Dal testo di Francesco Zanotto
Quindi apparecchiata la Basilica di S. Marco
a festa, il dì 7 maggio 1690, discese il Morosini dal Palazzo Ducale. Allora
l'arcivescovo lesse le preci di metodo sul rituale sostenuto dal proprio
cappellano che faceva l'ufficio di suddiacono, ed il diacono lesse poi il breve
pontificio, datato 2 aprile 1690, col quale Alessandro conferiva al Doge
quell'onore, e quindi pose in capo al donato il pileo; intanto che Michel
Angelo Conti che stava alla destra del celebrante, denudato lo stocco, attendea
che si compisse quell'atto per cingerlo poi al fianco del Doge medesimo.
ANNO 1690
Giuseppe Gatteri
Cosa ci racconta il disegno di Gatteri.
Nel 1689 saliva al soglio pontificio il
veneziano Pietro Ottoboni che pochi mesi dopo invierà al doge Morosini le onorificenze dello stocco e del pileo quale
riconoscimento del suo decennale impegno in difesa della cristianità. Giusto il
tempo di ricevere i due doni benedetti, che Morosini dovrà ripartire per un
nuovo, estremo impegno bellico nell'Egeo
...
LA SCHEDA STORICA - 134
L'anno in cui Francesco Morosini si vide costretto ad
intraprendere la strada del ritorno in patria abbandonando le acque egee, era
il 1689. In quel medesimo anno, il 12 agosto, moriva intanto a Roma il pontefice Innocenzo XI.
Gli alti prelati si riunirono così per eleggere il nuovo
papa che, forse non casualmente, venne scelto tra le fila dei cardinali
veneziani nella persona di Pietro Ottoboni.
Scegliere un veneziano quale nuovo pontefice ebbe il sapore
di un voluto ed altissimo riconoscimento dato alla Serenissima Repubblica per
il suo continuo e generoso impegno nella lotta contro i turchi. Una lotta che
specialmente negli ultimi anni si era fatta particolarmente delicata per
l'arrivo degli eserciti ottomani fin sotto le mura di Vienna, la capitale
dell'impero asburgico e ultimo baluardo della cristianità.
Conferire allora l'alta carica al rappresentante di una
potenza, quella veneziana, che più di qualunque altra si era da sempre spesa
nei tentativi di fermare l'avanzata nemica, sembrò allora un ufficiale ed
unanime riconoscimento di questo suo impegno.
E così, un veneziano saliva sul trono pontificio con il nome
di Alessandro VIII.
L'Ottoboni, patrizio veneziano, oltre che papa, non perse
certo tempo una volta assunta l'alta carica, ad esercitare tutta la sua
autorità a favore in particolare di due suoi nipoti Pietro ed Antonio. Entrambi
vennero creati Cavalieri di San Marco, mentre Antonio l’Ottoboni lo volle con sè a Roma dove gli conferì la carica di
principe del soglio e Generale delle Armi di Santa Madre Chiesa.
Non si dimostrò generoso solo con i suoi parenti Pietro
Ottoboni. Benchè fosse diventato Papa
non poteva infatti di certo scordarsi di essere anche e innanzitutto un
veneziano e in virtù di questo anche verso la sua patria e il proprio doge, non
mancò di dimostrare presto tutta la sua riconoscenza.
Ma Morosini deve partire per contenere il nemico di
sempre ...
Francesco Morosini si era da sempre distinto quale valoroso
comandante della flotta veneziana, per il suo coraggioso e disinteressato impegno nella
lotta contro i turchi.
Fu lui a resistere fino all'ultimo in Candia assediata, fu
sempre lui a portare 15 anni dopo la flotta veneziana a nuove ed insperate
vittorie sull'eterno nemico arrivando a conquistare in nome della repubblica,
la stessa Atene.
