Ricostruzione dell'acropoli (santuario) di Verona - L'attuale Castel San Pietro
PERCORSI DEL CUORE E DELLA MENTE
Questi percorsi che andremo a scoprire sulle colline alle spalle della città, collegamenti antichi da rivivere fra Avesa, le Toresele e Borgo Venezia, sono luoghi da catturare con i sensi, da sentire con il corpo. Luoghi non contaminati che mantengono un fascino unico, salvati dal degrado fisico e spirituale, oggi poco frequentati e poco conosciuti, forse per questo intensamente vivi e coinvolgenti. Vie di fuga della mente dove il tempo scorre con altra velocità ed intensità,che risvegliano le nostre energie assopite, i ricordi profondissimi di profumi, suoni, sapori e visioni arcaiche che toccano inevitabilmente il sacro.
Castel San Pietro, è a pieno titolo parte fondamentale di questo riappropriarsi della natura e della storia di Verona. Mantiene ed emana ancora un fascino unico, salvatosi dalla totale distruzione fisica, conserva intatta l’anima del luogo, intensamente vivo e coinvolgente.
Luogo-altro e alto- da vivere nella quiete e nel silenzio che ci rappacifica nella sua armonia. Contiene immagini e paesaggi che ci permettono di entrare nelle nostre profondità cogliendo gli aspetti più nascosti, profondi e misteriosi del nostro essere ed esistere, alimentando più piani, innescando sottili e nuove emozioni inattese,trasportandoci nella storia.
Tentiamo di immaginare il complesso del sacrario con i suoi edifici eretti con maestria inspiegabile dove nella collina convivono la parte visibile e la parte nascosta ipogea, il sopra e il sotto intimamente legati, radici del cielo e chiome nella terra, che conducono a liturgie e a riti che trovavano nelle acque, nei pozzi e nelle favisse i veicoli per operare, un grandioso altare di marmo affinché l’umano possa interagire con il divino .
Il colle di San Pietro era un luogo destinato a funzioni religiose e di dominio a cui tutta la città insiste e volge lo sguardo con rispetto. La sua storia si confonde con il mito. Anche se frequentato da un tiepido turismo di massa, mantiene inalterato tutto il suo fascino. Luogo di potere dove troveranno dimora: Dei, re barbari, signori cristiani, chiese e caserme.
Un anno fa su questo poggio vennero iniziati degli scavi promossi dalla sovrintendenza.
Indagini mirate con ogni probabilità alla ricerca di tracce sulla scia degli studi di Umberto Grancelli, lo studioso che già intorno al 1930 aveva formulato delle osservazioni impareggiabili con cognizione di causa, indagandolo con tutti i mezzi possibili e condensando poi i risultati delle sue scoperte e delle sue riflessioni nel famoso testo, storico e al tempo stesso esoterico,
“Il Piano di Fondazione di Verona Romana”.
Scritti, i suoi, che ci istruiscono dettagliatamente sulla funzione del colle e arrivano ad ipotizzare un tempio sulla sua sommità dedicato a quella divinità italica dei primordi che era Giano Bifronte, Dio doppio a presidio delle porte, legato alle acque, alla dualità, all’orientamento, all’inizio e alla fine di ogni ciclo, incontro del tempo passato e del tempo futuro, complemento dello Zenit e del Nadir.
Divinità dalle mille sfaccettature che ha lasciato poche tracce del suo culto, probabilmente perché i suoi edifici templari furono riconvertiti alle nuove divinità greco-romane.
Dio Italico delle origini e Padre degli Dei, che porta nella mano le due chiavi delle porte del cielo e delle porte degli inferi, così come Aion Zevian, divinità persiana legata al culto di Mitra, e come San Pietro che ha dato il nome al poggio, un sottile filo di Arianna ci conduce nel labirinto delle analogie che attraverso i secoli mantengono inalterati i simboli .
Un’idea ce la siamo fatta di come era il colle nel primo secolo dell’era volgare, una sacra “macchina “scenica che doveva colpire il viaggiatore del periodo romano che già da Villafranca poteva coglierne la visione con emotivo stupore, turbato dalla maestosità che svettava nel luccichio dovuto al sole riflesso sui bianchi marmi levigati che vestivano tutto il colle.
