sabato 31 ottobre 2015

STORIA VENETA – 85: 1478 - A SCUTARI SI CONTINUA A RESISTERE. UN INUTILE ASSEDIO


Dal testo di Francesco Zanotto


"Già penetravano i Barbari sulle mura oltre il fosso di fascine colmato, già piantavano sul bastione della gran porta il vessillo; già festeggiava Maometto il conquistamento della città: quando gli assediati, operando prodigi di valore, l'occupato bastione ricuperarono e ne scacciarono i Turchi. Comandò allora Maometto il secondo assalto contro la gran porta ... accorse allora il rinforzo de' giovani valorosi collocati nella piazza: gettaronsi essi quai leoni ... "


ANNO 1478


Giuseppe Gatteri


Cosa ci racconta il disegno di Gatteri.


L'importante e strategica città albanese assediata dai Turchi resiste sorprendentemente ai numerosi assalti e cannoneggiamenti nemici. Una simile e cocciuta resistenza fa esplodere infine l'ira dello stesso Sultano che dette l'ordine di far sparare i cannoni in un unico punto col bel risultato di colpire i suoi soldati ...


LA SCHEDA STORICA – 85


Quando Pietro Mocenigo nel 1474 lasciò l'isola di Cipro dopo la morte del re Giacomo II di Lusignano e dopo aver assistito brevemente la regina veneziana Caterina Cornaro, se ne  tornò a Venezia. Nella città risuonava ancora l'eco dell'eroica e vittoriosa resistenza di Scutari quando il doge Niccolò Marcello moriva lasciando nuovamente vacante il trono ducale.
La coincidenza del ritorno del Mocenigo dopo quattro anni consecutivi di servizio in mare - il più lungo periodo nella storia dei capitani veneziani e le sue note doti militari, contribuirono a far sì che la scelta del nuovo doge cadesse proprio sul valoroso comandante. La sua ascesa coincise tuttavia con un fatto imprevisto.
Nei primi giorni di gennaio del 1475 giunse a Venezia una proposta di pace da parte di Maometto II. Quale mediatrice della proposta eccezionalmente c'era la madre stessa del potente Sultano. Ma perchè mai Maometto II all'apice delle sue conquiste chiedeva la pace? Era forse bastata la sola vittoria di Scutari a indurlo a tanto? Resta significativo il fatto che la richiesta giunse proprio a colui che più di chiunque altro in quegli ultimi anni aveva combattuto contro i turchi e poteva dire di conoscerli molto bene.
Quando la proposta giunse in senato, molte furono le voci  che si levarono affinchè si rifiutasse l'offerta del Sultano, dovuta, si disse, alle difficoltà che Maometto stava incontrando in casa propria.
Il capo turcomanno Hasan, infatti, rivale e acerrimo nemico del Sultano, si stava preparando per sferrargli contro il suo potente esercito mentre polacchi e ungheresi lo avrebbero nel contempo "disturbato" ad occidente. Il Papa infine, stava tessendo i fili per una nuova, generale iniziativa contro i turchi. Date queste premesse non si doveva far altro che aspettare. Maometto, prima o poi, sarebbe stato travolto.
Non era di questa opinione il nuovo doge, l'astuto Mocenigo. Sulla base della propria e diretta esperienza, il doge poteva ben affermare che la potenza e la capacità offensiva dell'esercito turco non sarebbe venuta meno tanto facilmente. Si doveva invece approfittare dell'offerta di pace. Fortunatamente fu questa linea alla fine a prevalere. Una delegazione venne così inviata prontamente a Costantinopoli.
Le trattative di pace, tuttavia, si dovevano interrompere poco dopo anche in seguito dell'improvvisa morte del doge Mocenigo nel 1476.  Purtroppo, proprio in un delicato momento nel suo confronto con i turchi, Venezia non potè vantare una continuità politica.
Sul trono ducale saliva dopo poco più di un anno e mezzo un nuovo doge, Andrea Vendramin, destinato anch'egli ad un breve dogato di neppure tre anni venendo infatti colpito mortalmente dalla peste.
Durante quei tre anni, intanto, erano riprese a pieno ritmo da parte dei turchi gli  attacchi contro i possedimenti veneziani nel mediterraneo orientale. Nel 1477-78, Maometto II infatti, aveva strappato ai veneziani l'isola di Lemno e la fortezza di Croja in Albania attaccando anche se inutilmente anche l'isola di Lepanto.
Ma ad essere minacciati non erano soltanto i domìni veneziani d'oltremare. Il pericolo e la minaccia turca, infatti, si spinsero fin dentro le pianure friulane. Bande irregolari a cavallo saccheggiarono e devastarono le campagne di quella regione spingendosi fino al corso del Livenza. Erano talmente vicini che dal campanile di S. Marco si poteva addirittura scorgere in lontananza le fiamme e il fumo dei villaggi distrutti. Per ben due volte in due anni la regione subì tremende devastazioni mentre intanto a Venezia scendeva nella tomba anche il doge Vendramin (maggio 1478).


