domenica 31 marzo 2013
sabato 30 marzo 2013
10 ANNI DOPO L’INVASIONE, GLI USA HANNO DISTRUTTO L’IRAQ MA I NOSTRI CRIMINI DI GUERRA RESTANO IMPUNITI
Rumsfeld Bush e Cheney
- di Nicolas
J.S. Davies -
Il male scatenato sul popolo iracheno è stato
accuratamente nascosto dietro un paravento di menzogne. Dalla fine
della seconda guerra mondiale, i leader politici americani e gli opinion
maker hanno indotto il pubblico a ritenere che l’uso aggressivo,
palese e occulto, della forza militare siano strumenti essenziali della
politica estera degli Stati Uniti. Da un disastro militare all’altro, inviando
i nostri cari in guerra, uccidendo milioni di persone innocenti e
destabilizzando una regione dopo l’altra, ogni nuova amministrazione ci
assicura di aver imparato la lezione del passato e che merita il nostro
sostegno e sacrificio per la sua ultima strategia militare.
Ma la rete dei miti, degli eufemismi e la cortina crescente
dietro la quale i nostri leader si sentono costretti a nascondere le politiche
di guerra smentiscono l’apprendimento della lezione del Vietnam, dell’Iraq,
dell’Afghanistan e degli altri scenari di guerra. Gli sforzi coraggiosi di
Julian Assange, Wikileaks e Bradley Manning per farci onestamente esaminare i
record in modo autonomo e trarne le nostre conclusioni incontrano il terrore
vendicativo delle sale del potere.
Quarant’anni dopo il rientro delle ultime truppe statunitensi
dalla sconfitta del Vietnam, il libro di Nick Turse, Kill Anything That
Moves, ha documentato il massacro sistematico a cui migliaia di soldati
americani hanno preso parte e che milioni di vietnamiti hanno subito. Turse ha
reintegrato la realtà vissuta da milioni di persone al suo giusto posto nella
storia americana, da cui era stata semplicemente cancellata e soppressa.
Come disse il drammaturgo britannico Harold Pinter nel suo
discorso per il Nobel del 2005: “… la mia tesi è che i crimini degli Stati Uniti…
sono stati solo superficialmente registrati e
tanto meno documentati, tanto meno riconosciuti, tanto meno considerati
crimini”.
Pinter ci porta al problema centrale e innominabile della
politica di guerra degli Stati Uniti, che è crimine, aggressione, attacco o
invasione di altri paesi. I giudici di Norimberga hanno definito l’aggressione
come il “crimine internazionale supremo”, perché, come hanno detto, “contiene
in sé la somma di tutti i mali”. L’inchiesta sull’Iraq nel Regno Unito ha
declassificato documenti che mostrano che Tony Blair e il ministro degli Esteri
Jack Straw erano stati avvertiti costantemente e ripetutamente che invadere
l’Iraq sarebbe stato un crimine di aggressione, definito dai loro consulenti
legali come “uno dei reati più gravi ai sensi del diritto internazionale”.
Il disastro di due guerre mondiali ha portato i leader del
mondo a firmare la Carta delle Nazioni Unite, le Convenzioni di Ginevra e i
Principi di Norimberga. Videro la guerra come una minaccia esistenziale per il
futuro del genere umano, come di fatto è ancora. Così la Carta delle Nazioni
Unite ha espressamente vietato l’uso della forza militare da parte di qualsiasi
paese contro un altro. Nei 45 anni successivi, agli Stati Uniti non rimaneva
che giustificare i conflitti come auto-difesa di un alleato (come in Vietnam) o
come azione delle Nazioni Unite (come in Corea). Gli Stati Uniti hanno condotto
guerre in segreto (per esempio in America Centrale), che tuttavia hanno portato
ad un verdetto di colpevolezza presso la Corte internazionale di giustizia con
l’ordine di pagare le riparazioni di guerra in Nicaragua, riparazioni che
rimangono non onorate, come i 3,3 miliardi di dollari che il presidente Nixon
aveva promesso al Vietnam.