Una maestosità che esaltava l’organizzazione e la religiosa praticità del Mondo Romano che aveva federato Verona con tutta la Decima Legio.
Di ufficiale sugli scavi non si è saputo nulla e affinché possa trapelare il meno possibile si è recintato attorno ai luoghi di scavo, ma qualcosa è passato da quelle strette maglie: sembra che finalmente sia stata trovata la base rettangolare del tempio che sovrastava il colle. Ora sappiamo che la ricostruzione del Caroto, per secoli accettata come attendibile, che poneva un tempio circolare al vertice del sacrario era lontana dal vero. A riprova di questa tesi, errata ma accettata per parecchio tempo, fu messo a bella mostra in una sala del museo Archeologico del Teatro Romano un plastico che riproduceva il complesso dell’acropoli con al vertice un edificio rotondo. Finalmente qualche anno fa il plastico fu giustamente rimosso .
Sapevamo inoltre che c’è tutta una parte ipogea complessa che era stata indagata e divulgata solo dagli studi e dalle ricerche di Umberto Grancelli.
Oltre alle varie cisterne dislocate nel colle esiste anche un pozzo profondo che poteva essere posizionato sotto al possibile tempio dedicato a Giano a mo’ di cripta, come era in uso al mondo etrusco, cartaginese e greco.
Pozzo che tuttora esiste, ma non è stato cercato né indagato, e credo si trovi ancora negli scantinati della caserma austriaca, coperto o nascosto.
Sappiamo che i pozzi erano parte determinante del complesso templare, pozzi che troviamo numerosissimi sotto le città etrusche come sotto ai templi romani.
I pozzi sacri erano infatti parte integrante dei templi, veri e propri luoghi di culto, ipogei che sorgevano quasi sempre in corrispondenza di una fonte, e su Castel San Pietro sono presenti tutt’ora molte fonti e rogge sotterranee. Erano luoghi in cui si praticava il culto delle acque e della terra.
Il colle stesso è tutto un intreccio di cavità e di cunicoli e molte “entrate”(o uscite) sono poste alle sue pendici come si può vedere dal giardino di Villa Francescati, l’attuale Ostello della Gioventù.
Queste cavità rappresentavano poi il principio femminile della terra, come negli ipogei di Malta, nella religione etrusca, antiche forme di culto della Terra o della Madre Terra. Il culto comprendeva un tipo di approccio al territorio del tutto speciale, basato su quella che possiamo chiamare una vera “scienza”, da alcuni autori definita anche “geografia sacra” o “geomanzia”.
Il territorio, corpo fisico e materiale della madre terra, veniva studiato nelle sue diverse caratteristiche e qualità, nelle sue peculiarità, arrivando a determinare dove e come si manifestava il “sacro”, quella speciale energia o influsso di natura divina, ritenuto al tempo stesso creativo e distruttivo.
In certi luoghi, per esempio nelle grotte e nelle sorgenti ubicate soprattutto sulle alture, si riteneva che un potere sacro avesse dimora e che gli esseri umani, con appropriati riti, vi potessero entrare in contatto traendone conoscenze e benefici. Così da riscoprire le regole di questa antica scienza sacra che può essere anche oggi di estremo interesse e utilità, se consideriamo, per esempio, che in molti paesi orientali ancora sopravvive una tradizionale scienza del territorio: il Feng Shui (“scienza del vento e dell’acqua”), utilizzata per orientare sia i templi che gli edifici civili e, soprattutto, per favorire nei modi migliori la fluidità e lo scorrere dell’energia creatrice e primordiale (il ‘chi’ o ‘ki’ o Tao).
A questo punto si apre un scenario affascinante e sarebbe necessaria un’indagine archeologica totale, organica e a tutto colle, sopra e sotto, per capire e comprendere a pieno questa collina-altare così elaborata dai romani. Con i mezzi che la odierna tecnica ci può fornire potremo indagare sufficientemente con una spesa minima e senza ferire il complesso della collina.
Indagare sul Colle di San Pietro significa riscoprire la storia e la nascita della nostra amata città.
Quel poggio è stato infatti la culla di Verona, quelle pietre sono frammenti di un mosaico da ricostruire, libri da ricomporre e finalmente leggere, per l’amore della conoscenza verso una città di incomparabile bellezza.
Fonte: srs di Luigi Pellini; giugno 2009
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