lunedì 30 luglio 2012

LE PRIORITÀ DI SALVATAGGIO DI MONTI: PRIMA LE BANCHE... POI LE DONNE E I BAMBINI….


MEDITARE FA BENE



Rafforza il sistema immunitario, previene le malattie, combatte la depressione e attiva il cervello. Non lo dice qualche guru New Age, ma una ricerca dell’università di San Francisco sul cromosoma

Forse non ci salverà l’anima, ma promette di allungarci la vita e modificare i geni responsabili di molte malattie. La new age non c’entra. A essere sotto esame oggi sono i benefici molto terreni che si possono ottenere con l’antica pratica della meditazione. Lo dimostra, innanzitutto, uno studio realizzato dall’Università di San Francisco. Che mette d’accordo scienza e tradizione, visto che può contare sull’endorsement del Dalai Lama e di Elisabeth Blackburn, premio Nobel per la medicina nel 2009 per i suoi studi sui telomeri, i cappucci di materiale genetico posti in cima ai cromosomi la cui lunghezza è collegata all’invecchiamento.

Ed è proprio sui telomeri che agisce la meditazione: i ricercatori hanno ingaggiato un maestro e gli hanno chiesto di insegnare la pratica a dei volontari; il protocollo prevedeva due sessioni di gruppo e sei ore di meditazione individuale al giorno per tre mesi. Alla fine, coloro che avevano seguito le indicazioni del maestro avevano un livello di telomerasi (l’enzima che ricostruisce i telomeri quando questi si accorciano) del 30 per cento superiore a quello misurato in 30 volontari sani e simili per età, sesso e condizioni di salute.

Come ricordano gli autori su “Psychoneuroendocrinology”, la misurazione della telomerasi è un indice certo e assai preciso, e lo studio mostra che l’antica pratica orientale rallenta di fatto il processo di invecchiamento. E lo fa agendo sul cervello dove induce reazioni capaci di aiutare a gestire lo stress e a capitalizzare le sensazioni di benessere. Tanto che alcuni ricercatori sostengono che la meditazione attivi una naturale tendenza del nostro organismo al rilassamento, insomma l’esatto opposto della classica reazione alla base del meccanismo dello stress, che, invece, accorcia la vita.

Una ulteriore conferma arriva da uno studio realizzato in collaborazione dal Massachusetts General Hospital e dal centro di genomica del Beth Israel Deaconess Medical Center, che mostra come la meditazione modifichi l’attività di geni collegati con l’infiammazione, la morte cellulare e il controllo dei radicali liberi responsabili di molti danni al Dna. E quindi, ancora una volta a rallentare l’invecchiamento, e a farlo con una rapidità insospettabile per una pratica così “soft”: due mesi di pratica bastano a modificare circa 1.500 geni. “Abbiamo visto che agire sull’attività della mente può alterare il modo in cui il nostro organismo attiva istruzioni genetiche fondamentali”, spiega Herbert Benson, uno dei responsabili della ricerca.

Neuroni di ricambio
Mentre genetisti e biologi molecolari indagano come è possibile che la meditazione allunghi la vita, molte altre conoscenze si accumulano su come, d’altro canto, possa modificare la struttura del nostro cervello. “Abbiamo visto che diverse pratiche di meditazione attivano aree diverse nel cervello”, spiega Antonino Raffone del dipartimento di Psicologia dell’Università di Roma La Sapienza. Lo conferma uno studio da poco pubblicato su “Brain Research Bulletin” e nato da una collaborazione tra Raffone e Antonietta Manna, ricercatrice all’Itab di Chieti. Studi successivi, di cui sono già disponibili i primi risultati, confermano gli effetti della meditazione sulla plasticità del cervello. “Sappiamo che poche settimane di meditazione bastano ad ottenere cambiamenti importanti”, spiega Raffone, “con altrettanti importanti benefici: contribuisce a sviluppare aree della corteccia cerebrale legate all’attenzione e all’elaborazione visiva e uditiva”. Insomma ci aiuta a essere più attenti all’ambiente che ci circonda, rafforzando la plasticità cerebrale e riducendo i danni legati all’età. E non c’è bisogno di ritirarsi in un monastero: un recente studio dell’università di Wake Forest a Winston-Salem mostra che quattro giorni di pratica meditativa possono essere sufficienti a renderci più lucidi e attenti.

Più forza al sistema immunitario
Diversi studi mostrano con chiarezza che la meditazione riesce a modulare l’attività del sistema immunitario. Come spiega Francesco Bottaccioli, presidente onorario della Società italiana di Psiconeuroendocrinoimmunologia e autore di “Mente Inquieta”, manuale di meditazione edito da Tecniche Nuove: “La meditazione mette l’organismo in condizione di reagire con efficacia alle aggressioni, ma evitando pericolosi eccessi di infiammazione”. Lo conferma uno studio su donne malate di tumore al seno pubblicato dalla rivista “Brain Behaviour and Immunity”: si è visto che le donne che avevano imparato a meditare avevano livelli di cortisolo decisamente più bassi delle altre e riuscivano a recuperare in breve tempo un profilo immunitario analogo a quello di una persona sana. Altri studi mostrano che la meditazione aiuta i malati di cancro a tenere sotto controllo ansia e stress. In particolare, un gruppo di ricercatori dell’università del Wisconsin ha preso in esame 43 studi, arrivando alla conclusione che la meditazione può aiutare a i malati di cancro a combattere l’insonnia ma anche la cosiddetta “fatigue”, la spossatezza che è un effetto collaterale di molte terapie.

