lunedì 30 luglio 2012
MEDITARE FA BENE
Rafforza il sistema immunitario, previene le malattie, combatte la depressione e attiva il cervello. Non lo dice qualche guru New Age, ma una ricerca dell’università di San Francisco sul cromosoma
Forse non ci salverà l’anima, ma promette di allungarci la
vita e modificare i geni responsabili di molte malattie. La new age non
c’entra. A essere sotto esame oggi sono i benefici molto terreni che si possono
ottenere con l’antica pratica della meditazione. Lo dimostra, innanzitutto, uno
studio realizzato dall’Università di San Francisco. Che mette d’accordo scienza
e tradizione, visto che può contare sull’endorsement del Dalai Lama e di
Elisabeth Blackburn, premio Nobel per la medicina nel 2009 per i suoi studi sui
telomeri, i cappucci di materiale
genetico posti in cima ai cromosomi la cui lunghezza è collegata
all’invecchiamento.
Ed è proprio sui telomeri che agisce la meditazione: i
ricercatori hanno ingaggiato un maestro e gli hanno chiesto di insegnare la
pratica a dei volontari; il protocollo prevedeva due sessioni di gruppo e sei
ore di meditazione individuale al giorno per tre mesi. Alla fine, coloro che
avevano seguito le indicazioni del maestro avevano un livello di telomerasi
(l’enzima che ricostruisce i telomeri quando questi si accorciano) del 30 per
cento superiore a quello misurato in 30 volontari sani e simili per età, sesso
e condizioni di salute.
Come ricordano gli autori su “Psychoneuroendocrinology”, la
misurazione della telomerasi è un indice certo e assai preciso, e lo studio
mostra che l’antica pratica orientale rallenta di fatto il processo di
invecchiamento. E lo fa agendo sul cervello dove induce reazioni capaci di
aiutare a gestire lo stress e a capitalizzare le sensazioni di benessere. Tanto
che alcuni ricercatori sostengono che la meditazione attivi una naturale
tendenza del nostro organismo al rilassamento, insomma l’esatto opposto della
classica reazione alla base del meccanismo dello stress, che, invece, accorcia
la vita.
Una ulteriore conferma arriva da uno studio realizzato in
collaborazione dal Massachusetts General Hospital e dal centro di genomica del
Beth Israel Deaconess Medical Center, che mostra come la meditazione
modifichi l’attività di geni collegati con l’infiammazione, la morte cellulare
e il controllo dei radicali liberi responsabili di molti danni al Dna. E
quindi, ancora una volta a rallentare l’invecchiamento, e a farlo con una
rapidità insospettabile per una pratica così “soft”: due mesi di pratica
bastano a modificare circa 1.500 geni. “Abbiamo visto che agire sull’attività
della mente può alterare il modo in cui il nostro organismo attiva istruzioni
genetiche fondamentali”, spiega Herbert
Benson, uno dei responsabili della ricerca.
Neuroni di ricambio
Mentre genetisti e biologi molecolari indagano come è
possibile che la meditazione allunghi la vita, molte altre conoscenze si
accumulano su come, d’altro canto, possa modificare la struttura del nostro
cervello. “Abbiamo visto che diverse pratiche di meditazione attivano aree
diverse nel cervello”, spiega Antonino Raffone del dipartimento di Psicologia
dell’Università di Roma La Sapienza. Lo conferma uno studio da poco pubblicato
su “Brain Research Bulletin” e nato da una collaborazione tra Raffone e
Antonietta Manna, ricercatrice all’Itab di Chieti. Studi successivi, di cui
sono già disponibili i primi risultati, confermano gli effetti della
meditazione sulla plasticità del cervello. “Sappiamo che poche settimane di
meditazione bastano ad ottenere cambiamenti importanti”, spiega Raffone, “con
altrettanti importanti benefici: contribuisce a sviluppare aree della corteccia
cerebrale legate all’attenzione e all’elaborazione visiva e uditiva”.
Insomma ci aiuta a essere più attenti all’ambiente che ci circonda, rafforzando
la plasticità cerebrale e riducendo i danni legati all’età. E non c’è bisogno
di ritirarsi in un monastero: un recente studio dell’università di Wake Forest
a Winston-Salem mostra che quattro giorni di pratica meditativa possono essere
sufficienti a renderci più lucidi e attenti.
Più forza al sistema immunitario
Diversi studi mostrano con chiarezza che la meditazione
riesce a modulare l’attività del sistema immunitario. Come spiega Francesco
Bottaccioli, presidente onorario della Società italiana di
Psiconeuroendocrinoimmunologia e autore di “Mente Inquieta”, manuale di
meditazione edito da Tecniche Nuove: “La meditazione mette l’organismo in
condizione di reagire con efficacia alle aggressioni, ma evitando pericolosi
eccessi di infiammazione”. Lo conferma uno studio su donne malate di tumore
al seno pubblicato dalla rivista “Brain Behaviour and Immunity”: si è visto che
le donne che avevano imparato a meditare avevano livelli di cortisolo
decisamente più bassi delle altre e riuscivano a recuperare in breve tempo un
profilo immunitario analogo a quello di una persona sana. Altri studi mostrano
che la meditazione aiuta i malati di cancro a tenere sotto controllo ansia e
stress. In particolare, un gruppo di ricercatori dell’università del Wisconsin
ha preso in esame 43 studi, arrivando alla conclusione che la meditazione può
aiutare a i malati di cancro a combattere l’insonnia ma anche la cosiddetta
“fatigue”, la spossatezza che è un effetto collaterale di molte terapie.
Io non ho paura
I risultati più rivoluzionari sono forse quelli ottenuti nel
controllo del dolore. Lo conferma uno studio recentissimo realizzato
dall’Università di Montreal e pubblicato dalla rivista “Pain”, secondo il quale
la meditazione Zen riduce la sensibilità al dolore. E lo fa in modo
particolarmente sofisticato: la risonanza magnetica mostra che la meditazione
interrompe le comunicazioni tra le aree del cervello deputate alla ricezione
del dolore e quelle legate alla percezione della sensazione dolorosa, come
l’amidgala, l’ippocampo e la corteccia prefrontale. “In pratica chi medita
mantiene, e persino aumenta, la capacità di percepire il dolore, ma è in grado
di escludere l’interpretazione del vissuto soggettivo, e quindi la sofferenza“,
spiega Bottaccioli. E sottolinea un dato che potrebbe avere implicazioni
importanti per chi soffre di dolore cronico. Un altro studio pubblicato sulla
stessa rivista indica che la pratica di una meditazione Yoga può contribuire ad
attenuare i sintomi della fibromialgia, un disturbo caratterizzato da dolore
muscolo scheletrico cronico.
Non solo Prozac
A confermare l’effetto della meditazione come
antidepressivo è uno studio pubblicato dall’autorevole “Archives of General
Psychiatry”: un gruppo di pazienti in cura per depressione è stato trattato con
farmaci fino alla scomparsa dei sintomi. A quel punto il gruppo è stato diviso
in tre: alcuni pazienti hanno cominciato a praticare una terapia cognitiva basata
sulla meditazione mindfulness, finalizzata al controllo delle emozioni, mentre
altri hanno continuato ad assumere il farmaco oppure un placebo. Dopo 18 mesi,
si è visto che meditazione e farmaci risultavano altrettanto efficaci nel
contenere le ricadute, limitate al 30 per cento dei pazienti rispetto al 70 di
chi aveva assunto il placebo. Grazie alla meditazione, insomma, sembra
possibile far durare nel tempo i risultati ottenuti con i farmaci, venendo
incontro alle esigenze dei molti che non vogliono prolungare la terapia, e
possono essere a rischio di ricadute. “Sappiamo che la meditazione consente di
regolare le emozioni, osservandole con un certo distacco senza esserne
sopraffatti”, spiega Raffone.
Altri studi mostrano che praticare aiuta a controllare gli
stati emozionali estremi, in particolare la paura, agendo sull’attività
dell’amigdala. E che ha un effetto non solo sui sintomi ansioso depressivi ma
anche sui livelli ormonali legati agli effetti fisiologici dello stress. “E’
quanto è emerso da uno studio organizzato in collaborazione con l’Università di
Ancona sugli operatori sanitari che partecipano ai nostri corsi”, racconta
Bottaccioli: “Abbiamo visto che con la pratica della meditazione i livelli di
cortisolo si sono praticamente dimezzati tra l’inizio e la fine del corso”.
