domenica 30 settembre 2012

IL LUPO DELLA LESSINIA MUORE IN VALPOLICELLA



Erano arrivati da molto distante. Lei dall'ovest, dalle montagne piemontesi; lui dall'est, dai boschi della Slovenia. I due lupi si erano incontrati qui in Lessinia, dando fiducia ad un territorio che da moltissimi anni li aveva relegati nel regno mitico delle leggede. Avevano acceso la curiosità di tutti e, a detta degli esperti, avevano già gettato le basi per la creazione di un branco stabile. Ma ogni speranza si è spenta la settimana scorsa, quando, nei pressi della contrada Semalo a Sant'Anna d'Alfaedo è stato trovato il cadavere della femmina: Giulietta, come l'avevano chiamata coloro che ne studiavano e seguivano gli appostamenti.

Non sono ancora chiare le cause della morte, e i risultati degli esami si avranno solo tra un paio di settimane. Tuttavia le cause di decesso di un giovane esemplare non possono essere molte. Non ci sono tracce evidenti di ferite, per cui la morte violenta è da escludere. L'ipotesi più avvalorata resta l'avvelenamento. I bocconi al cianuro o stricnina sono nelle nostre zone una delle piaghe più crude e brutali. I motivi che spingono molte persone ad avvalersi di questi metodi (decisamente poco etici) possono essere diversi. E' un metodo efficace per uccidere volpi, faine e donnole che troppo si avvicinano ai pollai, oppure  può venire usato per eliminare cani da tartufi eccessivamente zelanti in una bieca lotta di interessi. Resta il fatto che la maggior parte delle volte le vittime sono i cani degli escursionisti che poco hanno a che fare con queste faide o, come in questo caso, altri animali che vengono attirati da un facile pasto. Anche l'ipotesi di una malattia non è stata del tutto accantonata, non ho visto le immagini del cadavere,  ma si parla chiaramente di un esemplare deperito e questo potrebbe assolvere la mano dell'Uomo. 

Il lupo resta un animale pericoloso per gli armenti e in questo periodo di agosto i vitelli appena venuti alla luce sono una preda facile per questo animale ed una perdita enorme per gli allevatori. Tuttavia non ho notizie di eccessivi danni da parte di Salvc (il maschio slavo) e Giulietta. Probabilmente l'idea di un branco di lupi in Lessinia può impensierire molti allevatori, ma non credo che si sia ricorso a questi barbari metodi solamente per una remota paura. Resto convinto che la lupa sia vittima innocente di un sistema di interessi che trascende la vita che i due canidi stavano trascorrendo tra i nostri monti.

Ho avuto modo di conoscere dirigenti e agenti della polizia provinciale che si occupano di protezione faunistica e pianificazione, e posso assicurare che nulla viene lasciato al caso e tutto viene seguito con passione, amore ed intelligenza. Il teritorio e le istituzioni sarebbero state ben preparate alla presenza di un branco di lupi. Consolante è sapere che Slavc è al sicuro ben lontano dalla scena del delitto, ma ancora più consolanti sono le voci secondo le quali il cadavere sarebbe quello di un terzo lupo, dato che i caratteri morfologici non corrisponderebbero con quelli di Giulietta, immortalata molte volte nelle splendide immagini delle fototrappole installate dai guardia parco. 

Mercoledì 22 agosto, alle ore 18.00, presso il cinema Vittoria a Bosco Chiesanuova, all'interno del Film Festival della Lessinia, è stato discusso il caso e sono state mostrate le immagini delle fototrappole e del cadavere della lupa. Purtroppo non sono riuscito ad essere presente. Se qualche lettore di buon cuore avesse assistito all'evento e avesse voglia di raccontarci quali sono le ultime novità la pagina dei commenti è sempre aperta.