Io non ho paura
I risultati più rivoluzionari sono forse quelli ottenuti nel controllo del dolore. Lo conferma uno studio recentissimo realizzato dall’Università di Montreal e pubblicato dalla rivista “Pain”, secondo il quale la meditazione Zen riduce la sensibilità al dolore. E lo fa in modo particolarmente sofisticato: la risonanza magnetica mostra che la meditazione interrompe le comunicazioni tra le aree del cervello deputate alla ricezione del dolore e quelle legate alla percezione della sensazione dolorosa, come l’amidgala, l’ippocampo e la corteccia prefrontale. “In pratica chi medita mantiene, e persino aumenta, la capacità di percepire il dolore, ma è in grado di escludere l’interpretazione del vissuto soggettivo, e quindi la sofferenza“, spiega Bottaccioli. E sottolinea un dato che potrebbe avere implicazioni importanti per chi soffre di dolore cronico. Un altro studio pubblicato sulla stessa rivista indica che la pratica di una meditazione Yoga può contribuire ad attenuare i sintomi della fibromialgia, un disturbo caratterizzato da dolore muscolo scheletrico cronico.

Non solo Prozac
A confermare l’effetto della meditazione come antidepressivo è uno studio pubblicato dall’autorevole “Archives of General Psychiatry”: un gruppo di pazienti in cura per depressione è stato trattato con farmaci fino alla scomparsa dei sintomi. A quel punto il gruppo è stato diviso in tre: alcuni pazienti hanno cominciato a praticare una terapia cognitiva basata sulla meditazione mindfulness, finalizzata al controllo delle emozioni, mentre altri hanno continuato ad assumere il farmaco oppure un placebo. Dopo 18 mesi, si è visto che meditazione e farmaci risultavano altrettanto efficaci nel contenere le ricadute, limitate al 30 per cento dei pazienti rispetto al 70 di chi aveva assunto il placebo. Grazie alla meditazione, insomma, sembra possibile far durare nel tempo i risultati ottenuti con i farmaci, venendo incontro alle esigenze dei molti che non vogliono prolungare la terapia, e possono essere a rischio di ricadute. “Sappiamo che la meditazione consente di regolare le emozioni, osservandole con un certo distacco senza esserne sopraffatti”, spiega Raffone.
Altri studi mostrano che praticare aiuta a controllare gli stati emozionali estremi, in particolare la paura, agendo sull’attività dell’amigdala. E che ha un effetto non solo sui sintomi ansioso depressivi ma anche sui livelli ormonali legati agli effetti fisiologici dello stress. “E’ quanto è emerso da uno studio organizzato in collaborazione con l’Università di Ancona sugli operatori sanitari che partecipano ai nostri corsi”, racconta Bottaccioli: “Abbiamo visto che con la pratica della meditazione i livelli di cortisolo si sono praticamente dimezzati tra l’inizio e la fine del corso”.

MEDITAZIONE: OSSERVAZIONE CONSAPEVOLE
Quanto é importante la meditazione? E soprattutto, come si svolge? Ebbene credo che la meditazione sia sottovalutata in tutti i suoi aspetti e non sappiamo cosa davvero significhi “meditare”.  Mi ricordo di aver letto in un libro di Osho che l’atto della meditazione può avvenire anche mentre spazziamo il pavimento. Si, perché per meditare é sufficiente essere consapevoli e presenti nell’atto che stiamo eseguendo, nel “qui-e-ora”. Ecco un breve passo di Osho:

La meditazione è solo una tecnica per raggiungere lo stato dell’estasi, lo stato di ebbrezza divina. E’ una tecnica semplice, ma la mente la rende molto complicata. La mente deve renderla molto complicata e difficile, in quanto le due realtà non possono coesistere. La meditazione è la morte della mente; naturalmente, la mente si oppone ad ogni sforzo teso verso la meditazione.

L’osservazione è la chiave della meditazione. Osserva la tua mente. Non fare nulla. Limitati a osservare qualsiasi cosa faccia la mente. Non disturbarla, non prevenirla, non reprimerla; non fare assolutamente niente in prima persona. Limitati a essere un osservatore. E il miracolo dell’osservare, è meditazione.