MEDITAZIONE:
OSSERVAZIONE CONSAPEVOLE
Quanto é importante la meditazione? E soprattutto, come
si svolge? Ebbene credo che la meditazione sia sottovalutata in tutti i suoi
aspetti e non sappiamo cosa davvero significhi “meditare”. Mi ricordo di
aver letto in un libro di Osho che l’atto della meditazione può avvenire anche
mentre spazziamo il pavimento. Si, perché per meditare é sufficiente essere
consapevoli e presenti nell’atto che stiamo eseguendo, nel “qui-e-ora”. Ecco un
breve passo di Osho:
“La meditazione è solo una tecnica per raggiungere lo
stato dell’estasi, lo stato di ebbrezza divina. E’ una tecnica semplice,
ma la mente la rende molto complicata. La mente deve renderla molto
complicata e difficile, in quanto le due realtà non possono coesistere.
La meditazione è la morte della mente; naturalmente, la mente si oppone ad ogni
sforzo teso verso la meditazione.
L’osservazione è la chiave della meditazione. Osserva
la tua mente. Non fare nulla. Limitati a osservare qualsiasi cosa faccia la
mente. Non disturbarla, non prevenirla, non reprimerla; non fare assolutamente
niente in prima persona. Limitati a essere un osservatore. E il
miracolo dell’osservare, è meditazione.
Allorché ti limiti a osservare, pian piano la mente si
svuota di pensieri. Ma non ti addormenti, al contrario divieni più sveglio, più
consapevole. E con lo svuotarsi della mente, la tua energia diviene una
fiamma di risveglio. Allorché la mente è assolutamente assente – se n’è andata
del tutto, e non la riesci più a trovare da nessuna parte – per la prima volta,
diventi consapevole di te stesso, perché la stessa energia che era assorbita
dalla mente, non trovandola più, si ribalta su se stessa.
Grazie all’osservazione, la mente e i pensieri scompaiono. E
il momento più estatico, si ha quando ti ritrovi pienamente all’erta, senza che
esista in te un singolo pensiero… ma solo il cielo silente del tuo essere
interiore.
Questo è il momento in cui l’energia si volge all’interno:
questa inversione è improvvisa, è repentina! E quando l’energia si volge
all’interno, porta con sé una gioia infinita. Quando la meditazione ritorna
alla propria sorgente, esplode in una gioia immensa. Questa gioia, nel suo
stadio supremo, è illuminazione. [OSHO]
UNA TECNICA MOLTO
SEMPLICE DI MEDITAZIONE
Lasciando da parte tutte le vostre preoccupazioni, le vostre
tensioni,
sedetevi sul pavimento a gambe incrociate, in posizione comoda,
cercando
tuttavia di mantenere la schiena ben eretta.
Oppure, se ciò vi è difficile, sedete su una semplice sedia,
sempre con la
spina dorsale ben eretta
Restate con gli occhi chiusi, il più possibile immobili, ma
rilassati.
Una volta che il corpo é sistemato al punto da non darvi più
disturbo,
potete iniziare fissando l’attenzione sui rumori che vi giungono da
lontano,
dall’esterno, rispetto alla stanza dove vi trovate.
Così, senza fretta… per qualche minuto.
Quindi restringete il campo di percezione della vostra coscienza
alla
dimensione della stanza.
Percepite le pareti, il soffitto, il pavimento, gli oggetti
presenti vicini
a voi.
Poi, percepite voi stessi seduti in meditazione, nella
posizione in cui vi
trovate… il vostro corpo, la vostra esistenza fisica.
Decontraetevi e lasciatevi pervadere dalla calma e dalla
serenità.
Noterete che appena avrete avuto successo in questo senso il
respiro si farà
più lento; ma, anche più evidente.
Allora, con dolcezza, convogliate tutta la vostra attenzione
su di esso. In
un certo senso monodirezionate la concentrazione.
Ora siete certi di essere con la vostra consapevolezza nel
presente. Nel
‘qui e ora’.
Quello che state sperimentando é uno stato di coscienza, uno
stato
dell’essere. Avete preso dimora nella vostra coscienza e vi rimanete,
con
naturalezza e piacere, fin che vi sarà possibile.
Se qualche pensiero si presenta, osservatelo pure; ma, non
lasciatevi
coinvolgere.
Allenatevi al distacco, rispetto alla attività
emotiva della vostra mente.
Devitalizzate i pensieri semplicemente spogliandoli
del loro aspetto
emotivo. In questo modo rimarranno utili nella vostra memoria
solo come una
esperienza; ma, non vi disturberanno più.
Quando deciderete di terminare dovrete farlo gradualmente,
compiendo il
percorso opposto rispetto all’inizio muovendo con calma la
concentrazione
dal centro del vostro essere alla periferia fino a che non
riprenderete
coscienza del vostro corpo fisico e dei rumori che vi giungono
dall’esterno.
Sciogliete la posizione lentamente.
Tenete presente che una meditazione prolungata porta il
battito cardiaco e
la pressione a livelli molto bassi e per conseguenza sarebbe
scioccante un
risveglio troppo repentino.
nb: Il
suono del telefono o qualsiasi altro rumore, durante la meditazione
profonda,
può procurarvi un tuffo al cuore. Per questo bisogna essere
attenti
nell’organizzare il luogo e le giuste condizioni per la pratica.
venerdì 27 luglio 2012
DANILO QUINTO: COSI' IL LUCIFERINO PANNELLA E' RIUSCITO A RUBARMI LA VITA”
Danilo Quinto si converte e
subito viene trasformato in impostore: “Ho portato 45 milioni di euro in 10
anni: vi racconto come li sperperava”
di Stefano Lorenzetto
Il re è nudo. Nudo come
quella volta che ricevette un attonito Gaetano Quagliariello, facendosi trovare
in ammollo nella vasca da bagno a piagnucolare: «Vorresti dimetterti proprio ora e lasciarmi così? Non ti rendi conto
del dolore che mi dai?», e l’attuale senatore del Pdl non riuscì a dire
nulla, «capii solo che dovevo sottrarmi e
scappare», avrebbe confessato anni dopo.
È devastante il ritratto di
Marco Pannella che esce dalle 208 pagine del libro Da servo di Pannella a figlio libero di Dio, scritto da Danilo Quinto, per dieci anni tesoriere
del Partito radicale, edito da Fede & Cultura e dedicato alla «più formidabile macchina mangiasoldi della
partitocrazia italiana», così il sottotitolo, «una famiglia allargata dove tutto ciò che era privato diveniva anche
pubblico, dove ci si accoppiava e ci si cornificava fra di noi, dove il massimo
della gratificazione era salutare Pannella baciandolo sulle labbra quando si
presentava alle riunioni mano nella mano con l’ultimo dei suoi fidanzati
ventenni e lo imponeva come futuro dirigente o parlamentare». Anche Quinto
a un certo punto della propria vita ha capito che doveva svincolarsi
dall’abbraccio soffocante del suo attempato pigmalione e fuggire.
Alla fine c’è riuscito. Ma a
che prezzo: «Tre gradi di giudizio nel
tempo record di quattro anni, con una sentenza della Cassazione che, pur
riducendomi la pena di oltre la metà e concedendomi il beneficio della non
menzione, mi condanna a 10 mesi per appropriazione indebita, consentendo a
Pannella di darmi pubblicamente dell’impostore, dell’estorsore e del
millantatore. Peggio di Luigi Lusi, insomma».
Il leader radicale dimentica
di aggiungere che dev’essere anche un vero cretino, questo Quinto, che dal 1995
al 2005 ha procurato al partito finanziamenti per ben 45 milioni di euro, ne ha
maneggiati 19.651.357 di entrate e 20.976.086 di uscite, eppure si sarebbe
degnato di mettersi in tasca solo un misero 0,32% di questo fiume di denaro,
cioè 206.089,23 euro, «spese effettuate
con la carta di credito, facenti parte del mio stipendio, sulle quali ho
persino pagato le tasse, tutte regolarmente contabilizzate, oggetto di ricevute
e dichiarate nei bilanci approvati dai vari congressi», ma sulle quali la
magistratura in primo grado ha evitato di ordinare una perizia nonostante
l’imputato non si rifugiasse nella prescrizione, e sarebbe arrivato a
sgraffignare l’astronomica somma di 2.151,77 euro nell’ultimo anno in cui era
in carica, e oggi è costretto a vivere della sua povertà: «Non possiedo una
casa e neppure un’auto, non ho un conto corrente, sono indebitato fino al
collo, ho dovuto abbandonare Roma e rifugiarmi nella natia Bari, mantengo la
famiglia con un contratto a progetto da 1.200 euro al mese che scadrà il 31
dicembre, non avrò mai diritto alla pensione».