Ancora una volta Scutari la testarda


Salì allora sul trono Giovanni Mocenigo, fratello di Pietro che si convinse ben presto che Venezia non  poteva più proseguire nella guerra contro i turchi che continuavano nella loro inesorabile corrosione dei possedimenti veneziani. Dopo Lemno e Croja infatti, l'esercito di Maometto II tornava a porre l'assedio alla città di Scutari dopo essere stato costretto alla ritirata quattro anni prima.
I turchi questa volta eressero un castello di legno sull'altura di fronte alla città riempiendo le quattro alte torri con centinaia di grosse pietre che lanciate avrebbero dovuto difendere le artiglierie e le altre macchine d'assedio trasportate fin lassù da ben 10.000 cammelli. Maometto poteva contare su circa 300.000 uomini e su un cannone fatto costruire fondendo ben undici pezzi d'artiglieria.
Iniziò così il nuovo assedio della città; Il 22 luglio, squarciate ormai le mura dalla martellante artiglieria, i turchi riuscirono a penetrare nella città occupandone quasi interamente il primo, importante bastione. Ma a sorpresa, da lì, i turchi vennero ricacciati dagli abitanti e dalle forze veneziane che tuttavia dovettero poco dopo ripiegare nuovamente.
Il 27 luglio Maometto comandò il secondo assalto generale. La difesa della città, intanto, veniva sostenuta da frà Bartolomeo, predicatore e guerriero e da Niccolò Moneta capitano della cavalleria, con l'impiego di qualunque mezzo utile per danneggiare gli assalitori turchi: sassi, arnesi di ogni genere, oggetti, olio e acqua bollente venivano fatti rotolare dalla sommità della montagna dove si trovava la città, giù verso valle. L'assalto durò per tutto il giorno ma non sembrava risolversi in alcun modo. Maometto ormai furioso e in preda alla collera di fronte a tanta coriacea resistenza, ordinò allora che tutti e tredici i cannoni venissero puntati contemporaneamente sulla porta principale della città, non considerando di colpire in quel modo anche i suoi uomini impegnati nell'assedio che infatti, travolti e sorpresi dal bombardamento voltarono ben presto le spalle alla città per fuggire.
Fu a quel punto che Maometto, si dice, esclamò: "Non avessi io giammai udito il nome di Scutari: inutili sono le mie fatiche!".


Fonte: srs di Giuseppe Gatteri, Antonio Viviani, Francesco Zanotto, Giuseppe Grimaldo, Laura Poloni, Giorgio Marenghi; da STORIA VENETA,  volume  3, SCRIPTA EDIZIONI




venerdì 30 ottobre 2015

UN GIORNO CI RINCONTREREMO


"Un giorno rivedremo i nostri animali nell'eternità di Cristo". (Papa Francesco)

PERCHE' IO AMO GLI ANIMALI?

Madre Teresa di Calcutta, spiegava semplicemente:
Perché ti danno tutto, senza chiedere niente.
Perché contro il potere dell'uomo con le armi, sono indifesi.
Perché sono eterni bambini.
Perché non sanno cosa è l'odio nè la guerra.
Perché non conoscono il denaro e si consolano solamente con un posto dove rifugiarsi dal freddo.
Perché si fanno capire senza proferire parola.
Perché il loro sguardo è puro come la loro anima.
Perché non conoscono l'invidia né il rancore,
Perché il perdono è ancora naturale in loro.
Perché sanno amare con lealtà e fedeltà.
Perché vivono senza avere una lussuosa dimora.
Perché non comprano l'amore, semplicemente lo aspettano e perché sono nostri compagni, eterni amici, che niente potrà separare.
Perché sono vivi.
Per questo e altre mille cose meritano il nostro amore.

Se imparassimo ad amarli come meritano, saremmo molto vicini a Dio.

giovedì 29 ottobre 2015

Caspita che affetto. La gioia di Astor al rivedere Giorgio




Non era mai successo, ma nel 2005 Astor era dovuto restare ospite della mia   amica   Marta per una settimana. Ecco la  sua gioia nel rivedere Giorgio


mercoledì 28 ottobre 2015

Astor addio, grazie per tutto quello che ci hai donato.





Astor addio, grazie per tutto quello che ci hai donato.  
Attraverso te abbiano visto il mondo con occhi diversi.  
Giorgio, Marina e Chiara


( 02 giugno 2000 - 28 ottobre 2015)



Quando mi preparavo per uscire  di casa,  Astor lo intuiva sempre e mi precedeva sulla porta. Gli piaceva girare in macchina,  non per niente è stato  per secoli il cane dei carrettieri, ma questo pomeriggio  è rimasto nella sua cuccia.  

Da  qualche anno gli erano arrivati gli acciacchi dell’età, ma riusciva comunque, con più o meno fatica, a sopportarli e mascherarli con la  sua allegria. In questi giorni  la sua salute doveva essere peggiorata: il giro nei giardini era diventato breve, una decina di minuti, più a guardare gli altri che camminare, e  questa mattina  ha fatto solo una  decina di metri e si è  rinfilato in macchina.  Tornati a casa, si è diretto lentamente, anzi faticosamente, nella sua cuccia;  lì ha provato come al solito a giocare con il suo cuscino, ma si è subito accovacciato sfinito  per cercare  di riposare. Il  suo respiro è diventato un po’ affannoso, gli era capitato ancora di avere queste crisi  ma le aveva sempre superate,   ero quasi ottimista.  Uscito per fare alcuni acquisti,  la telefonata di mia moglie, preoccupata per il respiro affannoso, mi fa tornare subito  a casa,  dove penso di intervenire come consigliato dal veterinario con un diuretico.   Arrivo a casa, lo trovo nel bagno che respira faticosamente, lo chiamo,  alza la testa, mi guarda, ma capisco subito che la cosa è grave, fa per alzarsi ma non ce  la fa,  il suo sguardo è tra una velata  felicità nel rivedermi e una  richiesta di aiuto, lo prendo in braccio, mi guarda  negli occhi  e si abbandona rilassato, il respiro si fa lento, molto lento, lo adagio nella cuccia, vicino al mio letto, ma ormai il suo cuore si è fermato.  



Astor al suo posto di guida