Allorché ti limiti a osservare, pian piano la mente si svuota di pensieri. Ma non ti addormenti, al contrario divieni più sveglio, più consapevole. E con lo svuotarsi della mente, la tua energia diviene una fiamma di risveglio. Allorché la mente è assolutamente assente – se n’è andata del tutto, e non la riesci più a trovare da nessuna parte – per la prima volta, diventi consapevole di te stesso, perché la stessa energia che era assorbita dalla mente, non trovandola più, si ribalta su se stessa.
Grazie all’osservazione, la mente e i pensieri scompaiono. E il momento più estatico, si ha quando ti ritrovi pienamente all’erta, senza che esista in te un singolo pensiero… ma solo il cielo silente del tuo essere interiore.
Questo è il momento in cui l’energia si volge all’interno: questa inversione è improvvisa, è repentina! E quando l’energia si volge all’interno, porta con sé una gioia infinita. Quando la meditazione ritorna alla propria sorgente, esplode in una gioia immensa. Questa gioia, nel suo stadio supremo, è illuminazione.  [OSHO]

UNA TECNICA MOLTO SEMPLICE DI MEDITAZIONE
Lasciando da parte tutte le vostre preoccupazioni, le vostre tensioni,
sedetevi sul pavimento a gambe incrociate, in posizione comoda, cercando
tuttavia di mantenere la schiena ben eretta.
Oppure, se ciò vi è difficile, sedete su una semplice sedia, sempre con la
spina dorsale ben eretta
Restate con gli occhi chiusi, il più possibile immobili, ma rilassati.
Una volta che il corpo é sistemato al punto da non darvi più disturbo,
potete iniziare fissando l’attenzione sui rumori che vi giungono da lontano,
dall’esterno, rispetto alla stanza dove vi trovate.
Così, senza fretta… per qualche minuto.
Quindi restringete il campo di percezione della vostra coscienza alla
dimensione della stanza.
Percepite le pareti, il soffitto, il pavimento, gli oggetti presenti vicini
a voi.
Poi, percepite voi stessi seduti in meditazione, nella posizione in cui vi
trovate… il vostro corpo, la vostra esistenza fisica.
Decontraetevi e lasciatevi pervadere dalla calma e dalla serenità.
Noterete che appena avrete avuto successo in questo senso il respiro si farà
più lento; ma, anche più evidente.
Allora, con dolcezza, convogliate tutta la vostra attenzione su di esso. In
un certo senso monodirezionate la concentrazione.
Ora siete certi di essere con la vostra consapevolezza nel presente. Nel
‘qui e ora’.
Quello che state sperimentando é uno stato di coscienza, uno stato
dell’essere. Avete preso dimora nella vostra coscienza e vi rimanete, con
naturalezza e piacere, fin che vi sarà possibile.
Se qualche pensiero si presenta, osservatelo pure; ma, non lasciatevi
coinvolgere.
Allenatevi al distacco, rispetto alla attività emotiva della vostra mente.
Devitalizzate i pensieri semplicemente spogliandoli del loro aspetto
emotivo. In questo modo rimarranno utili nella vostra memoria solo come una
esperienza; ma, non vi disturberanno più.
Quando deciderete di terminare dovrete farlo gradualmente, compiendo il
percorso opposto rispetto all’inizio muovendo con calma la concentrazione
dal centro del vostro essere alla periferia fino a che non riprenderete
coscienza del vostro corpo fisico e dei rumori che vi giungono dall’esterno.
Sciogliete la posizione lentamente.
Tenete presente che una meditazione prolungata porta il battito cardiaco e
la pressione a livelli molto bassi e per conseguenza sarebbe scioccante un
risveglio troppo repentino.

nb: Il suono del telefono o qualsiasi altro rumore, durante la meditazioneprofonda, può procurarvi un tuffo al cuore. Per questo bisogna essereattenti nell’organizzare il luogo e le giuste condizioni per la pratica.



venerdì 27 luglio 2012

DANILO QUINTO: COSI' IL LUCIFERINO PANNELLA E' RIUSCITO A RUBARMI LA VITA”



Danilo Quinto si converte e subito viene trasformato in impostore: “Ho portato 45 milioni di euro in 10 anni: vi racconto come li sperperava”

di Stefano Lorenzetto

Il re è nudo. Nudo come quella volta che ricevette un attonito Gaetano Quagliariello, facendosi trovare in ammollo nella vasca da bagno a piagnucolare: «Vorresti dimetterti proprio ora e lasciarmi così? Non ti rendi conto del dolore che mi dai?», e l’attuale senatore del Pdl non riuscì a dire nulla, «capii solo che dovevo sottrarmi e scappare», avrebbe confessato anni dopo.
È devastante il ritratto di Marco Pannella che esce dalle 208 pagine del libro Da servo di Pannella a figlio libero di Dio, scritto da Danilo Quinto, per dieci anni tesoriere del Partito radicale, edito da Fede & Cultura e dedicato alla «più formidabile macchina mangiasoldi della partitocrazia italiana», così il sottotitolo, «una famiglia allargata dove tutto ciò che era privato diveniva anche pubblico, dove ci si accoppiava e ci si cornificava fra di noi, dove il massimo della gratificazione era salutare Pannella baciandolo sulle labbra quando si presentava alle riunioni mano nella mano con l’ultimo dei suoi fidanzati ventenni e lo imponeva come futuro dirigente o parlamentare». Anche Quinto a un certo punto della propria vita ha capito che doveva svincolarsi dall’abbraccio soffocante del suo attempato pigmalione e fuggire.