Al posto dei “vantaggi della pace”, su cui la maggior
parte degli americani sperava, la fine della guerra fredda ha incoraggiato
perversamente i deliri dei ”vantaggi del potere” e un “dominio a
tutto campo” di Washington. I leader statunitensi hanno sfruttato il
dolore e il panico sulla scia dell’11 settembre per rivendicare l’uso della
forza militare come forma accettata di comportamento internazionale, anche se
solo per se stessi e i loro alleati. Sotto i mal definiti parametri della
“guerra al terrore”, ora rivendicano il diritto di usare la forza militare in
modi a lungo negati dalla Carta delle Nazioni Unite. Ma la Carta non è stata
abrogata. L’aggressione è ancora un crimine, che sia condotta con attacchi dei
droni o con una vera e propria invasione di un altro paese.
La realtà del “male concentrato” scatenato contro il popolo
iracheno per mezzo del “supremo crimine internazionale” dell’aggressione è
stato accuratamente nascosto dietro un paravento di menzogne. I nostri leader
militari se non sono in grado di aver la meglio in un conflitto, di sicuro
sanno come condurre una guerra di propaganda negli USA:
- Vengono diffuse nozioni fantasiose sull’accuratezza delle
armi di “precisione”, oscurando l’ampio massacro e la distruzione causate
dall’invasione: 29.200 bombe e missili nel primo mese di guerra e uccisione di
decine di migliaia di civili.
- Insabbiamento delle relazioni del Ministero della Sanità
iracheno nel 2004 che documentano come le forze di occupazione stavano
uccidendo molti più civili di quanti non ne avessero ucciso gli “insorti”.
- Ignorati o respinti i calcoli degli epidemiologi che
stimavano a 650.000 i morti iracheni nel 2006. Con la continuazione della
guerra, il numero dei morti ha raggiunto probabilmente un milione nel 2008.
- Alle truppe statunitensi è stato fatto il lavaggio del
cervello per collegare l’Iraq all’11 settembre e guardare quindi agli
iracheni, che resistevano all’invasione illegale e all’occupazione del loro
paese, come terroristi alla pari di quelli che avevano attaccato New York e
Washington. Un sondaggio di Zogby del febbraio del 2006, a tre anni dalla
guerra, rivelava che l’85% delle truppe Usa in Iraq credevano che la loro
missione fosse di “ritorsione per il ruolo di Saddam negli attentati
dell’11/9″.
- Le regole di ingaggio degli Stati Uniti in Iraq hanno
palesemente violato le leggi di guerra. Tra queste: eliminazione dei
combattenti della resistenza feriti; l’ordine di “uccidere tutti gli uomini in
età militare” durante alcune operazioni; “fuoco a 360 gradi” su strade piene di
civili; utilizzo permanente dell’artiglieria, degli attacchi aerei, anche su
villaggi o condomini pieni di gente; designazione di alcune aree come Fallujah
quali “zone libere al fuoco”, dove sono stati uccisi migliaia di civili.
- La tortura è stata più diffusa e sistematica nelle
prigioni statunitensi di quanto i resoconti dei media su Abu Ghraib abbiano
suggerito. Un rapporto trapelato del Comitato Internazionale della Croce Rossa
del 2004, basato su 27 visite a 14 carceri degli Stati Uniti in Iraq e altri
rapporti sui diritti umani documentano: finte esecuzioni, waterboarding,
“posizioni di stress”, comprese forme strazianti e talvolta mortali di
appendere i corpi, esposizione al calore e freddo estremo, privazione del
sonno, della fame e della sete, negazione del trattamento medico, scosse
elettriche, stupro e sodomia, percosse con tutti i tipi di armi, bruciature, tagli
inferti con coltelli, uso pregiudizievole delle manette flessibili di plastica,
soffocamento, assalto e/o privazione sensoriale e torture psicologiche come
l’umiliazione sessuale e minacce contro i membri della famiglia.
- Human Rights First ha indagato su 98 decessi in custodia
degli Stati Uniti in Iraq e in Afghanistan. Tra questi, almeno 12 persone sono
state sicuramente torturate a morte, 26 altri casi di omicidio sospetto o
confermato e oltre 48 sfuggiti del tutto all’indagine ufficiale. HRF ha fatto
emergere che alti ufficiali hanno abusato della loro posizione di potere per
porsi al di là della portata della legge anche se hanno dato l’ordine di
commettere crimini terribili. Nessun ufficiale sopra il grado di Maggiore è
stato accusato di un reato, anche se la tortura è stata autorizzata dai livelli
più alti e la punizione più severa inflitta si è limitata a una pena detentiva
di 5 mesi. I documenti già di dominio pubblico sembrano sufficienti per
condannare Bush, Cheney, Rumsfeld, i loro avvocati e gli alti ufficiali
militari di reati capitali ai sensi della legge statunitense sui crimini di
guerra.
