La terapia di irradiazione ultravioletta del sangue (UVBI, dall'inglese Ultraviolet Blood Irradiation) è una pratica medica sviluppata negli anni Venti negli USA, che ha fatto la fine di tutte le terapie a costo quasi zero.
Dopo quasi un secolo, il primo a parlarne fu Trump durante il covid, ma i coniglioni gli risero in faccia così come risero in faccia a chi spiegava che l'influenza si cura facilmente con un'aspirina, e nei casi più gravi con ivermectina o idrossiclorochina.
Molti di quei coniglioni oggi sono morti. Sculo.
Partiamo da un punto importante: la luce UV naturale, quella del sole, è un "nutriente essenziale" carente nella vita moderna (a causa di finestre di vetro che filtrano gli UV, luci artificiali e creme solari), e che l'UVBI – che consiste nell'estrarre una piccola quantità di sangue, esporlo a luce UV e reinfonderlo – offre benefici quasi miracolosi per una vasta gamma di malattie, senza effetti collaterali significativi.
Oh, coniglioni, è scienza: ci sono oltre 200 studi fatti nel corso di un secolo.
L'UVBI fu scoperta per caso da Emmett K. Knott nel 1927 (inizialmente per sterilizzare il sangue in cani settici), e da allora si è dimostrata estremamente efficace su infezioni gravi, malattie cardiovascolari, autoimmuni, ostetriche e neurologiche.
Nonostante la sicurezza (con solo lo 0,05% di effetti collaterali in migliaia di sessioni) e i costi bassi (il dispositivo medico costa anche solo $2.000), è stata boicottata negli USA dagli anni '50 dall'American Medical Association (AMA) per favorire antibiotici e farmaci brevettabili.
Oggi è usata in Russia e Germania per motivi economici, e da pochi medici integrativi negli USA per casi come Lyme o long covid (danni da vaccino).
L'UVBI nasce da osservazioni sul potere battericida della luce UV. Nel 1933, Knott salvò la prima paziente umana da una setticemia post-abortiva. Negli anni '30-'40, medici come George Miley trattarono centinaia di casi "miracolosi": polmonite virale (92% di recuperi), polio (sopravvivenza del 100% in casi bulbar letali), asma, epatite e botulismo.
Entro gli anni Cinquanta, la terapia fu adottata in 50 ospedali negli USA, basandosi sui risultati di oltre 50 studi su 3.000 pazienti e 36 malattie, pubblicati su riviste prestigiose e coperti con enfasi anche da media come The New York Times.
La terapia è una versione ampliata e focalizzata dei bagni di sole che all'inizio del secolo scorso furono l'unica cura efficace contro l'influenza spagnola e la tubercolosi.
Ma nel 1952 l'AMA pubblicò uno studio fraudolento (campione piccolo, UV bloccata, casi inappropriati), a cui venne dato enorme risalto e che portò all'abbandono della terapia.
Esattamente come successo per l'acido ascorbico, e più di recente con l'ivermectina o l'idrossiclorochina.
Meccanismi di funzionamento della terapia sono: inattivazione dei batteri (senza creare resistenza come fanno gli antibiotici), miglioramento della circolazione, ossigenazione dei tessuti, miglioramento del sistema immunitario (aumenta T-cellule, IgA), riduzione dell'infiammazione e miglioramento della coagulazione.
I risultati sono eccezionali: dal 92% di recupero in caso di sepsi al 100% per la tubercolosi. Ma anche per l'artrite reumatoide (70% benefici), asma (73% risposte favorevoli), sclerosi multipla (54% risultati positivi), prevenzione aborti (100% stabilizzazioni), preeclampsia (80% successi), PCOS (cicli regolari, gravidanze) e riduzione delle complicanze chirurgiche del 50%.
Studi russi su 100.000 pazienti confermano che la terapia UV dimezzi l'uso di antibiotici e la mortalità.
Ma torniamo a Knott ed all'Associazione Medica Americana. Prima di pubblicare lo studio fraudolento, quei mattacchioni delinquenti cercarono di estorcere a Knotto l'enorme cifra di allora di $100.000, ma il buon dottore rifiutò.
Negli USA, come ho detto, si fa ancora ma è una terapia di nicchia, si preferisce la variante enormemente più costosa della fotochemioterapia (approvata dalla FDA ma che costa 50.000-100.000 USD a aziente).
Nel dubbio, state al sole. Il più frequentemente ed a lungo possibile, più nudi possibile.
Fonte: Un nutrizionista italiano in Australia.
Fonte: Un nutrizionista italiano in Australia:
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