Alla fine c’è riuscito. Ma a che prezzo: «Tre gradi di giudizio nel tempo record di quattro anni, con una sentenza della Cassazione che, pur riducendomi la pena di oltre la metà e concedendomi il beneficio della non menzione, mi condanna a 10 mesi per appropriazione indebita, consentendo a Pannella di darmi pubblicamente dell’impostore, dell’estorsore e del millantatore. Peggio di Luigi Lusi, insomma».
Il leader radicale dimentica di aggiungere che dev’essere anche un vero cretino, questo Quinto, che dal 1995 al 2005 ha procurato al partito finanziamenti per ben 45 milioni di euro, ne ha maneggiati 19.651.357 di entrate e 20.976.086 di uscite, eppure si sarebbe degnato di mettersi in tasca solo un misero 0,32% di questo fiume di denaro, cioè 206.089,23 euro, «spese effettuate con la carta di credito, facenti parte del mio stipendio, sulle quali ho persino pagato le tasse, tutte regolarmente contabilizzate, oggetto di ricevute e dichiarate nei bilanci approvati dai vari congressi», ma sulle quali la magistratura in primo grado ha evitato di ordinare una perizia nonostante l’imputato non si rifugiasse nella prescrizione, e sarebbe arrivato a sgraffignare l’astronomica somma di 2.151,77 euro nell’ultimo anno in cui era in carica, e oggi è costretto a vivere della sua povertà: «Non possiedo una casa e neppure un’auto, non ho un conto corrente, sono indebitato fino al collo, ho dovuto abbandonare Roma e rifugiarmi nella natia Bari, mantengo la famiglia con un contratto a progetto da 1.200 euro al mese che scadrà il 31 dicembre, non avrò mai diritto alla pensione».
Peccato che Pannella si sia accorto solo dopo vent’anni che il suo collaboratore di fiducia era «un impostore dedito ad attività truffaldina», nonostante la conclamata bravura nel reperire tutti i mesi i soldi per pagare gli stipendi ai 150 dipendenti del Partito radicale. Una resipiscenza sopraggiunta peraltro solo il giorno in cui Quinto ha avviato una causa per vedersi riconosciuto dai giudici il dovuto, e cioè 6 milioni di euro, poi ridotti a 2: «Vent’anni di lavoro occasionale per 13-14 ore al giorno, senza contratto, senza contributi versati all’Inps, senza ferie, con presenza in sede anche il sabato, la domenica, a Natale, a Capodanno, a Pasqua. Aggiunga il mancato riconoscimento del rapporto subordinato, il mancato adeguamento dello stipendio al ruolo dirigenziale e la mancata corresponsione del Tfr». La causa è pendente davanti alla Corte d’appello di Roma.
Quinto, 56 anni, giornalista, un esame mancante alla laurea in giurisprudenza, s’è persuaso che il re nudo sia la personificazione di Satana e assicura d’averne avuto una controprova il giorno in cui, dimessosi dall’incarico di tesoriere, andò a ritirare le sue poche cose nella storica sede romana dei radicali, in via di Torre Argentina, dove ha lavorato, ma sarebbe più esatto dire vissuto, dal 1987: «Mi ero fatto accompagnare da padre Francesco Rivera, un esorcista. All’uscita mi disse: Sai, Danilo, ho avvertito molto forte la presenza del diavolo in quelle stanze. Ringrazia Dio che ti ha salvato».