- Gli Stati Uniti hanno reclutato, addestrato e dispiegato
almeno 27 brigate di Polizia Speciale irachene, che hanno tratto in prigionia,
torturato e ucciso decine di migliaia di uomini e ragazzi a Baghdad e altrove
nel 2005 e 2006. Al culmine di questa campagna, 3.000 corpi al mese sono stati
portati all’obitorio di Baghdad e un’associazione irachena per i diritti umani
ha constatato che il 92% dei cadaveri riguardano persone sequestrate dalle
forze di sostegno statunitensi. Gli ufficiali delle Forze Speciali USA nelle
Squadre speciali di transizione di Polizia hanno lavorato con ogni unità
irachena. Sotto il controllo di un comando altamente sofisticato composto da
personale americano e iracheno, gli Stati Uniti hanno mantenuto il comando e il
controllo di queste forze durante tutto il loro regno di terrore.
- Nel 2006 e 2007, le forze degli Stati Uniti hanno lavorato
in tandem con i Comandi Speciali di Polizia (da allora ribattezzata “Polizia di
Stato”, dopo la denuncia di uno dei loro centri di tortura) nell’Operazione
Avanti Insieme I e II e il cosiddetto Surge per completare la pulizia etnica di
Baghdad. L’occupazione degli Stati Uniti ha deliberatamente preso di mira la
minoranza sunnita in Iraq, uccidendo alla fine circa il 10% degli arabi sunniti
e costringendo circa la metà di loro a lasciare le loro case. Ciò risponde
pienamente alla definizione di genocidio nei trattati internazionali. Dobbiamo
quindi aggiungere il crimine di genocidio ai crimini americani in Iraq.
Forse l’aspetto più inquietante della transizione da Bush a
Obama è che il nuovo presidente non solo non è riuscito a rendere penalmente
responsabili gli ufficiali statunitensi per i loro crimini, ma in realtà ha
abbracciato le dottrine e le politiche sviluppate sotto Bush ed esteso la loro
applicazione alla politica degli Stati Uniti in tutto il mondo. Obama continua
l’espansione di attacchi con i droni e operazioni speciali da 60 a 120 paesi,
diffondendo la violenza, l’illegalità e l’instabilità della “guerra al terrore”
di Bush ai quattro angoli della Terra.
Centrale per l’aberrante politica di legge e ordine degli
Stati Uniti è l’applicazione delle “regole di guerra” sui civili, come ha
osservato nel 2009 un gruppo di eminenti esperti della Commissione
internazionale dei giuristi. Molti dibattiti pubblici su questo tema oppongono
un rappresentante o avvocato governativo che considera il mondo intero come un
campo di battaglia americano governato da “regole di guerra”, a un altro
soggetto esterno che parla di “giusto processo”, “diritti umani” e “diritto
internazionale umanitario. ” Di solito il contraddittorio dura la lunghezza di
un programma radiofonico o TV e poi ognuno per la propria strada.
Ma la questione è critica, e quindi gli esperti della
Commissione internazionale dei giuristi, guidata dall’ex presidente irlandese
Mary Robinson, sono giunti a conclusioni molto precise. Si è riscontrato che i
leader degli Stati Uniti hanno confuso il pubblico inquadrando la loro campagna
anti-terrorismo all’interno di un “paradigma di guerra” e che il governo degli
Stati Uniti stava distorcendo, applicando selettivamente o semplicemente
ignorando i vincoli di legge sui diritti umani.
Il gruppo di esperti della Commissione internazionale dei
giuristi ha concluso che le violazioni del diritto internazionale degli Stati
Uniti non erano né un’adeguata né un’efficace risposta al terrorismo, e che i
principi sanciti dal diritto internazionale “erano destinati a resistere alle
crisi, fornendo un quadro di riferimento solido ed efficace da cui partire per
combattere il terrorismo”.