Fonte: da Cara Valpolicella del 22 agosto 2012


«QUELLA MORTA NON È LA LUPA DI SLAVC»


BOSCO CHIESANUOVA. Il direttore del Parco della Lessinia avanza una tesi molto suggestiva, sulla base dell'analisi delle immagini dell'animale. Lonardoni: «Zampe e coda sono diverse, ma sarebbe eccezionale la presenza di ben tre esemplari in dispersione sui nostri monti»

Lessinia. Potrebbe non essere la lupa compagna di «Slavc» l'animale trovato morto domenica 12 agosto nei pressi di Fosse di Sant'Anna d'Alfaedo. La notizia l'ha data il direttore del Parco naturale della Lessinia, Diego Lonardoni, nell'incontro sul lupo organizzato all'interno del Film Festival della Lessinia. «È solo una suggestione che non ha nulla di scientifico, ma sulla quale ho lavorato con persone esperte», premette il direttore prima di proiettare le dispositive nelle quali si vedono le immagini della lupa riprese dalla fototrappola del Parco e la carcassa della lupa trovata morta. «Anzitutto sono evidenti le due bande nere sulle zampe anteriori della lupa morta, mentre questa colorazione manca del tutto nei fotogrammi della videotrappola. Poi la coda è evidentemente diversa per consistenza nell'aspetto visivo. Questo mi dà la speranza di poter ancora credere che la compagna di Slavc non sia la lupa trovata morta». Lonardoni però sta anche con i piedi per terra: «Riconosco che la matematica non sta dalla mia parte, perché gli esemplari in dispersione sono pochissimi e sarebbe davvero eccezionale che nello stesso periodo ce ne fossero ben tre in Lessinia».

È della stessa idea Sandro Brugnoli dell'Associazione cacciatori trentini che fa parte del gruppo di contatto con l'università di Lubiana che segue la dispersione di Slavc: «Le femmine di lupo hanno una dispersione molto rara. Sono definite filopatriche perché difficilmente si allontanano dal posto dove nascono e se lo fanno è per pochi chilometri. La lupa trovata morta ha già fatto per la sua specie una dispersione eccezionale. È solo un bel sogno che le lupe siano due: basta guardare i dati certi che sono in nostro possesso. In Svizzera la presenza del lupo risale al 1995 ma solo da tre anni dopo ci sono campioni certificati della sua presenza. Attualmente sono campionati 31 lupi maschi e solo 7 femmine: da qui si capisce quale sia il rapporto e come sia difficile una dispersione delle lupe rispetto ai maschi».

Sonia Calderola, referente dell'Unità di progetto caccia e pesca della Regione, ha presentato i risultati sui reperti consegnati all'Ispra che hanno permesso di identificare la compagna di Slavc come una lupa appartenente alla sottospecie italica: «Il dato eccezionale è che nello stesso giorno, cioè il 6 giugno, nello stesso posto in cui il collare satellitare aveva evidenziato la presenza di Slavc in Lessinia, sono stati trovati reperti che sono stati attribuiti sia a Slavc sia a un esemplare di canis lupus italicus femmina. È stata la conferma che in Lessinia c'è stato l'eccezionale incontro fra un lupo balcanico e una lupa italica e questo rappresenta un dato formidabile per il nostro territorio e per la ricerca internazionale». È a fronte di questo straordinario risultato che è ancora più esecrabile l'uccisione della lupa a Fosse. Con tutte le cautele del caso, perché il dato dovrà essere confermato dalle analisi tossicologiche, è spregevole che un boccone avvelenato abbia messo fine alla vita di questa lupa e al possibile insediamento di una coppia stabile in Lessinia.

Fonte: srs di Vittorio Zambaldo, da L’Arena di Verona di 23 agosto 2012.
Link: http://caravalpolesela.blogspot.it/2012/08/il-lupo-della-lessinia-muore-in.html




BOSCO CHIESANUOVA. NOTIZIE A SORPRESA DALLE ANALISI ESEGUITE OLTREOCEANO: IL «RE» DEI BOSCHI È ANCORA SULL´ALTOPIANO. LA CONFERMA ARRIVA DAGLI USA:
IN LESSINIA C´ERANO TRE LUPI

Il lupo della Lessinia

La conferma arriva dagli Usa:
in Lessinia c´erano tre lupi
Gli esperti americani che hanno analizzato il Dna non hanno dubbi: la femmina trovata morta a Ferragosto a Fosse non è la compagna di «Slavc» ma un altro esemplare italico

Bosco Chiesanuova: C´è la certezza che la lupa trovata morta la vigilia di Ferragosto nei pressi di Fosse di Sant´Anna d´Alfaedo è stata davvero uccisa da un boccone avvelenato impastato in una polpetta di carne di maiale, ma anche che quell´esemplare, che finì la sua vita tra atroci sofferenze, non è la compagna di Slavc,  il giovane lupo arrivato in Lessinia dalla Slovenia e con la quale fa vita di coppia dall´inizio dello scorso marzo.