La salvezza s’è presentata a Quinto con le sembianze di Lydia Tamburrino, un soprano originaria di Cassino cresciuta alla scuola di Franco Corelli, Placido Domingo e Montserrat Caballé, una credente dalla fede adamantina che l’allora tesoriere del Pr conobbe in una villa sull’Appia Antica, a una proiezione privata del film Diario di Matilde Manzoni di Lino Capolicchio, regista col quale la cantante lirica aveva esordito a Lucca in Bohème. «Fu un colpo di fulmine. Quando annunciai a Pannella che stavo per sposarmi, ammutolì. Come osavo? Non avevo chiesto il suo permesso! È una che conosciamo?, borbottò. Alla mia risposta, commentò con tono di scherno: Ah, allora potrà fare degli spettacoli per noi. Da quel despota che è, già considerava anche Lydia di sua proprietà. Non credo proprio, lo raffreddai. Lì cominciò la guerra per annientarmi».
Profumo d’incenso e odore di zolfo, si sa, non vanno d’accordo. Forse Pannella aveva fiutato il pericolo che quella donna incarnava. Infatti sarebbe stata lei a convincere il marito che non doveva più lavorare per il Partito radicale, a farlo riaccostare alla confessione dopo 30 anni, a riportarlo a messa tutte le domeniche. «Al nostro matrimonio religioso non venne nessuno degli amici con i quali avevo condiviso un ventennio di vita, a parte l’ex segretario Sergio Stanzani, che si presentò all’aperitivo e solo per un quarto d’ora».
Avrà temuto le ire del capo. «Sergio era succube di Pannella. Quando nel 1995 fu deciso che gli esponenti radicali dovevano denudarsi pubblicamente al teatro Flaiano di Roma, era terrorizzato: Se non lo faccio, Marco non mi candiderà alle prossime elezioni. Gli consigliai di andarsene in vacanza per evitare il ricatto. Ma il richiamo manipolativo del capo era troppo forte. Che tristezza vedere un uomo di 72 anni nudo in palcoscenico contro la sua volontà, con le mani sul pene, rannicchiato dietro un albero stilizzato. Se ci pensa bene, il corpo è al centro di tutta l’ideologia pannelliana, che vuole decidere come disporne e decretarne la morte, come garantirne la trasformazione nel corso della vita per assecondare le più disparate identità sessuali, come abusarne con sostanze che lo devastano. In una parola, non rispettarlo, consumarlo».
I digiuni estremi bene non fanno. «Estremi ma furbi. Il suo medico di fiducia mi svelò che quando Pannella decise di bere la propria urina davanti alle telecamere del Tg2, la sera prima la fece bollire e conservare in frigo per attenuarne il sapore».
In compenso nel 2002 persino il presidente della Repubblica si preoccupò delle condizioni di salute del guru e chiamò in diretta Buona domenica per indurlo a sospendere lo sciopero della sete. «Povero Carlo Azeglio Ciampi! Conservo il nastro di una riunione di partito – c’era questa mania di far registrare tutto, degna del Kgb – in cui Pannella gli dà della testa di cazzo. Un déjà vu. Marco è stato il grande elettore di Oscar Luigi Scalfaro al Quirinale, salvo definirlo don Rodrigo, eversore e fuorilegge quattro anni dopo, invitandolo a fare un passo indietro, fino al limite della galera».
Se è per quello, costrinse con accuse false il povero Giovanni Leone alle dimissioni e poi andò a chiedergli scusa poco prima che morisse. «Ora coccola Giorgio Napolitano e ne loda la davvero straordinaria, quotidiana, pubblica, sapiente opera e fatica. Però negli ultimi giorni ha cambiato musica. Siccome, stando a Italia Oggi, il mio libro avrebbe stoppato la campagna per la sua nomina a senatore a vita, si lamenta a Radio Radicale perché il capo dello Stato non è un liberale, è un ex comunista di cultura togliattiana. Lui fa sempre così: quando vuole ottenere qualcosa, minaccia».