I principi sanciti dal diritto forniscono anche un quadro
solido ed efficace da cui partire per affrontare i crimini di guerra americani.
Altrove nel mondo, i generali argentini Videla e Bignone stanno già scontando
ergastoli, anche se devono affrontare ulteriori addebiti, il generale Rios
Montt del Guatemala è sotto processo per il genocidio degli indiani Maya in
Ixil. Questi uomini davano per scontato che le loro posizioni di potere e li
ponesse al riparo da ogni responsabilità per i loro crimini. Ma i loro paesi
sono cambiati in risposta alla forza e alla volontà dei loro popoli. Né Bush,
Cheney, Rumsfeld, Bybee, Gonzalez, Yoo, né i generali Franks, Sanchez, Casey o
Petraeus, dovrebbero presumere che vivranno la loro vita al di là della portata
della giustizia.
Ma è anche un consolidato principio del diritto
internazionale che i paesi che commettono l’aggressione contro un altro paese
portano una responsabilità collettiva per le loro azioni. La colpa dei nostri
leader non ci lascia impuniti per i crimini commessi in nostro nome. Gli Stati
Uniti hanno il dovere legale e morale di pagare le riparazioni di guerra in
Iraq per aiutare il suo popolo a riprendersi dagli esiti dell’aggressione, del
genocidio e dei crimini di guerra. Questa è la richiesta avanzata da un gruppo
molto speciale di americani le cui esperienze e sacrifici li rendono unici e
qualificati per avanzare tale pretesa: i Veterani dell’Iraq contro la
guerra.
Tradotto da Centro
di Cultura e Documentazione Popolare
Fonte: Tlaxcala
Tratto da: Losai.eu del 25 marzo 2013
Link: http://www.losai.eu/10-anni-dopo-linvasione-gli-usa-hanno-distrutto-liraq-ma-i-nostri-crimini-di-guerra-restano-impuniti/
Link: http://www.losai.eu/10-anni-dopo-linvasione-gli-usa-hanno-distrutto-liraq-ma-i-nostri-crimini-di-guerra-restano-impuniti/
Fonte: visto su NOCENSURA
di lunedì 25 marzo 2013
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Monolandia,
Società e politica internazionale
E' MORTO ENZO JANNACCI, GENIO DELLA CANZONE. "BUON VIAGGIO POETA"
Cantautore e cabarettista, protagonista della musica
italiana, si è spento a Milano a 78 anni
Il mondo della musica piange uno dei suoi più grandi
protagonisti, Enzo Jannacci. Cantautore, cabarettista, tra i
protagonisti della scena italiana, si è spento a Milano all'età di 78 anni.
Autore di canzoni entrate nella cultura popolare come "Vengo anch'io,
no tu no" e "Quelli che", è stato anche medico cardiologo,
attività che non ha mai voluto lasciare anche dopo il successo discografico.
Malato da tempo di cancro, negli ultimi giorni era stato
ricoverato in ospedale dopo un repentino peggioramento delle sue condizioni.
Con lui, al momento della scomparsa nella clinica Columbus, c'era tutta la
famiglia.
Una carriera non solo di musica - Milanese convinto,
si può considerare tra i caposcuola del cabaret italiano, ma è stato anche
autore di quasi trenta album, di varie colonne sonore ed ha lavorato per il
teatro, il cinema e la tv. E' ricordato come uno dei pionieri del rock and roll
italiano, insieme ad Adriano Celentano, Luigi Tenco, Little Tony e Giorgio
Gaber, con il quale formò un sodalizio durato più di quarant'anni. Dopo gli
studi classici si era laureato in medicina per lavorare poi in Sudafrica e poi
negli Stati Uniti.
Gli anni d'oro di "Vengo anch'io, no tu no" -
I suoi primi compagni di viaggio sono Tony Dallara, Celentano e poi Giorgio
Gaber con il quale forma il duo "I due corsari", che debutta nel
1959. Ma prosegue parallela la sua carriera di solista e quella di autore, tanto
che Luigi Tenco sceglie una della sue canzoni, Passaggio a livello, e la
pubblica nel 1961. Lavora con Sergio Endrigo, Dario Fo, Sandro Ciotti. Poi la
grande popolarità arriva con il surreale "Vengo anch'io, no tu no"
che lo porterà alla ribalta in tv. Ma sarà spesso anche in teatro e non
disdegnerà apparizioni in film di grandi registi come Ferreri, Wertmuller, né
di esercitarsi come compositore di colonne sonore come fece per Mario
Monicelli.