Peccato che Pannella si sia
accorto solo dopo vent’anni che il suo collaboratore di fiducia era «un impostore dedito ad attività truffaldina»,
nonostante la conclamata bravura nel reperire tutti i mesi i soldi per pagare
gli stipendi ai 150 dipendenti del Partito radicale. Una resipiscenza
sopraggiunta peraltro solo il giorno in cui Quinto ha avviato una causa per
vedersi riconosciuto dai giudici il dovuto, e cioè 6 milioni di euro, poi
ridotti a 2: «Vent’anni di lavoro
occasionale per 13-14 ore al giorno, senza contratto, senza contributi versati
all’Inps, senza ferie, con presenza in sede anche il sabato, la domenica, a
Natale, a Capodanno, a Pasqua. Aggiunga il mancato riconoscimento del rapporto
subordinato, il mancato adeguamento dello stipendio al ruolo dirigenziale e la
mancata corresponsione del Tfr». La causa è pendente davanti alla Corte
d’appello di Roma.
Quinto, 56 anni, giornalista,
un esame mancante alla laurea in giurisprudenza, s’è persuaso che il re nudo
sia la personificazione di Satana e assicura d’averne avuto una controprova il
giorno in cui, dimessosi dall’incarico di tesoriere, andò a ritirare le sue
poche cose nella storica sede romana dei radicali, in via di Torre Argentina,
dove ha lavorato, ma sarebbe più esatto dire vissuto, dal 1987: «Mi ero fatto accompagnare da padre Francesco
Rivera, un esorcista. All’uscita mi disse: Sai, Danilo, ho avvertito molto
forte la presenza del diavolo in quelle stanze. Ringrazia Dio che ti ha salvato».
La salvezza s’è presentata a
Quinto con le sembianze di Lydia
Tamburrino, un soprano originaria di Cassino cresciuta alla scuola di
Franco Corelli, Placido Domingo e Montserrat Caballé, una credente dalla fede
adamantina che l’allora tesoriere del Pr conobbe in una villa sull’Appia
Antica, a una proiezione privata del film Diario di Matilde Manzoni di Lino
Capolicchio, regista col quale la cantante lirica aveva esordito a Lucca in
Bohème. «Fu un colpo di fulmine. Quando
annunciai a Pannella che stavo per sposarmi, ammutolì. Come osavo? Non avevo
chiesto il suo permesso! È una che conosciamo?, borbottò. Alla mia risposta,
commentò con tono di scherno: Ah, allora potrà fare degli spettacoli per noi.
Da quel despota che è, già considerava anche Lydia di sua proprietà. Non credo
proprio, lo raffreddai. Lì cominciò la guerra per annientarmi».
Profumo d’incenso e odore di
zolfo, si sa, non vanno d’accordo. Forse Pannella aveva fiutato il pericolo che
quella donna incarnava. Infatti sarebbe stata lei a convincere il marito che
non doveva più lavorare per il Partito radicale, a farlo riaccostare alla
confessione dopo 30 anni, a riportarlo a messa tutte le domeniche. «Al nostro matrimonio religioso non venne
nessuno degli amici con i quali avevo condiviso un ventennio di vita, a parte
l’ex segretario Sergio Stanzani, che si presentò all’aperitivo e solo per un
quarto d’ora».
Avrà temuto le ire del capo. «Sergio era succube di Pannella. Quando nel
1995 fu deciso che gli esponenti radicali dovevano denudarsi pubblicamente al
teatro Flaiano di Roma, era terrorizzato: Se non lo faccio, Marco non mi
candiderà alle prossime elezioni. Gli consigliai di andarsene in vacanza per
evitare il ricatto. Ma il richiamo manipolativo del capo era troppo forte. Che
tristezza vedere un uomo di 72 anni nudo in palcoscenico contro la sua volontà,
con le mani sul pene, rannicchiato dietro un albero stilizzato. Se ci pensa
bene, il corpo è al centro di tutta l’ideologia pannelliana, che vuole decidere
come disporne e decretarne la morte, come garantirne la trasformazione nel
corso della vita per assecondare le più disparate identità sessuali, come
abusarne con sostanze che lo devastano. In una parola, non rispettarlo,
consumarlo».
I digiuni estremi bene non
fanno. «Estremi ma furbi. Il suo medico
di fiducia mi svelò che quando Pannella decise di bere la propria urina davanti
alle telecamere del Tg2, la sera prima la fece bollire e conservare in frigo
per attenuarne il sapore».
In compenso nel 2002 persino
il presidente della Repubblica si preoccupò delle condizioni di salute del guru
e chiamò in diretta Buona domenica per indurlo a sospendere lo sciopero della
sete. «Povero Carlo Azeglio Ciampi!
Conservo il nastro di una riunione di partito – c’era questa mania di far
registrare tutto, degna del Kgb – in cui Pannella gli dà della testa di cazzo.
Un déjà vu. Marco è stato il grande elettore di Oscar Luigi Scalfaro al
Quirinale, salvo definirlo don Rodrigo, eversore e fuorilegge quattro anni
dopo, invitandolo a fare un passo indietro, fino al limite della galera».
Se è per quello, costrinse
con accuse false il povero Giovanni Leone alle dimissioni e poi andò a
chiedergli scusa poco prima che morisse. «Ora
coccola Giorgio Napolitano e ne loda la davvero straordinaria, quotidiana,
pubblica, sapiente opera e fatica. Però
negli ultimi giorni ha cambiato musica. Siccome, stando a Italia Oggi, il mio
libro avrebbe stoppato la campagna per la sua nomina a senatore a vita, si
lamenta a Radio Radicale perché il capo dello Stato non è un liberale, è un ex
comunista di cultura togliattiana. Lui fa sempre così: quando vuole ottenere
qualcosa, minaccia».
Pannella è iscritto alla
massoneria? «Non penso. Però mantiene con
essa rapporti strettissimi. Del resto Giorgio Gaber nel monologo L’abitudine
diceva: Io, se fossi Licio Gelli, mi presenterei nelle liste del Partito
Radicale. Il capo della P2 fu sul punto d’essere candidato dal Pr come una
qualsiasi Cicciolina. A questo scopo suo figlio Maurizio ebbe una serie
d’incontri con Pannella in un albergo romano di via Veneto. Posso testimoniare
che Gelli junior è stato un grande finanziatore del partito».
Che altro può testimoniare?«Che Radio Radicale ripianava i debiti della
Lista Pannella col denaro ricevuto dallo Stato. Non poteva farlo, era contro la
legge. Con una convenzione ad hoc e senza gara d’appalto, Radio Radicale dal
1998 incassa 10 milioni di euro l’anno per mandare in onda le sedute
parlamentari che potrebbero essere trasmesse gratis dalla Rai. In più la legge
sull’editoria le garantisce altri 4,3 milioni di euro in quanto organo della
Lista Pannella, che peraltro non ha eletti in Parlamento. Ho denunciato tutto
questo allo stesso procuratore della Repubblica che mi ha rinviato a giudizio.
A tutt’oggi non mi è stata neppure comunicata l’archiviazione dell’esposto. Come se non l’avessi mai presentato».
Perché i radicali erano indebitati?«Pannella spende patrimoni per le sue
carnevalate. La sola campagna Emma for president del 1999 per candidare la
Bonino al Quirinale ci costò 1,5 miliardi di lire. All’annuncio che Marco
voleva la sua cocca sul Colle, lei svenne o fece finta di svenire, non s’è mai
capito bene, durante una riunione notturna in un albergo di Monastier, nel
Veneto. Ha sperperato un mare di quattrini nel disegno megalomane e
fallimentare del Partito Transnazionale, che aveva 20 sedi nel mondo, da Baku,
nell’Azerbaigian, a New York, dove mi spedì a lavorare per sei mesi. Fu lì che
vidi i solidissimi rapporti esistenti fra la Bonino, frequentatrice con Mario
Monti del Gruppo Bilderberg, e lo spregiudicato finanziere George Soros, il
quale nel 1999 prestò un miliardo di lire ai radicali. E fu lì che lessi il fax
inviato da Pannella alla stessa Bonino quando la fece nominare commissaria
europea nel 1994: Cara principessa, ora tutti s’inchineranno ai tuoi piedi».
Oltre che spendaccione, che
tipo è Pannella? «Un pusillanime.
Nell’ultimo colloquio che abbiamo avuto, teneva gli occhi bassi. Riaffermando
la mia fede cristiana, riconquistavo la libertà, e questo gli metteva paura.
Pur sapendo quale vendetta mi attendeva, ho provato molta pena per lui. Qualche
tempo dopo Lydia lo ha incontrato per strada nei pressi di via del Tritone.
Pannella le ha voltato le spalle fingendo di guardare le vetrine d’un negozio
di strumenti d’acconciatura per donna. E dire che allora non portava la fluente
coda di capelli bianchi che oggi tiene annodata lungo la schiena. Non ha avuto
il coraggio di girarsi neppure quando mia moglie ha recitato ad alta voce,
perché lui sentisse, il Padre nostro e l’Ave Maria».