Pannella è iscritto alla massoneria? «Non penso. Però mantiene con essa rapporti strettissimi. Del resto Giorgio Gaber nel monologo L’abitudine diceva: Io, se fossi Licio Gelli, mi presenterei nelle liste del Partito Radicale. Il capo della P2 fu sul punto d’essere candidato dal Pr come una qualsiasi Cicciolina. A questo scopo suo figlio Maurizio ebbe una serie d’incontri con Pannella in un albergo romano di via Veneto. Posso testimoniare che Gelli junior è stato un grande finanziatore del partito».
Che altro può testimoniare?«Che Radio Radicale ripianava i debiti della Lista Pannella col denaro ricevuto dallo Stato. Non poteva farlo, era contro la legge. Con una convenzione ad hoc e senza gara d’appalto, Radio Radicale dal 1998 incassa 10 milioni di euro l’anno per mandare in onda le sedute parlamentari che potrebbero essere trasmesse gratis dalla Rai. In più la legge sull’editoria le garantisce altri 4,3 milioni di euro in quanto organo della Lista Pannella, che peraltro non ha eletti in Parlamento. Ho denunciato tutto questo allo stesso procuratore della Repubblica che mi ha rinviato a giudizio. A tutt’oggi non mi è stata neppure comunicata l’archiviazione dell’esposto. Come se non l’avessi mai presentato».
Perché i radicali erano indebitati?«Pannella spende patrimoni per le sue carnevalate. La sola campagna Emma for president del 1999 per candidare la Bonino al Quirinale ci costò 1,5 miliardi di lire. All’annuncio che Marco voleva la sua cocca sul Colle, lei svenne o fece finta di svenire, non s’è mai capito bene, durante una riunione notturna in un albergo di Monastier, nel Veneto. Ha sperperato un mare di quattrini nel disegno megalomane e fallimentare del Partito Transnazionale, che aveva 20 sedi nel mondo, da Baku, nell’Azerbaigian, a New York, dove mi spedì a lavorare per sei mesi. Fu lì che vidi i solidissimi rapporti esistenti fra la Bonino, frequentatrice con Mario Monti del Gruppo Bilderberg, e lo spregiudicato finanziere George Soros, il quale nel 1999 prestò un miliardo di lire ai radicali. E fu lì che lessi il fax inviato da Pannella alla stessa Bonino quando la fece nominare commissaria europea nel 1994: Cara principessa, ora tutti s’inchineranno ai tuoi piedi».
Oltre che spendaccione, che tipo è Pannella? «Un pusillanime. Nell’ultimo colloquio che abbiamo avuto, teneva gli occhi bassi. Riaffermando la mia fede cristiana, riconquistavo la libertà, e questo gli metteva paura. Pur sapendo quale vendetta mi attendeva, ho provato molta pena per lui. Qualche tempo dopo Lydia lo ha incontrato per strada nei pressi di via del Tritone. Pannella le ha voltato le spalle fingendo di guardare le vetrine d’un negozio di strumenti d’acconciatura per donna. E dire che allora non portava la fluente coda di capelli bianchi che oggi tiene annodata lungo la schiena. Non ha avuto il coraggio di girarsi neppure quando mia moglie ha recitato ad alta voce, perché lui sentisse, il Padre nostro e l’Ave Maria».
Solo pusillanime?«Intelligente. Grande manipolatore. Ha attraversato 50 anni di politica italiana stando sempre nel ventre caldo della vacca, la partitocrazia, fingendo d’esserne fuori e di combatterla. La sede vera del Partito radicale è casa sua, in via della Panetteria, vicino alla Fontana di Trevi, frequentata assiduamente dai tre o quattro uomini che ha amato nel corso della sua vita. L’approvazione e l’esaltazione dell’omosessualità e della bisessualità non solo è connaturata al mondo radicale, ma rappresenta lo strumento attraverso il quale si formano le carriere politiche».
Eppure cita in continuazione le Sacre Scritture. «E che cosa sa fare il diavolo, se non cercare malamente d’imitare Dio? Da anni usa una sua foto, scattata durante un incontro con Papa Wojtyla al quale partecipavano il dc Flaminio Piccoli e molti altri parlamentari, per vantarsi d’aver avuto un filo diretto con Giovanni Paolo II. Sostiene persino che il Pontefice ascoltava le sue concioni a Teleroma 56. Mi dispiace che Giovanni Maria Vian, direttore dell’Osservatore Romano, sia andato a farsi intervistare da Radio Radicale per confermare quest’amicizia inesistente. Fa il paio con la stoltezza di don Gianni Baget Bozzo, pace all’anima sua, che lo venerava e diceva di lui: Pannella in realtà è una figura interna alla cristianità italiana, non è un politico: è un profeta».
Lei sta demolendo la persona alla quale ha consacrato metà della sua vita. «Lo so, e mi considero per questo un grande peccatore, che ha alimentato l’opera di devastazione che Pannella ha compiuto sull’identità cristiana di questo Paese. Ha confuso la libertà col desiderio. Ha portato l’Italia a non distinguere più il bene dal male. Ha distrutto milioni di vite umane con l’ideologia abortista. Per questa ragione combatte la Chiesa. Nella sua intelligenza luciferina, sa che gli sopravviverà».
Questo è sicuro.«Prigioniero di un delirio d’onnipotenza, a 82 anni sta evitando i conti con una categoria che non gli appartiene: la morte. Dovrebbe pregare, come fa mio figlio che di anni ne ha appena 7».