La nomina ducale era stato il massimo che la sua città
poteva offrirgli in segno di gratitudine, ma ora anche la Chiesa doveva fare la
sua parte in nome dell'intera cristianità che comunque il papa rappresenta.
Alessandro VIII fece
così recapitare al doge due simboli che
la Santa Chiesa consegnava per tradizione
agli eroi che avevano combattuto gloriosamente in
difesa della religione cristiana: il pileo e lo stocco ovvero un copricapo
riccamente decorato e una specie di spada entrambi benedetti dallo stesso
pontefice.
A ricevere il sacro dono in precedenza erano stati solo
altri due illustri veneziani: i dogi Francesco Foscari, nel 1450, e Cristoforo
Moro, nel 1463.
Per la nuova occasione la Basilica di S. Marco venne
magnificamente addobbata a festa il 7 maggio del 1690. Il Morosini uscì allora
da Palazzo Ducale accompagnato dai Senatori e dai Magistrati e si recò nella
chiesa dove si sarebbe svolta la solenne cerimonia.
Compiuti i sacri riti l'arcivescovo pose sul capo del doge
il pileo benedetto mentre il cameriere di onore del pontefice, Michelangelo
Conti, sfoderato lo stocco, lo cinse alla vita del Morosini.
Ultimata la cerimonia, i due doni vennero depositati nel
Tesoro della Basilica dove rimasero fino alla caduta della repubblica.
Purtroppo il pileo, ornato d'oro e di perle preziose, venne successivamente
trafugato mentre a testimonianza della suggestiva investitura restarono solo la
spada e la cintura di velluto ricamata col duplice nome di Pietro Ottoboni e di
Alessandro VIII.
Il vecchio doge ritorna a fare il guerriero...
Tuttavia, le mutevoli circostanze storiche, costringeranno
ben presto Francesco Morosini a reindossare ben presto un altro e ben più
"pesante" copricapo e ad impugnare non un'elegante spada ma il
bastone del comando.
La guerra con il Turco infatti era tutt' altro che conclusa
nel 1690 ed il Morosini, solo tre anni dopo, si vide nuovamente proiettato su
uno scenario di guerra.
Nelle acque dell'Egeo infatti, dopo la partenza dello stesso
Morosini, le cose non stavano andando certo per il meglio per le navi
veneziane. L'impresa peloponnesiaca, iniziata sotto i migliori auspici, stava
pericolosamente ripiegando verso situazioni dagli sviluppi imprevedibili e
assai incerti.
I veneziani, a quel punto, tornarono a guardare alloro
valoroso doge-comandante come ad una sicura risposta. Malgrado la salute ancora
malferma e l'età di 74 anni, Morosini non poteva certo deluderli.
E così, nel maggio del 1693, il vecchio doge deponeva le
insegne del potere ducale per ripresentarsi al suo popolo in veste di
comandante generale. Morosini tornava
così a S . Marco, ma in ben altra veste e impugnando questa volta il bastone del
comando.
Ad attenderlo dentro e fuori la Basilica, una folla
echeggiante e fiduciosa. Nella Piazza, una serie di archi trionfali che il doge
attraversò compiendo l'intero giro della stessa piazza in una sorta di
investitura collettiva.
L'indomani mattina, il comandante Francesco Morosini era
pronto per il nuovo imbarco. Salito sul Bucintoro Morosini, attraversando una
laguna punteggiata di gondole e di veneziani festanti, venne accompagnato a S. Nicolò
di Lido.
Lì lo attendeva la sua galea, la "Generalizia",
che lo avrebbe ricondotto nelle turbolente acque del mare greco, alla volta di
Malvasia dove già lo attendeva il grosso della flotta veneziana.
Fonte: srs di
Giuseppe Gatteri, Antonio Viviani, Francesco Zanotto, Giuseppe Grimaldo, Laura
Poloni, Giorgio Marenghi; da STORIA VENETA,
volume 5, SCRIPTA EDIZIONI
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