prestasse giuramento circa il modo, con
cui eserciterebbe la sua giurisdizione, e questa solo per somme non superiori a
soldi quaranta (23).
Più ancora dovette cedere a riguardo della terra di Legnago:
dapprima nel 1207 concesse ad Azzo
d'Este podestà di Verona
l'esercizio della sua giurisdizione in Legnago;
più tardi acconsentì che della giurisdizione in Legnago disponesse esclusivamente il podestà di Verona. Così Legnago fu sottratta del tutto al vescovo di Verona: a Legnago venne sostituito in qualche
modo Monteforte(24). Nell'anno 1207 cedette pure al comune di Verona alcuni diritti
sul castello di Montorio(25). (c)
Adelardo fu
onorato di parecchie lettere e di uffici importanti dal pontefice Innocenzo. Di quelli riguardanti la diocesi di Verona diremo nel
capo seguente: qui accenneremo brevemente alcuni spettanti ad altre diocesi.
Un enorme delitto avean commesso ancora al tempo di Celestino III i trevigiani: aveano ucciso il vescovo di Belluno Gerardo, ed usurpati
i diritti di quel vescovado e di altri (26). Celestino
III avea assoggettata all'interdetto la città di Treviso e scomunicati gli autori principali di quel delitto: ma non
era ombra di resipiscenza. Perciò Innocenzo III affidò l'incarico di ridurli all'ubbidienza e
di assolverli dalle censure al nostro card.
Adelardo ed al vescovo di Ferrara:
la lettera deve esser data il giorno 13 novembre del 1200(27).
Ad Adelardo
commise pure il pontefice Innocenzo
l'ufficio di investigare ed a Lui poi riferire intorno ad una controversia
assai complessa che si agitava tra il vescovo
di Vicenza Uberto III (o Gilberto)
ed un certo conte Uguizio(28): la
lettera non ha data.
Come era ben naturale, Adelardo
si adoperò talvolta anche per gli interessi politici dei suoi veronesi.
Così il 2 luglio del 1198 lo troviamo presente con Enrico vescovo di Mantova ad un atto di
pacificazione tra Mantova e Verona.(29)
Nel 1210 il dì 8
aprile lo troviamo a Parma presente
ad una investitura fatta dall'imperatore Ottone
V a favore di un certo « Jacobus de
Vicoageris ».(30)
Dopo aver lavorato per la chiesa veronese e per altre per
circa cinque lustri, Adelardo, forse
per l'età avanzata di oltre ottant'anni, si decise a rinunziare alle sede
vescovile, e si ritirò nel monastero dei
Benedettini a S. Zeno. Questa
rinunzia dovette essere verso il settembre dell'anno 1214; giacché un documento
del 13 ottobre ci dà come « Episcopus
electus » Norandino della
famiglia dei Sordi già canonico
della cattedrale.(31) In quel ritiro
certamente Adelardo intendeva
dedicarsi tutto al pensiero dell'anima sua: tuttavia troviamo anche in seguito
due atti pubblici nella sua vita.
Dal pontefice Onorio
III con breve del 4 maggio 1223 ebbe una commissione per il monastero di S. Vito di Calavena. Siccome l'abate ed
i monaci si lamentavano che i delegati del Papa in una visita avessero
introdotto delle novità improvvide e non conformi alla regola di S. Benedetto, così Onorio delegò Adelardo
insieme con l'abate dei Vallombrosani
della SS. Trinità ed il priore di S. Giorgio in Brayda di recarsi sul
luogo, verificare la cosa e provvedervi definitivamente.(32)
Nell'anno seguente troviamo che, forse per malattia od
assenza del vescovo Norandino, Adelardo
tenne una sacra ordinazione nel 21 settembre, sabbato delle quattro tempora, e
tra gli altri ordinò sacerdote un certo Bonafede,
che fu priore della chiesa di Ognissanti.(33)
Morì Adelardo
presso i monaci di S. Benedetto il
18 agosto dell'anno 1225, in età, a quanto dice un'antica pergamena, di 103 anni; la quale però erra quanto al
giorno: « In die primo Januarii ind.