L'ultima apparizione in tv da Fazio - Dopo un periodo
di oblio all'inizio degli anni '80 torna alla ribalta tanto che incide un disco
come "Ci vuole orecchio". Nel 1994 si presenta per la terza volta al
Festival di Sanremo in coppia con Paolo Rossi con il brano I soliti accordi,
insolitamente dissacrante per la manifestazione. Tra un album e l'altro, poi
nel 2000 torna a lavorare infine con Cochi e Renato, altra storica coppia con
cui ha collaborato a lungo, per Nebbia in val Padana. Oramai la tv lo celebra,
come fa il 19 dicembre 2011 Fabio Fazio che conduce uno speciale su di lui in
cui amici di lungo corso lo omaggiano interpretando suoi brani. Enzo Jannacci
compare nell'ultima parte dell'evento cantando due sue canzoni.
ENZO JANNACCI, MEZZO SECOLO DI
SUCCESSI. LE GRANDI CANZONI
DELL'INDIMENTICABILE AUTORE MILANESE
Dai primi dischi dei "Due Corsari" (e il secondo
era un tale Giorgio Gaber) ai successi degli anni '60 e '70, fino alle canzoni
ormai di grande autore maturo e riconosciuto degli '80 e dei '90. Enzo
Jannacci, in oltre 50 anni di carriera, ha regalato ai suoi fan e a tutti gli
ascoltatori italiani canzoni indimenticabili, caratterizzate da un mix
irripetibile di ironia, poesia, melodia. Questa una carrellata dei pezzi della
sua carriera solista, iniziata nel 1964 con la famosissima "El purtava i
scarp del tennis" (Jannacci, tra l'altro, ha il grande merito di avere
reso "cantabile" in tutta Italia il dialetto milanese) che, insieme a
tanti altri, rimarranno.
1964 - El portava i scarp del tennis
1964 - T'ho compraa i calzett de seda
1964 - L'Armando
1964 - Ma mi
1966 - Faceva il palo
1967 - Vengo anch'io. No, tu no
1968 - Ho visto un re
1970 - Mexico e nuvole
1972 - Ragazzo padre
1974 - Vincenzina e la fabbrica
1975 - El me indiriss
1976 - Rido
1976 - Vivere
1977 - Saxophone
1979 - Io e te
1979 - Bartali
1980 - Ci vuole orecchio
1980 - Silvano
1983 - Linea bianca
1985 - Son s'cioppàa
1985 - L'importante è esagerare
1985 - Mi-mi-la-lan!
1989 - Se me lo dicevi prima
1991 - La fotografia
1991 - La fine della storia
1994 - I soliti accordi
1998 - Quando un musicista ride
1998 - Quelli che... il calcio
Fonte: visto su TGCON 24 del 29 marzo 2013
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Personaggi
CASALEGGIO E IL PENSIERO MASSONICO
di Roberto Dal Bosco
Chi è Casaleggio? In cosa crede? A cosa si ispirano
le sue complicate teorie? Esistono dei legami con la massoneria? Nel giorno in
cui Panorama lancia la sua inchiesta sul guru di M5S La Nuova Bussola dà la sua
interpretazione.
Chi è davvero Gianroberto Casaleggio? Quali segreti nasconde
nella sua vita trascorsa il «guru» informatico di Beppe Grillo? In che cosa
crede? Un’approfondita inchiesta, cui il settimanale Panorama dedica la
copertina del numero in edicola da domani, giovedì 28 marzo, rivela nei
dettagli un Casaleggio del tutto inedito: le due mogli, i due figli, le case,
l’auto… Particolarmente interessanti sono i rapporti di Casaleggio con Giuliano Di Bernardo, già gran maestro
del Grande oriente d’Italia e fondatore della Gran loggia regolare, massima
autorità sulla e nella massoneria italiana. Con Panorama Di Bernardo sottolinea
il comune sentire che lo lega a Casaleggio: «La sua visione e la mia sono molto
simili» dice Di Bernardo.