Solo pusillanime?«Intelligente. Grande manipolatore. Ha
attraversato 50 anni di politica italiana stando sempre nel ventre caldo della
vacca, la partitocrazia, fingendo d’esserne fuori e di combatterla. La sede
vera del Partito radicale è casa sua, in via della Panetteria, vicino alla
Fontana di Trevi, frequentata assiduamente dai tre o quattro uomini che ha
amato nel corso della sua vita. L’approvazione e l’esaltazione
dell’omosessualità e della bisessualità non solo è connaturata al mondo
radicale, ma rappresenta lo strumento attraverso il quale si formano le
carriere politiche».
Eppure cita in continuazione
le Sacre Scritture. «E che cosa sa fare
il diavolo, se non cercare malamente d’imitare Dio? Da anni usa una sua foto,
scattata durante un incontro con Papa Wojtyla al quale partecipavano il dc
Flaminio Piccoli e molti altri parlamentari, per vantarsi d’aver avuto un filo
diretto con Giovanni Paolo II. Sostiene persino che il Pontefice ascoltava le
sue concioni a Teleroma 56. Mi dispiace che Giovanni Maria Vian, direttore
dell’Osservatore Romano, sia andato a farsi intervistare da Radio Radicale per
confermare quest’amicizia inesistente. Fa il paio con la stoltezza di don
Gianni Baget Bozzo, pace all’anima sua, che lo venerava e diceva di lui:
Pannella in realtà è una figura interna alla cristianità italiana, non è un
politico: è un profeta».
Lei sta demolendo la persona
alla quale ha consacrato metà della sua vita. «Lo so, e mi considero per questo un grande peccatore, che ha alimentato
l’opera di devastazione che Pannella ha compiuto sull’identità cristiana di
questo Paese. Ha confuso la libertà col desiderio. Ha portato l’Italia a non
distinguere più il bene dal male. Ha distrutto milioni di vite umane con
l’ideologia abortista. Per questa ragione combatte la Chiesa. Nella sua
intelligenza luciferina, sa che gli sopravviverà».
Questo è sicuro.«Prigioniero di un delirio d’onnipotenza, a
82 anni sta evitando i conti con una categoria che non gli appartiene: la
morte. Dovrebbe pregare, come fa mio figlio che di anni ne ha appena 7».
Fonte: srs di Stefano
Lorenzetto, da Il Giornale.it, di
domenica 22 luglio 2012
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martedì 24 luglio 2012
CHRIS HEDGES: PERCHÈ GLI STATI UNITI DISTRUGGONO IL LORO SISTEMA SCOLASTICO
Chris-Hedges
Una nazione che distrugge il proprio sistema educativo,
degrada la sua informazione pubblica, sbudella le proprie librerie pubbliche e
trasforma le proprie frequenze in veicoli di svago ripetitivo a buon mercato,
diventa cieca, sorda e muta. Apprezza i punteggi nei test più
del pensiero critico e dell’istruzione. Celebra l’addestramento meccanico al
lavoro e la singola, amorale abilità nel far soldi. Sforna prodotti umani rachitici,
privi della capacità e del vocabolario per contrastare gli assiomi e le
strutture dello stato e delle imprese. Li incanala in un sistema
castale di gestori di droni e di sistemi. Trasforma uno stato
democratico in un sistema feudale di padroni e servi delle imprese.
Gli insegnanti, con i loro sindacati sotto attacco, stanno
diventando altrettanto sostituibili che i dipendenti a paga minima di Burger
King. Disprezziamo gli insegnanti veri – quelli con la capacità di
ispirare i bambini a pensare, quelli che aiutano i giovani a scoprire i propri
doni e potenziali – e li sostituiamo con istruttori che insegnano in
funzione di test stupidi e standardizzati. Questi istruttori
obbediscono. Insegnano ai bambini a obbedire. E questo è il punto. Il
programma ‘No Child Left Behind’, sul modello del “Miracolo
Texano”, è una truffa. Non ha funzionato meglio del nostro sistema
finanziario deregolamentato. Ma quando si esclude il dibattito, queste
idee morte si autoperpetuano.Il superamento di test a scelta multipla [bubble
test] celebra e premia una forma peculiare di intelligenza
analitica.
Questo tipo di intelligenza è apprezzato dai gestori e dalle
imprese del settore finanziario.
Non vogliono dipendenti che pongano domande scomode o
verifichino le strutture e gli assiomi esistenti. Vogliono che essi servano il
sistema. Questi testi producono uomini e donne che sanno
leggere e far di conto quanto basta per occupare posti di lavoro relativi a
funzioni e servizi elementari. I test elevano quelli che hanno i mezzi
finanziari per prepararsi ad essi. Premiano quelli che rispettano le
regole, memorizzano le formule e mostrano deferenza all’autorità. I
ribelli, gli artisti, i pensatori indipendenti, gli eccentrici e gli
iconoclasti – quelli che marciano al suono del proprio tamburo – sono
eliminati.
“Immagina” ha detto un insegnante di scuola
pubblica di New York che ha chiesto di non fare il suo nome, “ di andare
ogni giorno al lavoro sapendo che molto di quello che fai è una truffa, sapendo
che non stai in alcun modo preparando gli studenti alla vita in un mondo sempre
più brutale, sapendo che se non continui, secondo copione, con i tuoi corsi di
preparazione ai test, e anzi se non migliori al riguardo, resterai senza
lavoro. Fino a pochissimo tempo fa, il preside di una scuola era qualcosa
di simile a un direttore d’orchestra: una persona che aveva una profonda
esperienza e conoscenza della parte e della collocazione di ogni membro e di
ogni strumento. Negli ultimi dieci anni ho assistito all’emergere sia
dell’Accademia della Leadership del [sindaco] Mike Bloomberg sia dell’Accademia
dei Sovrintendenti di Eli Broad, entrambe create esclusivamente per produrre
all’istante presidi e sovrintendenti che si modellano sugli amministratori
delegati delle imprese. Come è possibile che una cosa del genere sia
legale? Come vengono riconosciute tali accademie? Di leader di che qualità ha
bisogno una “accademia della leadership”? Che tipo di società consente a
persone simili di amministrare le scuole dei suoi bambini? I testi di alto
livello possono essere inutili da punto di vista pedagogico ma sono un
meccanismo brillante per minare il sistema scolastico, instillando paura e
creando una giustificazione perché se ne impossessino le imprese. C’è
qualcosa di grottesco nel fatto che la riforma dell’istruzione sia diretta non
da educatori bensì da finanzieri e speculatori e miliardari.”
Gli insegnanti, sotto attacco da ogni direzione, stanno
abbandonando la professione. Anche prima del blitzkrieg della
“riforma” stavamo perdendo metà di tutti gli insegnanti nell’arco di cinque
anni da quando avevano iniziato a lavorare, e si trattava di persone che
avevano speso anni e molte migliaia di dollari per diventare insegnanti. Come
può aspettarsi il paese di trattenere professionisti dignitosi e addestrati di
fronte all’ostilità delle condizioni attuali? Sospetto che i gestori di fondi
speculativi che stanno dietro il nostro sistema delle scuole parificate – il
cui interesse principale non è certo l’istruzione – siano felicissimi di
sostituire gli insegnanti veri con istruttori non sindacalizzati e scarsamente
addestrati.
Insegnare sul serio significa instillare i valori e il
sapere che promuovono il bene comune e proteggono una società dalla follia
dell’amnesia della storia. L’ideologia utilitaristica industriale
abbracciata dal sistema dei test standardizzati e delle ‘accademie della
leadership’ non ha tempo per le sottigliezze e le ambiguità morali intrinseche
a un’educazione alle arti liberali. L’industrialismo ruota intorno al
culto dell’io. E’ incentrato sull’arricchimento e il profitto personale come
solo fine dell’esistenza umana. E quelli che non si adeguano sono messi da
parte.
“E’ estremamente avvilente rendersi conto che si sta in
realtà mentendo a questi bambini insinuando che questa dieta di letture
industriali e di test standardizzati li stia preparando a qualcosa,” ha
detto questo insegnante, che temeva di subire rappresaglie dagli amministratori
scolastici se questi avessero saputo che stava parlando fuori dai denti. “E’
ancor più avvilente sapere che la tua sussistenza dipende sempre più dal
sostenere questa bugia. Ti devi chiedere come mai gli amministratori dei
fondi speculativi siano così improvvisamente interessati all’istruzione dei
poveri delle città? Lo scopo principale della follia dei test non è di
valutare gli studenti, bensì di valutare gli insegnanti.”