XIII. 1225 obiit D. Adaelardus S. R. E. cardinalis et episcopus Veronae qui cum
maxima castitate vixit 103 annos ».(34)
Il giorno della morte 18 agosto ci viene accertato da una
iscrizione rozzamente incisa in tavola rossa trovata entro la sepoltura nelle
due ricognizioni, che se ne fecero più tardi. La prima fu fatta nell'anno 1642;
e se ne può leggere il documento presso Ughelli(35): la seconda nell'anno 1873, quando il sarcofago del card. Adelardo dall'abside a destra
dell'altar maggiore fu trasferito nell'antico chiostro del monastero; se ne ha
il documento nell'opuscolo su Adelardo
stampato in Verona l'anno 1878(36):
nella prima si rimise l'iscrizione al suo posto; nella seconda fu trasportata
nel civico Museo. La diamo sciogliendo le abbreviature(37):
ANNO DOMINI MCC
XXV DIE XIV
EXEUNTE AUGUSTO
DOMINUS ADELARDUS
QUONDAM EPISCOPUS VERONENSIS
ET CARDINALIS
La forma « die XIIII
exeunte augusto» significa « die
XIII ante exitum augusti »: perciò essa dà come giorno emortuale il 18
agosto dell'anno 1225.
La salma di Adelardo,
come risultò dalle due ricognizioni, nella sua tumulazione era stata rivestita
con gli ornamenti pontificali: tra questi, il piviale, la stola ed i guanti
erano lavorati assai finemente ornati di seta, argento ed oro, con abbondanti
ricami in disegno latino(38): una buona parte di essi si conserva nel nostro
Museo.
Due recenti scrittori nostri trattarono anche della così
detta mitra di S. Zeno;
che ritengono spettare al secolo XIII e potersi attribuire al card. Adelardo(39). È una mitra di tela bianca, preziosa sotto l'aspetto
artistico. Da una parte porta su una tenia il Redentore con le sigle IC XC, fra
i due simboli di S. Giovani Evangelista e di S. Matteo indicati dalle leggende:
dall'altra ha l'imagine di Maria con ai lati S. Giovanni e San Giuseppe.(40) Sull'orlo della mitra si veggono le
mezze figure dei dodici Apostoli: alcuni sotto il Redentore, altri sotto la
Madonna: le infule son decorate da tre figure di santi senza iscrizioni. È
chiaro per sé quanto sia importante questo monumento sotto l'aspetto storico-liturgico.
NOTE
1 - Così
Biancolini, Cipolla, P. Gianfrancesco, ecc. Vedi anche MIGNE, Patrol. lat., Tom.
CCXLV, col. 924 Nota 121.
2 - Presso
UGHELLI, Italia sacra, Tom. V. col. 810.
3 - Di lui
scrisse P. GIANFRANCESCO M. R. (GHEDINA) sotto l'anonimo: Adelardo II dei
Cattanei primo Cardinale Veronese (Verona 1877). - Fu pubblicato in
occasione della promozione alla porpora cardinalizia del nostro vescovo Luigi
Di Canossa.
4 - JAFFÈ, Regesta
RR. Pontificum, Num. 16347.
5 - Antichi
archivi Veron. - Clero intrinseco. Registro II. Fol. 15 (internato).
6 - BIANCOLINI, Chiese
di Verona V. P. II, pag. 230; CIPOLLA, Riprando ... , pag. 8.
7 - RIANT nella
edizione di HAYMARUS Monachus, Lib. tetrast. Proef., pag. LXI (Lugduni
1866).
8 - Presso
BIANCOLINI, Dissert. sui Vescovi di Verona, pag. 48.
9 - HAYMARUS
Monachus, De expugnata Accone. Liber tetrest., pag. 7.
10 - HAYMARUS, Op.
cit., pag. 7 - L'allusione alla caduta di Ferrara ricorda che i veronesi
due anni prima (1188) nel giorno dell'Ascensione aveano riportato vittoria sui
ferraresi; CIPOLLA, L'Apografo Veronese- Vatic; presso ILGEN, Corrado
March. di Monferrato, pag. 139 (Casale 1890). « Cum selecta multorum
nobilium veronensium crucesignatorum ala, expugnationi civitatis Acconae interfuit
Adaelardus ». Presso UGHELLI, Italia
sacra, V, 811.
11 - ROHRBACHER, Storia
della Chiesa. Lib. LXX. VoI. VID. Pag. 758 (Torino 1876)-
12 -BIANCOLINI, Chiese.
I, pag. 384 - Li presso, un po' in alto, v'era pure una chiesetta dedicata
all' Arcangelo S. Gabriele.
13 - Presso
MIGNE, Patrol. lat., Tom. CCXIV. col. 924 Nota 121.
14 - BIANCOLINI, Chiese.
V. P. I, pag. 230.
15 - BIANCO LINI,
Chiese. IV, pag. 521, seg.
16 - BIANCOLINI, Chiese
V. P. II, pag. 16. - E la chiesa di S. Catterina di Tomba.
17 - BIANCOLINI, Dissert.
sui Vescovi. Docum. XVII, pag. 142, sego.
