sabato 2 gennaio 2016

STORIA VENETA – 140: 1785 - VENEZIA REAGISCE AGLI ATTACCHI CORSARI. ANGELO EMO BOMBARDA SFAX


Dal testo di Francesco Zanotto


"Bensì l'Emo poto penetrarvi sino a due miglia di distanza dalla città, e scagliarvi una cinquantina di bombe; e poscia perchè l'effetto corrispondesse vie meglio alle sue intenzioni, immaginò di costruire delle batterie galleggianti, ognuna delle quali portava un cannone da quaranta, ed accostolle quanto più potè a Biserta e ad altri luoghi sulla spiaggia di Goletta; pensiere del tutto nuovo, e che fu molto lodato da' migliori guerrieri del tempo suo. Molte abitazioni con questo mezzo, distrusse, e molti di quegli abitanti vi rimasero uccisi o sotto le rovine delle lor case, o per il continuo tuonare delle fulminatrici artiglierie".


ANNO 1785 


Giuseppe Gatteri


Cosa ci racconta il disegno di Gatteri.


Dopo la firma di numerosi trattati di non aggressione con i signori nord africani, Venezia si vede costretta passare alle maniere forti dato il mancato rispetto dei patti.


LA SCHEDA STORICA   -  140


Ancora per alcuni decenni dopo il rinnovato accordo tra Venezia e il bey di Tripoli, i pirati Berberi rappresentarono per Venezia - e non solo - una spina nel fianco con i loro continui Attacchi.
I numerosi trattati firmati dalle nazioni europee, alla prova dei fatti si dimostravano sempre più dei semplici pezzi di carta mentre poi si continuava tranquillamente ad attaccare, infastidire ed osteggiare la navigazione delle navi europee nel Mediterraneo.
Venezia aveva scoperto i vantaggi di scendere a patti con i governi che davano protezione a questi pirati, ma il denaro sembrava non bastare per garantirsi una sicurezza duratura. Le armi allora sembrarono ritornare il più valido strumento di convincimento. Le occasioni di certo non mancavano, c'era solo l'imbarazzo della scelta date le continue provocazioni dei corsari impavidi.
E l'occasione si presentò puntuale anche nel 1784 quando un bastimento veneziano, preso a nolo da alcuni negozianti nord-africani, venne incendiato per la scoperta a bordo dei bacilli della peste.
Trascinata a Malta l'imbarcazione veneziana venne distrutta, ma al tempo stesso si intimò al reggente di quell'isola di ammainare gli stemmi del console veneziano perchè il bey di Tunisi si riteneva in guerra con la Repubblica.
Vicenda oscura e alquanto strana che tuttavia ebbe la forza di riportare sul piede di guerra Venezia e il sovrano di uno di quegli stati.
lI governo veneziano infatti, stanco delle continue provocazioni e del costante stato d'incertezza nel Mediterraneo, decise di approntare una flotta da mandare immediatamente contro le navi di quei pirati e i loro covi lungo la costa africana.
A capitano straordinario di questa flotta venne così nominato Angelo Emo, uomo da tutti stimato per la sua saggezza oltre che per il suo instancabile ed annoso impegno per il riammodernamento della flotta veneziana.
L'Emo infatti, ancora molto giovane si votò proprio a questo obbiettivo con la consapevolezza che la flotta veneziana già da molti anni non costituiva più un modello per gli altri paesi, al contrario era una flotta che presentava già alla fine del Cinquecento scarsi segni di aggiornamento.
Un aggiornamento di cui la vecchia classe nobiliare dalla quale in genere uscivano anche gli ufficiali della marina, non sembrava certo preoccuparsi.
La galea a remi alla fine del Seicento, costituiva ancora il modello base della flotta da guerra veneziana quando gli altri paesi europei quali l'Inghilterra, l'Olanda e la stessa Francia avevano già da tempo adottato vascelli a vela molto più leggeri e manovrabili e quindi decisamente anche più veloci delle lente e vecchie galee.
I caratteri obsoleti delle navi veneziane ne avevano fatto i bersagli privilegiati proprio dei pirati che preferivano naturalmente attaccare imbarcazioni lente e pesanti piuttosto che quelle leggere e veloci degli altri paesi.
Per risolvere questa situazione tanto più triste se si pensa che la Serenissima con la sua flotta molti secoli prima aveva fatto da modello alle altre marine, il governo veneziano iniziò a promuovere attorno alla metà del Seicento un'opera di rinnovamento della propria flotta anche se nelle ultime battaglie contro i turchi si poteva registrare ancora una presenza massiccia di galee a remi


Il contributo di Emo alla flotta ...


Solo  con il dogato di Alvise Pisani il governo ducale prese in seria considerazione il riassetto della flotta  che proseguì anche nei decenni successivi proprio grazie all'azione di Angelo Emo.
Forse per questo suo importante contributo dato alla patria, lo stesso venne chiamato molti anni dopo dal suo governo a ricoprire la carica di capitano straordinario della flotta da spedire contro i pirati berberi malgrado la giovane età di non ancora quarant'anni.
Era il 21 giugno del 1784 quando il comandante prese il largo con le sue navi.
Non si può infatti parlare di una vera e propria flotta quella comandata dall'Emo, ma piuttosto di una squadra composta da due fregate, due bombarde, due minori imbarcazioni e una nave di linea. Ma altri aiuti li avrebbe ricevuti strada facendo, a Corfù per esempio, dove al comandante veneziano si aggregarono altre navi e uomini per arrivare ad un gruppo di 24 navi tra cui sei di linea.
Inizialmente Angelo Emo si portò verso la città di Susa che bombardò ripetutamente per alcuni giorni. Le cattive condizioni del tempo e i fondali pericolosamente troppo bassi persuasero alla fine il comandante veneziano ad abbandonare l'impresa.
Questa venne ripresa solo l'anno dopo nel 1785, puntando questa volta su un'altra città, Sfax, sempre lungo la costa tunisina nel golfo di Zerbi.
Appena presa posizione, dalle navi venete si aprì un potente cannoneggiamento che martellò la città per diversi giorni a brevissimi intervalli di tempo.
I bombardamenti sconvolsero le popolazioni locali arrecando loro notevoli danni tanto che alla fine accettarono ben volentieri l'offerta di pace fatta dallo stesso Emo.
Il comandante tuttavia, prima di agire, doveva chiedere via libera al Senato dal momento che niente era stato preventivamente accordato. E così, chiesti quaranta giorni al bey di Tunisi spedì alcune navi della flotta a Corfù e a Trapani mentre lui si sarebbe ritirato a Malta in attesa degli ordini.
Il Senato rispose l'unica cosa saggia che in quel momento poteva rispondere e cioè che il capitano aveva carta bianca per trattare con il signore di Tunisi eccetto la possibilità di impegnare finanziariamente il governo nel pagamento di somme in cambio di una protezione, clausola che ben pochi vantaggi aveva portato alla Serenissima che ottenne invece l'abbassamento dei dazi al tre per cento contro il cinque che avrebbero continuato a pagare invece gli altri governi europei.  Non era certo un granchè, ma non era neppure poco in fondo e comunque la Serenissima doveva accontentarsi.
L'epoca dei grandi trattati e delle straordinarie vittorie era davvero finita.


Fonte: srs di Giuseppe Gatteri, Antonio Viviani, Francesco Zanotto, Giuseppe Grimaldo, Laura Poloni, Giorgio Marenghi; da STORIA VENETA,  volume  5,  SCRIPTA EDIZIONI




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