Fonte: srs di Stefano Lorenzetto, da Il Giornale.it,  di domenica 22 luglio 2012

martedì 24 luglio 2012

CHRIS HEDGES: PERCHÈ GLI STATI UNITI DISTRUGGONO IL LORO SISTEMA SCOLASTICO


Chris-Hedges

Una nazione che distrugge il proprio sistema educativo, degrada la sua informazione pubblica, sbudella le proprie librerie pubbliche e trasforma le proprie frequenze in veicoli di svago ripetitivo a buon mercato, diventa cieca, sorda e muta.  Apprezza i punteggi nei test più del pensiero critico e dell’istruzione. Celebra l’addestramento meccanico al lavoro e la singola, amorale abilità nel far soldi. Sforna prodotti umani rachitici, privi della capacità e del vocabolario per contrastare gli assiomi e le strutture dello stato e delle imprese.  Li incanala in un sistema castale di gestori di droni e di sistemi. Trasforma uno stato democratico in un sistema feudale di padroni e servi delle imprese.

Gli insegnanti, con i loro sindacati sotto attacco, stanno diventando altrettanto sostituibili che i dipendenti a paga minima di Burger King.  Disprezziamo gli insegnanti veri – quelli con la capacità di ispirare i bambini a pensare, quelli che aiutano i giovani a scoprire i propri doni e potenziali – e li sostituiamo con istruttori che insegnano in funzione di test stupidi e standardizzati. Questi istruttori obbediscono. Insegnano ai bambini a obbedire. E questo è il punto. Il programma ‘No Child Left Behind’, sul modello del “Miracolo Texano”, è una truffa. Non ha funzionato meglio del nostro sistema finanziario deregolamentato. Ma quando si esclude il dibattito, queste idee morte si autoperpetuano.Il superamento di test a scelta multipla [bubble testcelebra e premia una forma peculiare di intelligenza analitica.
Questo tipo di intelligenza è apprezzato dai gestori e dalle imprese del settore finanziario.  
Non vogliono dipendenti che pongano domande scomode o verifichino le strutture e gli assiomi esistenti. Vogliono che essi servano il sistema.  Questi testi producono uomini e donne che sanno leggere e far di conto quanto basta per occupare posti di lavoro relativi a funzioni e servizi elementari. I test elevano quelli che hanno i mezzi finanziari per prepararsi ad essi. Premiano quelli che rispettano le regole, memorizzano le formule e mostrano deferenza all’autorità.  I ribelli, gli artisti, i pensatori indipendenti, gli eccentrici e gli iconoclasti – quelli che marciano al suono del proprio tamburo – sono eliminati.
“Immagina” ha detto un insegnante di scuola pubblica di New York che ha chiesto di non fare il suo nome, “ di andare ogni giorno al lavoro sapendo che molto di quello che fai è una truffa, sapendo che non stai in alcun modo preparando gli studenti alla vita in un mondo sempre più brutale, sapendo che se non continui, secondo copione, con i tuoi corsi di preparazione ai test, e anzi se non migliori al riguardo, resterai senza lavoro.  Fino a pochissimo tempo fa, il preside di una scuola era qualcosa di simile a un direttore d’orchestra: una persona che aveva una profonda esperienza e conoscenza della parte e della collocazione di ogni membro e di ogni strumento. Negli ultimi dieci anni ho assistito all’emergere sia dell’Accademia della Leadership del [sindaco] Mike Bloomberg sia dell’Accademia dei Sovrintendenti di Eli Broad, entrambe create esclusivamente per produrre all’istante presidi e sovrintendenti che si modellano sugli amministratori delegati delle imprese.  Come è possibile che una cosa del genere sia legale? Come vengono riconosciute tali accademie? Di leader di che qualità ha bisogno una “accademia della leadership”? Che tipo di società consente a persone simili di amministrare le scuole dei suoi bambini? I testi di alto livello possono essere inutili da punto di vista pedagogico ma sono un meccanismo brillante per minare il sistema scolastico, instillando paura e creando una giustificazione perché se ne impossessino le imprese.  C’è qualcosa di grottesco nel fatto che la riforma dell’istruzione sia diretta non da educatori bensì da finanzieri e speculatori e miliardari.”

Gli insegnanti, sotto attacco da ogni direzione, stanno abbandonando la professione. Anche prima del blitzkrieg della “riforma” stavamo perdendo metà di tutti gli insegnanti nell’arco di cinque anni da quando avevano iniziato a lavorare, e si trattava di persone che avevano speso anni e molte migliaia di dollari per diventare insegnanti. Come può aspettarsi il paese di trattenere professionisti dignitosi e addestrati di fronte all’ostilità delle condizioni attuali? Sospetto che i gestori di fondi speculativi che stanno dietro il nostro sistema delle scuole parificate – il cui interesse principale non è certo l’istruzione – siano felicissimi di sostituire gli insegnanti veri con istruttori non sindacalizzati e scarsamente addestrati. 
Insegnare sul serio significa instillare i valori e il sapere che promuovono il bene comune e proteggono una società dalla follia dell’amnesia della storia. L’ideologia utilitaristica industriale abbracciata dal sistema dei test standardizzati e delle ‘accademie della leadership’ non ha tempo per le sottigliezze e le ambiguità morali intrinseche a un’educazione alle arti liberali. L’industrialismo ruota intorno al culto dell’io. E’ incentrato sull’arricchimento e il profitto personale come solo fine dell’esistenza umana. E quelli che non si adeguano sono messi da parte.
“E’ estremamente avvilente rendersi conto che si sta in realtà  mentendo a questi bambini insinuando che questa dieta di letture industriali e di test standardizzati li stia preparando a qualcosa,” ha detto questo insegnante, che temeva di subire rappresaglie dagli amministratori scolastici se questi avessero saputo che stava parlando fuori dai denti. “E’ ancor più avvilente sapere che la tua sussistenza dipende sempre più dal sostenere questa bugia.  Ti devi chiedere come mai gli amministratori dei fondi speculativi siano così improvvisamente interessati all’istruzione dei poveri delle città? Lo scopo principale della follia dei test non è di valutare gli studenti, bensì di valutare gli insegnanti.”
“Non posso dirlo con certezza – non con la certezza di un Bill Gates o di un Mike Bloomberg che pontificano con certezza assoluta in un campo del quale non sanno assolutamente nulla – ma sospetto sempre più che uno degli obiettivi principali della campagna per la riforma sia di rendere il lavoro dell’insegnante così degradante e offensivo che gli insegnanti dignitosi e davvero istruiti semplicemente se ne andranno fin quando mantengono ancora un po’ di rispetto per sé stessi,” ha aggiunto. “In meno di un decennio siamo stati spogliati dell’autonomia e siamo sempre più microgestiti.  Agli studenti è stato dare il potere di licenziarci per il fallimento nei loro test. Gli insegnanti sono stati assimilati a porci al truogolo e incolpati del collasso economico degli Stati Uniti.  A New York ai presidi è stato dato ogni incentivo, sia finanziario sia in termini di controllo, perché sostituiscano gli insegnanti esperti con reclute di 22 anni fuori ruolo. Costano meno. Non sanno niente. Sono malleabili e vulnerabili alla revoca.”