18 - BIANCO LINI,
Chiese. III, 288. - I vari paesi del lago aveano la propria galeta: così
v' era la galeta Bardulini, la galeta Lecesii, ecc. Pare che la galeta in media corrispondesse
a due bacede e mezzo: anche le bacede eran varie. CIPOLLA, Documenti per la
storia ... di S. Colombano in Bardolino, pag. 29 (Verona 1904).
19 - UGHELLI, Italia
sacra V, 881; BIANCOLINI, Chiese VID, 151. Doc. X.
20 - BIANCOLINI, Chiese.
IV, 658; ARRIGHI, Cenno storico intorno al monastero di S. Maria
delle Vergini, pag. 13, 17.
21 - INNOC. III. Reg.
Lib. II. Ep. 32, presso MIGNE, Patrol. lat. CCXIV. COL. 985.
22 - Così una
scheda nei nostri Archivi comunali: ma il relativo documento si trova tuttora
internato. Se tornerà dall'esiglio, lo pubblicheremo, perché troppo importante
ed inedito.
23 -CIPOLLA, Statuti
rurali Veronesi, pag. 12-14 (Venezia 1890).
24 - Documenti
presso UGHELLI, Italia sacra. V, 812-834 - Vedi anche Sac. G. TRECCA, Legnago
pag. 30, seg.
25 - BIANCOLINI, Chiese. III. Pag. 91.
26 - Alla lotta
dei Trevisani contro i Bellunesi non furono estranei i Veronesi. Vedi MIGNE, Patrol.
lat., CCXIV. col. 557.
27 - Presso
MIGNE, Patr. Lat. CCXIV. col. 555-558, 922-926 - Vedi VERCI, Codice
diplom. Ezzeliniano. Doc. 65, pag. 130-133.
28 - Presso
MIGNE, Op. cit; col. 1128.
29 - CIPOLLA, Documenti
per le relazioni tra Mantova e Verona, pag. VII, seg.
30 - BIANCOLINI, Serie
cronol. dei Vescovi di Verona, pag. 23.
31 - Presso
BIANCOLINI, Serie cronol. dei Vescovi
di Verona, pag. 8.
32 - BIANCOLINI, Chiese
V. P. II, pag. 124.
33 - BIANCOLINI, Chiese.
IV, 762 -: Quindi resta escluso quell'Adelardo II, che alcuni scrittori
nostri qui intrudevano, forse abbreviando la vita a Norandino. Vedi BIANCOLINI,
Serie ... , pag. 8.
34 - BIANCOLINI, Dissertazione
sui Vescovi di Verona, pag. 45. 35 UGHELLI, Italia Sacra V. Col.
819, seg.
36 - P.
GIANFRANCESCO, Adelardo II. Annot. 38, pag. 33, segg.
37 – Il fac-simile presso CIPOLLA, Note di storia
veronese. XI, in N Arch. Veneto. Tom. V. P. II. (Venezia 1903).
38 - CIPOLLA, Gli
incunabuli dell'arte della seta in Verona, pag. 10 (Venezia 1886).
39 - CIPOLLA, Una
mitra del secolo XII, in l'Arte IV. pag. 151 (Firenze 1901); SIMEONI,
La Basilica di S. Zeno in Verona, pago 83.
40 - Se non il
più antico, è certo fra i più antichi monumenti, che ci attestino il culto di
S. Giuseppe.
ANNOTAZIONI AGGIUNTE AL CAP. VI (a cura di Angelo
Orlandi)
a) Per l'epoca
del card. Adelardo valgono parecchi degli studi citati al cap. IV. Si può
aggiungere qualche altra indicazione. W. HOLTZAMAN, Anecdota veronensia, in
Papsttum und Kaisertum. Forschungen P. Kehr dargebracht, Muenchen, 1926,
pp. 369-375; L. SIMEONI, Il Comune, in Verona e il suo territorio vol.
II. Verona, 1964, pp. 243-347; P.
ZERBI, Papato, impero e "res publica christisne" dal 1187 al 1198, Milano, 1980, pp.
XII-XV-197.
b) Secondo
recenti studi Adelardo apparteneva ad una famiglia «De Bissis »,
c) Sulle vicende
delle giurisdizioni vescovili e della Mensa vescovile si può vedere: R. SCOLA
GAGLIARDI, La Mensa vescovile di Verona con particolare riferimento al
territorio di Bovolone dal XV al XVIII
secolo, Verona 1987, pp. 222. (Studi
e documenti di storia e liturgia, V).
Fonte: srs di
Giovanni Battista Pighi, da CENNI STORICI SULLA CHIESA VERONESE, volume II