I risultati giunti da un laboratorio di analisi statunitense confermano la doppia notizia: triste per il fatto che c´è stato effettivamente un avvelenamento, atto esecrabile e penalmente perseguibile; bella notizia perché dovrebbe essere salva la coppia di lupi che da circa nove mesi abita l´altopiano della Lessinia.
 Non c´è la certezza assoluta, ovviamente, ma guardaparco e agenti del Corpo Forestale dello Stato confidano che la neve degli ultimi giorni possa restituire, come lo scorso aprile, le tracce del passaggio in coppia dei due esemplari.

L´esame autoptico, disposto dalla Regione per chiarire la causa della morte, sono state condotte dall´Istituto zooprofilattico sperimentale di Grosseto, presso il quale ha sede il Centro di referenza nazionale per la medicina forense veterinaria, ed ha permesso di confermare che si tratta di una giovane femmina di età non superiore a 2 anni ancora impubere.
 Il corpo dell´animale presentava lesioni traumatiche a livello di sterno-costato, del muso e del collo, queste ultime presenti anche in profondità fino alla trachea e considerate compatibili con la presa di un laccio.  L´analisi del contenuto gastrico ha inoltre evidenziato la presenza di un´esca ancora non completamente digerita contenente un pesticida spesso impropriamente utilizzato negli avvelenamenti dolosi.  La diagnosi definitiva di morte per avvelenamento acuto, che tuttavia non esclude che siano stati perpetrati ulteriori reati di maltrattamento nei confronti dell´animale ancora in vita, ha fin da subito fatto scattare la notizia di reato da parte della Polizia provinciale di Verona, responsabile del rinvenimento.
Ulteriori e più approfondite analisi genetiche dei campioni biologici complessivamente raccolti in Lessinia, effettuate dal Carnivore Genetic Laboratory dell´U.S. Forest Service di Missoula, nello stato americano del Montana, grazie all´intermediazione del Centro grandi carnivori della Regione Piemonte e alla collaborazione della coordinatrice del Centro, Francesca Marucco, hanno permesso di stabilire che la lupa avvelenata e la compagna di Slavc, conosciuta come «Giulietta» sono due soggetti nettamente diversi, pur presentando entrambe l´aplotipo, cioè la combinazione di varianti cromosomiche che in genere vengono ereditate insieme, tipico della popolazione di lupi italici e confermando quindi la loro provenienza dalle Alpi occidentali.
 Ulteriori accertamenti e confronti con il database del Centro grandi carnivori piemontese permetteranno forse di chiarire più nel dettaglio la provenienza di entrambi i lupi.
L´ultima predazione conosciuta in Lessinia, avvenuta a metà settembre, ha permesso di recuperare cinque campioni di escrementi inviati all´Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra): se ci sarà stata la fortuna di raccogliere materiale biologico di esemplari diversi, i risultati diranno se si tratta ancora di Slavc e della sua compagna.
 Per ora è bello credere che la storia di Slavc arrivato dalla Slovenia dopo un peregrinare documentato dal radiocollare lungo oltre mille chilometri e della sua «Giulietta», incontrata sui monti sopra Verona, continui nonostante le difficoltà, i timori, gli ostacoli, un´estate che in Lessinia è stata sicuramente tra le più affollate di sempre: loro sono rimasti qui, aspettando nell´ombra dei boschi il momento migliore per uscire e cercare le loro prede, lontani dalle paure di chi nei millenni, a torto, li hanno resi responsabili di tutti i misfatti.