“Non posso dirlo con certezza – non con la certezza di un
Bill Gates o di un Mike Bloomberg che pontificano con certezza assoluta in un
campo del quale non sanno assolutamente nulla – ma sospetto sempre più
che uno degli obiettivi principali della campagna per la riforma sia di rendere
il lavoro dell’insegnante così degradante e offensivo che gli insegnanti
dignitosi e davvero istruiti semplicemente se ne andranno fin quando mantengono
ancora un po’ di rispetto per sé stessi,” ha aggiunto. “In
meno di un decennio siamo stati spogliati dell’autonomia e siamo sempre più
microgestiti. Agli studenti è stato dare il potere di licenziarci per il
fallimento nei loro test. Gli insegnanti sono stati assimilati a porci al
truogolo e incolpati del collasso economico degli Stati Uniti. A New York
ai presidi è stato dato ogni incentivo, sia finanziario sia in termini di
controllo, perché sostituiscano gli insegnanti esperti con reclute di 22 anni
fuori ruolo. Costano meno. Non sanno niente. Sono malleabili e vulnerabili alla
revoca.”
La demonizzazione degli insegnanti è un’altra finta della
propaganda, un modo, da parte dell’industria, di sviare l’attenzione dal furto
di circa 17 miliardi di dollari di stipendi, salari e risparmi a danno dei
lavoratori statunitensi e da un panorama in cui un lavoratore su sei è
disoccupato. Gli speculatori di Wall Street hanno saccheggiato il Tesoro
statunitense. Hanno frustrato ogni tipo di regolamentazione. Hanno evitato
incriminazioni penali. Stanno svuotando i servizi sociali fondamentali. E ora
stanno pretendendo di amministrare le nostre scuole e università.
“Non solo i riformatori hanno rimosso la povertà come
fattore; hanno anche rimosso le attitudini e le motivazioni degli studenti come
fattori,” ha detto questo insegnante, che è membro di un sindacato
insegnanti. “Sembrano credere che gli studenti siano qualcosa di simile alle
piante cui basti dar acqua ed esporle al sole del tuo insegnamento e tutto
fiorisce. Questa è una fantasia che insulta sia lo studente sia
l’insegnante. I riformatori sono venuti fuori con una varietà di piani
insidiosi promossi come passi per professionalizzare il lavoro degli
insegnanti. Siccome sono tutti uomini d’affari che non sanno nulla del settore,
è superfluo dire che ciò non si fa dando agli insegnanti autonomia e rispetto.
Usano remunerazioni basate sul merito in cui gli insegnanti degli studenti che
fanno bene nei test a risposta multipla ricevono più soldi e gli insegnanti i
cui studenti non fanno così bene nei test a risposta multipla, ricevono meno
soldi. Naturalmente l’unico modo in cui ciò potrebbe essere concepito come equo
sarebbe se in ogni classe si avesse un gruppo identico di studenti; una cosa
impossibile. Lo scopo vero della remunerazione in base al merito
consiste nel dividere gli insegnanti gli uni dagli altri spingendoli alla
caccia agli studenti più brillanti e più motivati e a istituzionalizzare
ulteriormente l’idea idiota dei test standardizzati. C’è sicuramente
un’intelligenza diabolica all’opera in tutto ciò.”
“Se si può dire che l’amministrazione Bloomber sia
riuscita in qualcosa,” ha detto, “ha avuto successo nel trasformare
le scuole in fabbriche di stress in cui gli insegnanti scorrazzano a
chiedersi se è possibile compiacere i propri presidi, se la propria scuola sarà
ancora aperta l’anno prossimo, se il sindacato sarà ancora lì a offrire un
qualche genere di protezione, se avranno ancora un posto di lavoro l’anno
prossimo. Non è così che si gestisce un sistema scolastico. Così lo si
distrugge. I riformatori e i loro compari nei media hanno creato un mondo
manicheo di insegnanti cattivi e di insegnanti efficienti. In questo universo
alternativo non ci sono altri fattori. Ovvero, tutti gli altri fattori –
povertà, genitori degeneri, malattie mentali e denutrizione – sono tutte scuse
del Cattivo Insegnante che possono essere superate dal duro lavoro
dell’Insegnante Efficiente.”
I davvero istruiti diventano consci. Diventano consapevoli
di sé stessi. Non mentono a sé stessi. Non fanno finta che la
truffa sia una cosa morale o che l’avidità della imprese sia una cosa
buona. Non affermano che le esigenze del mercato possano giustificare
moralmente la fame dei bambini o la negazione dell’assistenza medica ai malati.
Non cacciano di casa 6 milioni di famiglie come costo della conduzione degli
affari. Il pensiero è un dialogo con il proprio io interiore.
Quelli che pensano pongono domande, domande che coloro che detengono l’autorità
non vogliono siano poste. Ricordano chi siamo, da dove veniamo e
dove dovremmo andare. Restano eternamente scettici e diffidenti nei confronti
del potere. E sanno che questa indipendenza morale è l’unica protezione dal
male radicale che deriva dall’incoscienza collettiva. Questa capacità di
pensare è baluardo contro ogni autorità centralizzata che cerchi di imporre
un’obbedienza stupida. C’è un’enorme differenza, come comprese Socrate,
tra l’insegnare alle persone cosa pensare e l’insegnar loro come pensare. Quelli
che sono dotati di una coscienza morale rifiutano di commettere delitti, anche
quelli sanzionato dallo stato-impresa, perché alla fine non vogliono vivere con
dei criminali, sé stessi. “E’ meglio essere in conflitto con il
mondo intero […] che essere in conflitto con me stesso,” disse
Socrate.
Quelli che sono in grado di porre le domande giuste sono
armati della capacità di fare una scelta morale, di difendere il bene contro le
pressioni esterne. Ed è per questo che il filosofo Immanuel Kant pone
i doveri che abbiamo verso noi stessi prima dei doveri che abbiamo verso gli
altri. Il riferimento, per Kant, non è l’idea biblica dell’amore per sé
stessi – ama il tuo prossimo come te stesso, fai agli altri quello che vorresti
che essi facessero a te – ma il rispetto di sé. Quel che ci dà valore e
significato come esseri umani è la capacità di sollevarci ed opporci
all’ingiustizia e alla vasta indifferenza morale dell’universo. Una volta
morta la giustizia, come sapeva Kant, la vita perde ogni significato.
Quelli che obbediscono docilmente alle leggi e alle norme imposte dall’esterno
– comprese le leggi religiose – non sono esseri umani morali. L’adempimento
di una legge imposta è moralmente neutro. I davvero istruiti
mettono le loro volontà al servizio di un’istanza di giustizia, empatia e
ragione più elevate. Socrate ha sostenuto la stessa tesi quando ha detto che è
meglio patire il male che farlo.
“Il male più grande che sia stato perpetrato,” ha
scritto Hannah Arendt, “è il male commesso dai nessuno, ovvero dagli
esseri umani che rifiutano di essere persone.” Come ha
puntualizzato la Arendt, dobbiamo aver fiducia soltanto in coloro che hanno
questa consapevolezza di sé stessi. Questa consapevolezza di sé stessi viene
solo dalla coscienza. Viene dalla capacità di guardare la crimine che viene
commesso e dire “Io non posso”. Dobbiamo temere, ha
ammonito la Arendt, quelli il cui sistema morale è costruito sulla struttura
inconsistente dell’obbedienza cieca. Dobbiamo temere quelli che
non sono in grado di pensare. Le civiltà prive di coscienza si trasformano in
deserti autoritari.
“I malvagi peggiori sono quelli che non ricordano perché
non hanno mai prestato attenzione alla questione e, senza ricordo, niente può
trattenerli,” scrive la Arendt. “Per gli esseri umani,
pensare al passato significa muoversi nella dimensione della profondità,
gettando radici e così rendendosi stabili, in modo da non essere spazzati via
da qualsiasi cosa possa accadere, lo Zeitgeist [lo spirito del
tempo], o la Storia o la semplice tentazione. Il male più grande non è
profondo, non ha radici, e poiché non ha radici non ha limiti, può arrivare a
estremi impensabili e spazzare il mondo intero.”
lunedì 23 luglio 2012
IL NUCLEO SATANICO DEL LIBERISMO ECONOMICO
Bernard de Mandeville
Il satanismo definisce l’uomo da un punto di vista
prettamente carnale, piuttosto che dai suoi desideri spirituali, preferendo il
materialismo e disprezzando ( o non considerando) la sfera spirituale. La
favola delle api di De Mandeville dimostra che il liberismo è radicato nel
dogma satanico.
Il liberismo fa parte della dialettica degli illuminati
assieme al comunismo:
“Essenzialmente, due forze apparentemente opposte portano
avanti lo stesso obiettivo:. Uno stato di polizia mondiale governato da una
oligarchia di satanisti”
L’EROE OSCURO DEL LIBERISMO: BERNAND DE MANDEVILLE
Nato a Rotterdam nel 1670, Bernard de Mandeville venne in
Inghilterra a seguito della salita al trono di Guglielmo d’Orange. Medico di
professione, Mandeville divenne meglio noto come autore satirico. Ancora più
importante, Mandeville era anche un
satanista, collegato
con i
Blasters e l’Hell-Fire Club nel 18 ° secolo in Inghilterra.