Ancora una volta, torniamo a Gaia, l’oramai famoso video
programmatico della Casaleggio Associati sul futuro dell’umanità. Qui, come
ribadito più volte, si prefigura una guerra totale con l’Est del mondo, dove –
secondo il guru – internet non è libera. Una guerra, precisa la clip, che sarà
batteriologica.
In risultato di questa si avrà la riduzione della
popolazione terrestre a un miliardo appena di persone, che quindi saranno per
forza di cose portate a realizzare finalmente la democrazia elettronica e
quindi la pace perpetua, in un nuovo Eden sostenuto dall’intelligenza
informatica collettiva: evento, che, come riportato in un articolo precedente,
accadrà al centesimo compleanno del guru Gianroberto Casaleggio.
Quando si tratta di Casaleggio, fate sempre attenzione ai
numeri: quel miliardo di sopravvissuti di cui si parla nel video, non è una
cifra a caso, buttata lì per dare un effetto di shock a questo racconto
fantascientifico. È un numero preciso.
L’ultima volta che il mondo contava una simile cifra di viventi,
fu a fine Settecento, periodo in cui nacquero i lumi e le democrazie create
dalla Rivoluzione Americana e soprattutto Francese (secondo la battuta di un
popolare comico calvo, il Settecento è anche l’epoca da cui viene la
capigliatura del Casaleggio). Far
rientrare la popolazione totale ad un miliardo di persone è la meta di
moltissimo del pensiero antinatalista dell’ultimo mezzo secolo. Basti pensare a John Holdren, fisico che è stato advisor scientifico di Clinton e
che tuttora lo è di Obama: in Ecoscience, un suo saggio scritto nel 1977 con
l’entomologo inventore della teoria della “bomba demografica” Paul Ehrlich, Holdren discute delle
soluzioni per la futura sovrappopolazione, indicando come buone opzioni
l’aborto forzato e la sterilizzazione coatta, ottenuta diffondendo sostanze
sterilizzanti nell’acqua di rubinetto.
Holdren, come Casaleggio e Grillo, ha anche lui delle
visioni catastrofiche per il futuro: nel 2020 un cambiamento climatico –
ovviamente prodotto dall’uomo – che porterà una nuova era glaciale ucciderà
almeno un miliardo di persone. Per quanto le teorie di Holdren siano tuttora
ascoltate in ambienti governativi di altissimo livello, è con probabilità
un’altra la genealogia dell’idea supercastrofica del guru a 5 stelle. Chi ha
seguito il gran finale della campagna di Grillo avrà notato che Grillo, al
presentarlo, ha tirato in ballo – in una goffa excusatio non petita – le accuse
rivolte a Casaleggio su una sua affiliazione con la mega-banca J.P. Morgan, la
quale è concretamente connessa con la Casaleggio Associati attraverso la
società Enamics.
Ebbene, la J.P. Morgan Chase altro non è che un ramo
della multinazionale Rockefeller Group. La questione non è da poco, perché ad
oggi, tra i fautori principali delle teorie di “limiti dello sviluppo” e della
necessità della depopolazione (da cui poi sono derivati ecologismo, veganesimo,
teorie della “sostenibilità” etc.) vi sono stati, gradualmente in modo sempre
più aperto, i Rockefeller.
«L’impatto negativo della crescita della popolazione nel
nostro ecosistema sta diventando terribilmente evidente» dice in un video
reperibile su YouTube David Rockefeller,
le cui fortune, peraltro, venivano essenzialmente dal petrolio.
I Rockefeller, con l’aiuto degli Agnelli furono grandi
finanziatori del misterioso torinese Aurelio
Peccei, uomo dalle molte entrature in Europa e nelle Americhe. Il Peccei,
introdottosi nella cultura della sovrappopolazione, ebbe ad esprimersi sul tema
in modo non esattamente “filantropico”: «perché dovrei preoccuparmi del fatto
di quanti muoiono? Anche la Bibbia Cristiana dice: perché mai Dio dovrebbe
preoccuparsi di lui. Per me gli uomini non sono altro che un cervello ad una
estremità e una fabbrica di merda dall’altra».