Fonte: srs di Vittorio Zambaldo;  da L’Arena di Verona, del 31 ottobre 2012


I  MISTERIOSI ULULATI DI BORGO VENEZIA

Verona. Un paio di anni  fa,  quando  gironzolavo per  portar fuori  il cane nei giardini di  San Marco/Santa Croce, avevo la netta sensazione di sentire, alcune volte, degli ululati;  la cosa mi pareva strana perché di solito i cani abbaiano.   Chiedendo un po’ di qua, un po’ di là,  mi era giunta la segnalazione  che un residente   della zona era entrato in possesso di un giovane lupo italiano, non posso dire con certezza se l’informazione corrispondesse alla realtà, direttamente  non l’ho mai visto.  Quest’ estate,  però,  gli ululati dono spariti.
Personalmente credo che la lupa trovata morta a Sant’Anna  abbia buone possibilità  di essere il misterioso lupo di Borgo Venezia, forse liberato questa primavera nei boschi della Lessinia.

Gio’ da Batiorco




sabato 29 settembre 2012

Lorenzo Furlattini



Dalle ore 22.32 del 28 settembre 2012  io sono LORENZO FURLATTINI ... e... ciao nonno!

BEN TORNATO IN LESSINIA MITICO LUPO



Immagine scattata dalla foto-trappola di un lupo che cammina sul pascolo nella notte del 28 gennaio 2012 alle ore 1.38.50.

L'inizio del 2012 segno lo straordinario ritorno del Lupo (Canis lupus) in Lessinia. Ripetutamente accertato lo contemporaneo  presenza di "Slave", un lupo sloveno in dispersione, e quello di un probabile secondo esemplare di origine sconosciuto.

Tra gennaio e aprile 2012 è stato accertato un evento di eccezionale interesse naturalistico: il ritorno del lupo in Lessinia. Il nostro altopiano è stato infatti interessato dalla contemporanea presenza di Slave, esemplare sloveno in dispersione, e di un probabile secondo individuo, di provenienza sconosciuta, ripreso più volte da una fototrappola.
Nelle notti del 24 e 28 gennaio e del 15 marzo 2012 è stata rilevata la presenza di un canide, in tutto e per tutto somigliante a un lupo, nel territorio del Parco Naturale Regionale della Lessinia. Immagini e video di un esemplare solitario sono stati ripresi in località  Branchetto di Bosco Chiesanuova da una foto trappola installata dal Servizio Guardiaparco dell' Area Protetta e dagli agenti del Corpo Forestale dello Stato. Di fondamentale importanza sono state le segnalazioni pervenute dagli associati al locale Comprensorio Alpino di Caccia a seguito della predazione di quattro capre domestiche. I più importanti esperti nazionali in materia, ai quali sono stati inoltrati le immagini e i video, affermano che con buona probabilità il canide ripreso è un lupo ma l'analisi genetica risulta fondamentale per l'identificazione certa dell'esemplare. Il personale di vigilanza è pertanto impegnato in una costante attività di monitoraggio e ricerca di campioni organici da inoltrare all'Istituto Superiore per la Ricerca Ambientale (ISPRA) di Bologna per le analisi genetiche. Se queste risultassero "positive" sarebbe la prima presenza accertata di un lupo nel Veneto a distanza di oltre un secolo dalla sua scomparsa.