Sebbene il nome di Mandeville sia stato del tutto cancellato
dagli attuali discorsi economici, molti pensatori del libero mercato tessono
lodi sfrenate alle sue intuizioni.
In una conferenza tenuta alla
British Academy nel 1966, Friedrich von Hayek esaltò Mandeville
definendolo un “genio” e un “grande psicologo”, le cui teorie anticiparono
quelle di David Hume, Adam Smith e Charles Darwin, elogiando infine la sua
Favola delle Api come un lavoro “straordinario”.
Anche Ludwig von Mises tributa positivamente Mandeville nel
suo Theory and History, osservando che
“Egli [Mandeville] ha sottolineato che l’auto-interesse e il
desiderio di benessere materiale, generalmente stigmatizzati come vizi, sono in
realtà gli incentivi necessari per il benessere la prosperità e la civiltà.”
Anche John Maynard Keynes, sicuramente non un economista
austriaco, riconobbe in Mandeville uno dei precursori principali della The
General Theory of Employment and Money.
In questi giorni, l’economista austriaco Gary North nel suo sito web definisce la
poesia di Manderville “il poema più importante degli ultimi 300 anni”.
Ma cosa c’è di così speciale nella favola delle api da aver
ispirato gente del calibro di Hayek, Mises e Keynes?
IL BENE PROVIENE DAL MALE E DA ALTRE PERVERSIONI
The
Fable of the Bees or Private Vices, Publick Benefits venne pubblicata
nel 1705, ma è stata rielaborata e integrata con abbondanti commenti nei 25
anni successivi.
Nei suoi scritti, Mandeville sostiene che la libertà
rappresenta la disinibita ricerca dell’uomo della sua vile materialità e dei
suoi istinti carnali. Piuttosto che rappresentare il male, l’egoismo e la
licenziosità conducono alla prosperità.
Secondo Mandeville, “Il male è il grande principio che ci rende
creature sociali, la base solida, la vita e il sostegno di tutto il commercio e
l’occupazione senza eccezione”.
Influenzato da Mandeville, Adam Smith giunse alla
conclusione che l’interesse personale è il pilastro di una società prospera.
Hayek e Mises andarono oltre. Si scagliarono contro l’altruismo e la
solidarietà vedendoli come
ostacoli al successo economico di una società.
Naturalmente, Smith identifica giustamente il valore
aggiunto apportato dalla divisione del lavoro sottolinenando che i produttori e
i venditori sono principalmente motivati da interessi personali. Ma questo non
significa che l’interesse dovrebbe essere il principio fondamentale della
civiltà. Ovviamente esso è il male e l’antitesti di ogni società.
Mandeville ha inoltre affermato che la ricchezza di una
nazione si basa sul mantenimento di una sottoclasse di lavoratori poco
istruiti.
Seguendo i passi di Mandeville, Mises sottolineò che “gli
uomini nascono disuguali e che è proprio la loro disuguaglianza che genera la
cooperazione sociale e la civiltà.”
IL DIRITTO DI PERMETTERE AI BAMBINI DI UCCIDERSI
L’anarco-capitalista Murray Rothbard prese le distanze dall’ideologia
Mandeville. Tuttavia, Rothbard stesso sostenne che i
genitori hanno “il diritto legale di non alimentare il [loro] bambino,
consentendoli cioè di morire”.
Poiché il sistema Rothbard nega che gli esseri umani abbiano
obblighi morali gli uni verso agli altri, egli rifiuta l’aggressione (il
“principio di non-aggressione”), ma acconsente negligenze, fino al punto di
causare la morte.
Questo è il risultato negativo di voler estremizzare le
dottrine libertarie. Chiaramente, il “principio di non aggressione” è
necessario ma non sufficiente per progettare una società giusta e umana.
LE IDEOLOGIE SATANICHE E IL LIBERISMO MODERNO
Qui di seguito ci sono 3 detti ben noti
La legge satanista di Alastair Crowley contenuta in Thelema
recita così:
“Fai ciò che vuoi sarà tutta la Legge”.
Il romanziere libertario Ayn Rand proclama in The
Fountainhead:
“Il primo dovere dell’uomo è nei confronti di se stesso. La
sua legge morale è quella di non mettere mai gli altri prima di se. Il suo
obbligo morale è quello di fare ciò che desidera, a condizione che il suo
desiderio non dipenda in primo luogo da altri uomini.”
Infine, un passaggio dell’economista austriaco Ludwig Von
Mises, nel quale si
ammira la posizione elitaria di Rand:
“Il fine ultimo di un azione è sempre la soddisfazione di
alcuni desideri dell’uomo. Dal momento che nessuno è in grado di sostituire i
propri giudizi con quelli delle persone giudicate, è inutile esprimere un
parere sugli obiettivi di altre persone. ” (Human Action)
Al di là delle differenze di formulazione e anche se la
versione di Mises è più sfumata di quella di Crowley o di Rand, questi tre
estratti stanno essenzialmente dicendo la stessa cosa.
Ora, una cosa è indicare le
somiglianze tra il satanismo e il libertarismo, ma, la propaganda satanista
è in realtà il nucleo centrale della dottrina libertaria e dell’economia
austriaca.
La connessione satanismo/liberismo è molto viva oggi. Il
candidato libertario Ron Paul, auto dichiaratosi ammiratore di Rand, potrà
affrontare molti temi in maniera corretta, ma è stato collegato agli Illuminati
ed è stato visto mostrare simboli
satanici.
LA DIALETTICA SATANICA
La scuola austriaca non è l’unica scuola economica infettata
dal satanismo, tutt’altro. Come Hayek, Keynes fu un membro della famigerata
Fabian Society. Lo si conosceva anche perchè molestava i bambini. Karl Marx
stesso era un satanista.
In realtà, il socialismo, il sionismo, e il satanismo erano
inizialmente uniti: nel 19 ° secolo l’attivista ebreo Moses Hess, un influente
precursore del sionismo moderno, fu anche uno dei primi sostenitori del
socialismo e un collaboratore di Marx. Fu Hess che avviò Marx ed Engels al
satanismo.
L’obiettivo finale di tutte queste ideologie è dominio di
una elite satanica transnazionale, oligarchica. Sia il
marxismo che l’Autrismo
si oppongono al nazionalismo e supportano il libero mercato.
Il collaboratore di Mises, l’arco-sionista, di formazione
gesuita, massone di alto rango Richard Coudenhove-Kalergi riassunse
la dialettica Illuminata in questo modo:
“La lotta tra capitalismo e comunismo per l’eredità della
nobiltà di sangue è una guerra fratricida dell’aristocrazia vittoriosa, una
lotta tra individualismo e socialismo, egoismo e altruismo, spirito pagano e
spirito cristiano.
Lo staff generale di entrambe le parti viene reclutato dalla
razza spirituale leader [gli ebrei]. ”
In sostanza, due forze apparentemente opposte portano avanti
lo stesso obiettivo: uno stato di polizia mondiale governato da un’oligarchia
di satanisti miliardari.
ANDANDO OLTRE LA DIALETTICA ILLUMINATA
A dire il vero, l’economia austriaca e il libertarismo hanno
introdotto concetti utili sia nell’etica che nella moderna teoria economica. Lo
stesso si può dire di Keynes e Marx. Le ideologie degli Illuminati contengono
sempre alcuni gustosi bocconi di verità, in modo da rendere l’inganno satanico
più efficace.
Elevandosi al di sopra di questa dialettica Illuminata, la
nostra sfida è quella di digerire queste perle di saggezza, dividendoli dalle
menzogne e dalle mezze verità.
Alla fine, la vera guerra condotta dagli Illuminati è
spirituale. Non si tratta solo di quale sistema economico sia il più favorevole
o quale di essi sia il più efficente. Non si tratta neppure di decidere quale
sistema politico sia il migliore. Si tratta, in fondo, di una battaglia tra
forze positive e forze negative, per le nostre anime.
Fonte: da Ne Vitruvian del
27 febbraio 2012
Fonte: Da Stampa Libera del
29 febbraio 2012
sabato 21 luglio 2012
martedì 17 luglio 2012
ALCUNE ISCRIZIONI PRESENTI SU UNA SEPOLTURA ANTICA DI 2000 ANNI POTREBBERO FORNIRE INFORMAZIONI UTILI RIGUARDO ALLA MORTE DI GESÙ.
Ossario di Miriam
Il contenitore funerario in calcare, definito come un
ossario, potrebbe rivelare quale fosse la patria di Caifa, il sommo sacerdote
coinvolto nella crocifissione di Gesù. L’autorità israeliana per le antichità, che
confiscò l’ossario da alcuni saccheggiatori tre anni fa, lo ha poi consegnato
al prof. Yuval Goren, del Dipartimento di Archeologia dell’Università di Tel
Aviv, che ha condotto il tentativo di autenticazione.