Con questa bella lucidità, Peccei istituì a fine anni Sessanta
Club di Roma, il think thank dei potenti della terra (ne fanno oggi parte la
Regina Beatrice d’Olanda, Javier Solana, Mikhail Gorbachev, e moltissimi altri)
che commissionò al prestigioso Massachusetts Institute of Technology lo studio
chiamato Limits to Growth (1972), documento da cui sfociarono tutte le teorie
della decrescita egli ecologismi aggressivi che sono ora lo sfondo naturale del
magma grillino.
Il Club di Roma, tuttora attivo e che anzi ha raddoppiato
con l’istituzione del TT30 (la sezione giovanile del consesso), nella sua pubblicazione
Goals For Mankind (1977) affermava che
«l’ideale sostenibile della popolazione è più di 500 milioni di individui, ma
meno di un miliardo». Ecco trovata la quota di umanità che Casaleggio vuol
trovare dopo la guerra totale tra l’Occidente con internet libero e l’Oriente
cattivo. Un numero che Casaleggio può avere origliato con le sue frequentazione
con i poteri fortissimi – i clienti di Enamics – o dal socio della Casaleggio
Assocciati Enrico Sassoon, uomo della Camera di Commercio americana in Italia
nonché membro dell’Aspen Institute, che ricordiamo, è un’organizzazione
finanziata dalla Carnegie Foundation, dalla Ford Foundation e – sorpresa – dal
Rockefeller Brothers Fund.
Ricordiamo, en passant, che i Rockefeller furono
anche i primi generosi finanziatori di Margaret
Sanger, la creatrice di Planned Parenthood: ossia l’ente che promuove ed
effettua materialmente l’aborto a livello mondiale.
Il denatalismo di Casaleggio è però ancora più estremo,
perché per arrivare al fine della decrescita umana scavalca persino la
contraccezione e l’infanticidio e immagina direttamente l’eliminazione della
maggior parte dell’umanità per via della guerra batteriologica: anche questa
non è una idea originale, origliabile in quegli ambienti di cui abbiamo scritto
più sopra.
Vale la pena di andarsi a rileggere Lord Bertrand Russel
(con Aldous Huxley, un frequentatore di molte conventicole affini alle
sopracitate) che ne L’impatto della scienza sulla società (1951) scriveva:
«Tempi oscuri necessitano di mezzi straordinari (…) Nel
presente la popolazione mondiale sta aumentando di 58.000 unità al giorno.
La guerra, al momento, non ha avuto un grande effetto su questa crescita, che è
continuata attraverso le guerre mondiali (…) la guerra rispetto a questo è
stata deludente (…) forse la guerra batteriologica può provare di essere più
effettiva. Se una Morte Nera potesse spargersi per il mondo una volta ad ogni
generazione, i sopravvissuti potrebbero procreare liberamente senza rendere il
mondo troppo pieno (…) questo stato delle cose può essere spiacevole, ma che
dire? Le persone con un alta mente sono indifferenti alla sofferenza,
specialmente quella degli altri».
Voilà, vediamo più nitidamente da dove deriva il sogno
bellico-batterico di cui parla il fondatore del Movimento 5 Stelle, voilà la
base mostruosamente oligarchica ed elitista che ne informa l’ideologia: la
Guida della Rivoluzione, l’uomo superiore, deve essere insensibile alle
sofferenza dei miliardi di uomini, che vanno eliminati per assicurare il
proprio ideale di equilibrio del pianeta.
Siamo all’esatto
contrario dell’uomo che si sacrifica per il suo prossimo, che prende su di sé
il dolore dell’altro e il proprio, come da fondamento cristiano; al contempo
non siamo invece molto distanti dalle fantasie – poi diventate pratiche – di un
Hitler o di un Pol Pot. Si tratta, per chiamarle con il loro nome, di teorie
genocide.
È quindi urgente denunciare come alla base del M5S vi
sia una cultura realmente anti-umana, ostile alla dignità della persona, alla
Vita, nel modo più tetro ed assoluto. Si tratta di dire, e con forza, che il
Movimento 5 Stelle è concretamente una proiezione politica della Cultura della
Morte: forse, a livello mondiale, è la sua realizzazione parlamentare più
boriosa e disinibita, in cui i deliri di annientamento dell’uomo sono
oscenamente slatentizzati.
Fonte: visto su La
Nuova Bussola Quotidiana del 28 marzo 2013
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