Si tratterebbe probabilmente di un soggetto in dispersione proveniente dall'arco alpino centro-occidentale, dove dagli anni '90 si è insediata una popolazione di provenienza appenninica che conta attualmente oltre 100 capi. Il fenomeno di naturale espansione del lupo dalle Alpi occidentali ha portato negli ultimissimi anni a registrare la presenza di singoli esemplari in dispersione anche nel vicino Trentino Alto-Adige, in Lombardia, in Svizzera ed in Austria. Non è però da escludere anche la provenienza dinarico-balcanica o carpatico-baltica dell'esemplare ripreso. Negli ultimi decenni, infatti, anche l'arco alpino orientale è interessato da presenze di lupi provenienti dall'ex Iugoslavia e dai territori di Slovacchia e Polonia.
Certa è invece la presenza di Slave. Nato in Slovenia nel 2009, catturato e munito di radio collare nel luglio 2011 dai ricercatori del Progetto Slowolf dell'Università di Lubjana, ha lasciato la terra natia e dopo aver percorso oltre 1.000 km, visitando Croazia, Austria, Alto Adige, Trentino e Bellunese, è arrivato in Lessinia nella notte del 6 marzo, dove ancora staziona a un mese dal suo arrivo.
Il servizio Guardiaparco e gli agenti del Comando Forestale di Bosco Chiesanuova seguono costantemente i suoi spostamenti grazie ai segnali che quotidianamente arrivano da Lubjana, che permettono di monitorare Slave in ogni suo minimo movimento.
Le caratteristiche peculiari della gestione dei grandi carnivori (lupo, orso e lince), che necessitano di organizzazione diversa rispetto la gestione faunistica "ordinaria", e l'elevato valore conservazionistico di queste specie hanno suggerito alla Regione Veneto la formalizzazione di un "Protocollo regionale per il coordinamento delle attività di gestione e monitoraggio dei grandi carnivori in Veneto" d'intesa con gli Enti competenti in materia (Corpo Forestale dello Stato, Province e Enti Parco). Un altro aspetto fondamentale nella gestione di queste specie è il forte coordinamento tra Enti territorialmente confinanti (Regioni, Province e Stati vicini), visto le grandi distanze che questi animali, specie se in dispersione, sono in grado di compiere in tempi anche molto ristretti.
La presenza del lupo in Lessinia è di straordinario interesse scientifico. La specie è stata presente sulle Alpi fino alla fine del XIX secolo e, più sporadicamente, fino ai primi decenni del XX secolo. Nel Veneto le ultime segnalazioni risalgono al 1931 per l'area bellunese (FOSSA, 1988), mentre in Lessinia la specie sembra essersi estinta nella prima metà del 1800 (GARBINI, 1898), con alcune possibili isolate apparizioni nel 1880 (BENETTI,2003).
Il lupo in Lessinia, storicamente legato al tessuto socio-culturale della popolazione cimbra, come attestato anche da toponimi, favole, leggende, proverbi e modi di dire che hanno questo mitico animale per protagonista, accresce ulteriormente il patrimonio di biodiversità della Lessinia e in particolare della sua Area Protetta, confermandola serbatoio privilegiato di preziose risorse naturali.
La specie, "particolarmente protetta" dalle normative nazionali e comunitarie, ha un importante ruolo al vertice della piramide alimentare nell' ecosistema alpino. Si sottolinea che quest' ospite speciale, estremamente schivo e di abitudini quasi esclusivamente notturne, non rappresenta alcun pericolo per l'uomo. Come testimoniano i dati relativi al restante territorio italiano, Appennino e Alpi occidentali, a fronte di circa un migliaio di animali presenti non è mai stato documentato alcun caso di aggressione nei confronti dell'uomo nell'ultimo secolo.