“Al di là di ogni ragionevole dubbio, si tratta di
un’iscrizione autentica”, ha affermato Goren, dopo aver condotto un esame
approfondito sul contenitore che, oltre all’iscrizione, presenta anche alcune
rosette decorative.
Le scoperte di Goren dimostrano che questa insolita
iscrizione getta luce su uno degli uomini dietro alla morte di Gesù.
L’iscrizione completa recita: “Miriam,
figlia di Yeshua figlio di Caiaphus, sacerdote di Maaziah da Beth Imri,”
citando quindi il defunto, con tre generazioni di parenti e una potenziale
posizione di riferimento.
La parola ‘Maaziah’
si riferisce a un clan che fu l’ultimo di 24 ordini di sommi sacerdoti durante
il periodo del Secondo Tempio, ha spiegato Goren. Sebbene ci siano alcuni
riferimenti al clan nelle fonti talmudiche che illustrano le loro vite dopo la
loro diffusione in Galilea nel 70 d.C., il riferimento a Beth Imri fornisce un’informazione nuova sulla posizione della
famiglia prima della migrazione.
Secondo i ricercatori, anche se è possibile che Beth Imri si
riferisca a un altro ordine sacerdotale, più probabilmente si riferisce a un
luogo geografico, forse il villaggio di origine della famiglia di Caifa.
Si pensa che l’ossario provenga da un luogo di sepoltura
nella Valle di Elah, a sud-ovest di
Gerusalemme, il luogo leggendario della battaglia tra Davide e Golia. Beth
Imri era probabilmente situato sulle
pendici del Monte Hebron. Non è la prima volta che un ossario fa notizia.
Un’iscrizione scoperta di recente afferma che un altro ossario contiene i resti
di Giacomo figlio di Giuseppe, fratello di Gesù. Questa rivelazione ha fatto
notizia nel 2002, per poi rivelarsi una bufala.
Goren è convinto che questa è vera – e ha la scienza dalla
sua parte.
“Quando una roccia
rimane depositata nel terreno per millenni, è influenzata dall’ambiente
circostante e a sua volta influenza l’ambiente circostante”, ha osservato. Processi come l’erosione causata dall’acqua
acida e l’accumulo di rivestimenti di calcare o silicio, l’attività biologica
come lo sviluppo di batteri, alghe, licheni, e la circostante attività della
flora e della fauna hanno portato al rivestimento della pietra. La maggior
parte di questi avvenimenti sono però impossibili da replicare in laboratorio.
La scoperta del prof. Goren è riportata nell’ Israel Exploration Journal.
Fonte: Archeo Storia, del 3 settembre 2011
Fonte: Discovery New, del 31 agosto 2011
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lunedì 16 luglio 2012
FOTOGRAFIA: INTERVISTA A MAURO FIORESE
Mauro Fiorese
Mauro Fiorese (Verona, 1970) vive e lavora tra Veneto e
Lombardia. E’ fotografo, docente e consulente, attivo nell’ambito della ricerca
fotografica. Insegna Fotografia presso l’Accademia di Belle Arti di Verona e,
dal 2003, è docente di Linguaggio Fotografico alla Facoltà di Lettere e
Filosofia dell’Università scaligera. Autore di diverse pubblicazioni, ha
esposto in Italia e all’estero. Sue fotografie fanno parte di collezioni
pubbliche e private. E’ consulente del Centro Internazionale di Fotografia
Scavi Scaligeri.
Sei fotografo, docente e curatore. In quale di questi
ruoli ti riconosci di più?
Mi sento innanzitutto fotografo, questa è stata la mia
formazione e il mio principale lavoro per anni. Ho sempre cercato di affiancare
alla fotografia professionale quella di ricerca. Oggi posso dire di aver
raggiunto dei traguardi soddisfacenti con la ricerca che ho voluto, da diversi
anni, accompagnare al ruolo di docente. La docenza mi ha dato e mi dà molto; mi
ha sostenuto economicamente e mi ha permesso di far conoscere storia e tecniche
del linguaggio fotografico a pubblici differenti: studenti dell’Università di
Scienze dei Beni Culturali, dell’Accademia di Belle Arti, partecipanti ai
workshop che organizzo d’estate insieme all’amico e maestro texano Keith
Carter. Credo che i giovani, soprattutto in Italia, non vadano solo aiutati ma
prima ancora convinti. Il successo della fotografia come mezzo di comunicazione
interpersonale “super-facilitata” e “super-veloce” tende a farli illudere che
il passo per arrivare alla professione sia rapido… Non è così. La fotografia ha
una rilevante componente tecnica e, anche se le idee sono sempre alla base di
un buon lavoro creativo, è necessario conoscere la storia del mezzo che si usa
e dei suoi principali esponenti. Ma insegnare non vuol dire solo trasferire
nozioni in sedi accademiche, vuol dire anche tenersi aggiornati, vivere quello
che accade nel panorama internazionale partecipando a Festival o manifestazioni
legate alla fotografia, sia in Italia che all’estero, anche in qualità di
lettore di portfolio come ho fatto quest’anno al Houston Fotofest.
Infine, per quanto riguarda la curatela delle mostre, posso dire che è
un’attività nata per caso, dalla conoscenza di colleghi “talentuosi” durante il
mio soggiorno e i miei continui viaggi negli USA, la cui fama e qualità del
lavoro ritenevo necessitasse di essere apprezzata anche dal pubblico italiano.
A proposito di lettura di portfolio, un tuo parere su
questo “strumento”.
La lettura di portfolio e’ uno strumento utilissimo per
valutare il lavoro di un fotografo. Tuttavia solo se da parte di chi sottopone
il proprio lavoro c’è una preparazione scrupolosa allora i risultati in qualche
maniera possono essere soddisfacenti. Il fotografo deve rendersi conto che,
solitamente, ha venti/trenta minuti di tempo per parlare del suo lavoro. Questo
è l’unico vero limite ma, se lo si prende nel modo giusto, è anche uno stimolo
per cercare di produrre un portfolio convincente, soprattutto in termini di
coerenza linguistica e progettuale. Il principale pregio, a mio parere,
consiste nel potersi confrontare con vere e proprie “personalità” della
fotografia che sarebbero altrimenti inavvicinabili. Questo avviene maggiormente
negli Stati Uniti dove questi eventi sono gestiti in modo molto professionale
ed organizzato e spesso la lettura del portofolio ha un costo. Anche in Europa
si trovano spesso buone occasioni tra i vari Festival di Fotografia. A volte
sono gratuiti e ben gestiti, a volte disorganizzati e letteralmente estenuanti.
Il difetto potrebbe proprio essere quello di “capitare”, per mancanza
d’esperienza, nelle “mani sbagliate”. E’ bene informarsi sia sulla
manifestazione che sui lettori prima d’iscriversi.
Qual è stato, in sintesi, il tuo percorso nell’ambito
della Fotografia?
Ho iniziato il mio percorso formativo studiando
Architettura all’IUAV di Venezia dove, negli anni Ottanta, ho frequentato il
corso di Storia e Tecnica della Fotografia di Italo Zannier, cominciando a
produrre del materiale con l’intenzione di fare ricerca. Quando la convinzione
si e’ trasformata in presa di coscienza di voler fare della Fotografia una
scelta di vita, mi sono trasferito a Milano a studiare all’Istituto Europeo
di Design dove mi sono diplomato al corso quadriennale di Fotografia.
Durante questi anni ho vinto una borsa di studio che mi ha permesso di
soggiornare diversi mesi a Parigi e di studiare presso la Speos Institute of
Photography. Terminati gli studi di Fotografia mi sono trasferito, grazie
alla rivista Ottagono, con cui avevo iniziato a collaborare, a New York per due
anni. Questo, devo ammettere, nonostante i sacrifici, è stato il miglior
investimento, professionale e umano. Già dai primi anni Novanta passavo spesso
i mesi estivi negli USA, dove vivono dei carissimi amici di famiglia che mi
hanno sempre ospitato, e dove ho frequentato diversi workshop con maestri
americani. Qui ho stretto anche rapporti di amicizia come quello con Keith
Carter con cui oggi collaboro. A New York ho lavorato anche per altre riviste
di Architettura, che continua ad essere un soggetto fotografico a me caro, come
Abitare che mi ha dato anche l’occasione di fotografare il grande architetto
Richard Meier. Sempre in America ho avuto l’onore di conoscere e frequentare
per qualche tempo Robert Frank che mi ha lasciato un segno indelebile nel cuore
e a cui devo buona parte delle decisioni che ho preso in futuro … chi come lui,
dopo il successo di “The americans” decide d’intraprendere nuove strade
espressive e reinventarsi continuamente fa riflettere sia dal punto di vista
artistico che umano.