Fonte: srs di Chiara Castagna - Paolo Parricelli; da  La Lessinia - Ieri oggi domani,  n. 35 anno 2012


venerdì 28 settembre 2012

DOTT. IVO BIANCHI: «ECCO PERCHÉ PREFERISCO LE PIANTE AI FARMACI»


Il dottor Ivo Bianchi, specialista in Omeopatia (FOTO MARCHIORI)

Dalle ricerche ospedaliere sul metabolismo del calcio osseo alle cure con agopuntura e omeopatia: la metamorfosi di un medico.
Ivo Bianchi: «La svolta negli anni ´70 a Borgo Roma quando due malati morirono per un test clinico»

LA STORIA.  Un evento che ti cambia la vita. Capita, a volte. E se si hanno la capacità e la lucidità di trarre il positivo dal dramma interiore o professionale vissuto, le soddisfazioni arrivano.
Per Ivo Bianchi, classe 1948, laurea in Medicina e specializzazione in Medicina interna all´Università di Padova con il massimo dei voti e la lode, la svolta umana e professionale, la sliding door che apre nuovi scenari, risale alla fine degli anni Settanta.


I TEST DEI FARMACI. «Ero un giovane medico del Policlinico di Borgo Roma», racconta, «nel reparto diretto dal compianto professor Scuro, Patologia medica. Mi occupavo in particolare di ricerche sul metabolismo del calcio e sulla patologia polmonare. Era estate, in reparto arrivò un nuovo farmaco antiartrosico da sperimentare su sei pazienti. Mi assentai per una breve vacanza di studio. Al rientro, due pazienti non c´erano più. Morti. Per gli effetti collaterali di quel farmaco, che ancor oggi viene usato».
Quell´evento scosse il giovane medico, le sue convinzioni scientifiche. «Pur continuando a lavorare nella sanità pubblica, cominciai a guardarmi attorno, a seguire corsi di agopuntura, omeopatia, medicina tradizionale cinese e fitoterapia. La mia ricerca venne ovviamente osteggiata dai colleghi, che allora come oggi non tollerano ingerenze nella cosiddetta allopatia, ma tenni duro, continuai a studiare e a perfezionarmi nei migliori centri del mondo».


GLI STUDI ALTERNATIVI. Una crescita che lo porta, nel 1982, a fondare con il dottor Maurizio Castellini - prima a Mestre poi a Verona - la scuola di Omeopatia classica. Oggi è docente di Omeopatia e Omotossicologia all´Università della Calabria e organizzatore di corsi e seminari in Italia e nel mondo, paladino di quella che lui definisce "medicina integrata", «frutto della fusione dell´approccio al paziente e alla malattia allopatico e alternativo-omeopatico».
«Non ho voltato le spalle alla medicina allopatica», chiarisce il medico, «per alcune patologie è indispensabile e non ho remore a prescrivere un antibiotico, quando serve. Però sono deluso da alcuni aspetti terapeutici, gli effetti collaterali in primo luogo, che esistono, di cui noi medici siamo a conoscenza, ma di cui i malati non ricevono adeguata informazione. Così oggi studio le patologie in maniera allopatica, ma nel 98% dei casi prescrivo cure omeopatiche o naturali, che hanno il grande pregio di non provocare effetti collaterali. Se devo rimettere in equilibrio l´individuo ricorro all´omeopatia o all´agopuntura, mentre per curare il sintomo prescrivo la fitoterapia».


LA FARMACIA NATURA. «La farmacia più completa e efficace è la natura», incalza il medico, «se ci fosse un effettivo ritorno alla natura come base dell´alimentazione e riscoprissimo le erbe delle nonne faremmo un grande regalo ai nostri corpi e alle nostre menti».
L´omeopatia, però, vive giorni difficili. «La campagna di demonizzazione contro l´omeopatia è stata forte, la gente si è spaventata e la conseguenza è che oggi molti prodotti non si trovano. Ma non è un caso che la gran parte dei miei pazienti abbiano sviluppato sensibilità o allergie ai farmaci, motivo per cui l´omeopatia è l´unica strada percorribile».
Il rovescio della medaglia è il ricorso al "fai da te" affidandosi a Internet. «I prodotti naturali non sono tossici», spiega bianchi, «ma sussiste il pericolo dell´interazione fra loro o con farmaci chimici. Piante e erbe vanno utilizzati con cognizione di causa. Se usate bene, sono nostre alleate».


Fonte: srs di Paola Colaprisco, da L’Arena di Verona, di mercoledì 19 settembre 2012, CRONACA, pagina 12.



UN MANUALE
 PER CURARSI 
CON I VEGETALI

Omeopatia classica, omotossicologia, medicina ufficiale e micoterapia: sono una ventina i lavori firmati dal professor Ivo Bianchi, autore altresì di parecchie pubblicazioni scientifiche.

L´ultimo libro, scritto a quattro mani con la figlia Valentina, naturopata, è interamente dedicato alla terapia naturale.
Un manuale di circa 500 pagine, «edito quasi totalmente in proprio per essere libero», spiega il medico, «rivolto ai colleghi e ai farmacisti che seguono i miei corsi di aggiornamento, ma consultabile da chiunque».

Si parte da Teofrasto di Ereso, l´allievo di Aristotele considerato il padre della Botanica, per arrivare alle alghe, passando dai gemmoderivati, i funghi, le tinture madri e gli olii essenziali. Regali della natura di cui il medico spiega le proprietà curative (in minima parte sdoganate dalla medicina ufficiale) e le posologie. E non mancano i richiami alle erbe spontanee della nonna che abbondano nei nostri campi.

Fonte: da L’Arena di Verona, di mercoledì 19 settembre 2012, CRONACA, pagina 12.