Un itinerario di studio calibrato con cura…
C’e chi studia e rimane un teorico puro e chi fotografa
mantenendo competenze solo tecniche. Ci sono stati, poi, molti casi nella
storia dell’Arte e della Fotografia in particolare, in cui entrambe le competenze
si sono fuse e i risultati spesso sono stati interessanti. A me piace
realizzare immagini per raccontare una mia verità – decisamente non oggettiva –
e trasmettere emozioni a chi le osserva. Tuttavia, amo conoscere i lavori di
altri e, una volta conosciuti, magari approfondire la conoscenza con l’autore
stesso poiché c’è sempre la possibilità d’imparare anche a livello umano.
Quando anche questo avviene allora l’interesse diventa qualcosa di più della
semplice comune esperienza nella fotografia bensì complicità e amicizia.
Così, spesso, mi capita di curare o di scrivere dei testi
per altri autori che ammiro e stimo. E in pochi, ma eccezionali casi, la
collaborazione professionale diventa un’esperienza arricchente e unica. Ecco
perché, anche come autore, amo i progetti a più mani. Per confrontarsi e
lavorare ad un obiettivo comune pur mantenendo le proprie identità artistiche e
personali.
Quali i tuoi “punti di riferimento” a livello nazionale e
internazionale?
Faccio spesso riferimento a persone e a luoghi che ho avuto
la fortuna d’incontrare sul mio cammino. In Italia sono legato a Mario Cresci,
che mi ha insegnato a fotografare senza macchina fotografica, a Edward Rozzo
senza il quale non mi sarei probabilmente mai trasferito negli USA e a Moreno Gentili
che mi ha insegnato la sensibilità nei confronti di tematiche sociali. Non meno
importante e’ stato, per la sua umiltà e umanità, Mario Giacomelli che ho
conosciuto nel 1994 e la cui unica foto originale che possiedo mi ha
accompagnato sempre e dovunque mi fossi trasferito di casa. Negli USA il mio
mentore e oggi amico, è stato Keith Carter; ho anche però dei punti di
riferimento che non ho mai avuto la fortuna di conoscere come Diane
Arbus e altri con cui ho lavorato e con cui lo scambio culturale e umano è
stato decisamente arricchente come Carl de Keyzer, Michael Kenna e Jerry
Uelsmann. Vi sono luoghi, infine, che ti restano dentro per molti motivi: ero
affezionato alla vecchia sede dell’International Center of Phtography di
New York, un’antica casa in stile Vittoriano dove ho trascorso momenti
indimenticabili sia come studente che come Guest Teacher. In Francia, invece,
la Maison Européenne de la Photographie che è stata la mia “prima casa”
dove ho approfondito le conoscenze sulla fotografia imparate a Milano così come
i Rencontres di Arles che sono stati la mia prima “gita” fotografica
all’estero. In Italia sono legato al Centro Scavi Scaligeri di Verona, in cui
ho esposto nel 2001 e presso il quale collaboro come consulente.
La conoscenza della storia della Fotografia favorisce la
ricerca artistica?
Conoscere la storia di un mezzo artistico e dei suoi
movimenti, passando per luoghi, date e nomi, è necessario per avere una
conoscenza delle potenzialità del mezzo stesso. Chi è passato alla storia della
fotografia, in quale momento storico e con che tipo di lavoro? Queste domande
possono aiutare un giovane a migliorarsi non solo sul piano tecnico ma
soprattutto umano poiché a volte si può anche ammirare il lavoro di un grande
fotografo ma non il suo stile di vita o la sua personalità. Questo dovrebbe
essere il “motto”: guardare, conoscere e studiare per poi metabolizzare,
dimenticare e creare.
E ciò vale in particolare in questo momento storico!
E’ vero, per la Fotografia è un momento di grande cambiamento…
c’è chi parla di crisi, ma non è forse la crisi proprio un momento di passaggio
e un’occasione per risolvere certi problemi insoluti? In fondo ogni disciplina
artistica è passata per strade di contaminazione, avanguardie e sperimentazione
che non sempre hanno portato da qualche parte ma quando certi artisti ci sono
riusciti hanno costituito nuove correnti e scuole di pensiero. E’ così che si è
formata in tutti questi anni la Storia dell’Arte. Ed è così che continuerà ad
essere.
Dove sta andando la fotografia oggi, in Italia, in
Europa, nel mondo?
“Fotografia” è oggi un termine troppo vago per essere
definito in poche parole ma se di Fotografia d’Autore vogliamo parlare, allora
credo che il momento attuale sia di grande fermento un po’ ovunque. In Italia
esistono importanti luoghi istituzionali, pubblici e privati ad essa dedicati
ed anche i Festival si stanno moltiplicando. Tuttavia mi sembra che nel nostro
Paese siano assai rare le tavole rotonde o i convegni su questi temi fra
fotografi, curatori, galleristi, critici e collezionisti. Ognuna di queste
figure professionali, che insieme formano il mercato, sembra vagare e, di tanto
in tanto, casualmente incontrarsi, o forse solo scontrarsi, per poi riprendere
la propria strada. Sarebbe importante che tutti noi professionisti ci
assumessimo di più la responsabilità di indirizzare gli artisti verso una
crescita personale, dedicandoci alla ricerca di esposizioni di alta qualità e
con nuove aperture ai meno conosciuti e magari anche in spazi alternativi. Troppo
di rado mi capita di vedere italiani all’estero o per curare mostre e leggere
portfolio o per mostrare e far leggere i propri lavori. Proprio il Fotofest di
Houston, ad esempio, è da sempre una di quelle occasioni più uniche che rare
per farsi conoscere e, spesso, anche per vendere i propri lavori. L’arte costa
sacrificio. Sacrificio nel conoscerla, nel produrla e nel divulgarla. Ma penso
fermamente che chi ci crede davvero prima o poi possa emergere.
Fonte: srs di Fausto Raschiatore, da cultframe.com del luglio 2006
IL RITRATTO DI MAURO
FIORESE NEL TEMPIO DELLA FOTO. LA GEORGE EASTMAN HOUSE OSPITA L'AUTORE VERONESE
CHE ESPONE ANCHE A TORINO E AL PRINCIPATO DI MONACO
MOSTRE. La selezione della Biennale veneziana e altre
prestigiose gallerie premiano il direttore artistico di PH Neutro
18/01/2012
Stagione di successi per il fotografo veronese Mauro
Fiorese, presente con la sua opera Lite, 2011 all'esposizione torinese della
Biennale di Venezia: lui è felice di esserci (a differenza di molti che
preferiscono non esserci, visto l'affollamento voluto dal curatore Vittorio Sgarbi),
ma, Torino a parte, per Fiorese i motivi di orgoglio non mancano. Una sua foto
è anche alla mostra «The Unseen Eye: Photographs from the W. M. Hunt
Collection», in corso (fino al 19 febbraio) in uno dei templi della fotografia:
George Eastman House, il museo internazionale di fotografia e film di New York.
Essere lì nella collezione di William M. Hunt (solo opere in cui il viso è
oscurato, gli occhi sono chiusi, non possono essere visti, evocando in tal modo
emozioni) «è uno dei più grandi onori della mia carriera», dice Fiorese.
Dall'America a Montecarlo, con una mostra (fino al 30 giugno) assieme a Keith
Carter, con cui Fiorese ha già realizzato il libro Two Spirits (Mondadori
Electa, 2001/2002), in occasione della rassegna agli Scavi Scaligeri e ora Dream
of a Place of Dreams, esposta al Club des Résidents Etrangers de Monaco: un
lavoro in bianco e nero, nato nel 2006 e svolto a quattro mani, che i due
fotografi hanno portato avanti, grazie alla collaborazione con la Monaco Asia
Society, e che ci mostra una Montecarlo diversa, fatta anche di gente comune,
lontana dagli stereotipi. È lo stesso principe Alberto a firmare l'introduzione
del catalogo, edito da Siz. Dai successi internazionali al lavoro quotidiano,
da direttore artistico della galleria veronese PH Neutro («un'attività che mi
diverte, che mi permette di seguire collezionisti, di creare collezioni nuove»)
e con il reportage per il libro La basilica di Santa Anastasia a Verona: storia
e restauro, il volume realizzato dal Banco Popolare: «Fare questo lavoro mi ha
emozionato. Avevo già toccato la tematica sacra in un altro progetto Aula
Dei-Icone della Spiritualità (Arsenale Editrice, 2006). I luoghi dello spirito
vivono di una luce propria a cui si può credere o meno. È il buio talvolta, il
luogo dello spirito attraverso cui la fotografia arriva alla luce per
osservarla».
Fonte: srs di Maria
Teresa Ferrari, da L’arena di Verona del
18 gennaio 2012
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