La demonizzazione degli insegnanti è un’altra finta della propaganda, un modo, da parte dell’industria, di sviare l’attenzione dal furto di circa 17 miliardi di dollari di stipendi, salari e risparmi a danno dei lavoratori statunitensi e da un panorama in cui un lavoratore su sei è disoccupato. Gli speculatori di Wall Street hanno saccheggiato il Tesoro statunitense. Hanno frustrato ogni tipo di regolamentazione. Hanno evitato incriminazioni penali. Stanno svuotando i servizi sociali fondamentali. E ora stanno pretendendo di amministrare le nostre scuole e università.
“Non solo i riformatori hanno rimosso la povertà come fattore; hanno anche rimosso le attitudini e le motivazioni degli studenti come fattori,” ha detto questo insegnante, che è membro di un sindacato insegnanti. “Sembrano credere che gli studenti siano qualcosa di simile alle piante cui basti dar acqua ed esporle al sole del tuo insegnamento e tutto fiorisce. Questa è una fantasia che insulta sia lo studente sia l’insegnante.  I riformatori sono venuti fuori con una varietà di piani insidiosi promossi come passi per professionalizzare il lavoro degli insegnanti. Siccome sono tutti uomini d’affari che non sanno nulla del settore, è superfluo dire che ciò non si fa dando agli insegnanti autonomia e rispetto. Usano remunerazioni basate sul merito in cui gli insegnanti degli studenti che fanno bene nei test a risposta multipla ricevono più soldi e gli insegnanti i cui studenti non fanno così bene nei test a risposta multipla, ricevono meno soldi. Naturalmente l’unico modo in cui ciò potrebbe essere concepito come equo sarebbe se in ogni classe si avesse un gruppo identico di studenti; una cosa impossibile. Lo scopo vero della remunerazione in base al merito consiste nel dividere gli insegnanti gli uni dagli altri spingendoli alla caccia agli studenti più brillanti e più motivati e a istituzionalizzare ulteriormente l’idea idiota dei test standardizzati. C’è sicuramente un’intelligenza diabolica all’opera in tutto ciò.”
“Se si può dire che l’amministrazione Bloomber sia riuscita in qualcosa,” ha detto, “ha avuto successo nel trasformare le scuole in fabbriche di stress in cui gli insegnanti scorrazzano a chiedersi se è possibile compiacere i propri presidi, se la propria scuola sarà ancora aperta l’anno prossimo, se il sindacato sarà ancora lì a offrire un qualche genere di protezione, se avranno ancora un posto di lavoro l’anno prossimo. Non è così che si gestisce un sistema scolastico. Così lo si distrugge. I riformatori e i loro compari nei media hanno creato un mondo manicheo di insegnanti cattivi e di insegnanti efficienti. In questo universo alternativo non ci sono altri fattori. Ovvero, tutti gli altri fattori – povertà, genitori degeneri, malattie mentali e denutrizione – sono tutte scuse del Cattivo Insegnante che possono essere superate dal duro lavoro dell’Insegnante Efficiente.”
I davvero istruiti diventano consci. Diventano consapevoli di sé stessi.  Non mentono a sé stessi. Non fanno finta che la truffa sia una cosa morale o che l’avidità della imprese sia una cosa buona.  Non affermano che le esigenze del mercato possano giustificare moralmente la fame dei bambini o la negazione dell’assistenza medica ai malati. Non cacciano di casa 6 milioni di famiglie come costo della conduzione degli affari.  Il pensiero è un dialogo con il proprio io interiore. Quelli che pensano pongono domande, domande che coloro che detengono l’autorità non vogliono siano poste. Ricordano chi siamo, da dove veniamo e dove dovremmo andare. Restano eternamente scettici e diffidenti nei confronti del potere. E sanno che questa indipendenza morale è l’unica protezione dal male radicale che deriva dall’incoscienza collettiva. Questa capacità di pensare è baluardo contro ogni autorità centralizzata che cerchi di imporre un’obbedienza stupida. C’è un’enorme differenza, come comprese Socrate, tra l’insegnare alle persone cosa pensare e l’insegnar loro come pensare. Quelli che sono dotati di una coscienza morale rifiutano di commettere delitti, anche quelli sanzionato dallo stato-impresa, perché alla fine non vogliono vivere con dei criminali, sé stessi. “E’ meglio essere in conflitto con il mondo intero […] che essere in conflitto con me stesso,” disse Socrate.
Quelli che sono in grado di porre le domande giuste sono armati della capacità di fare una scelta morale, di difendere il bene contro le pressioni esterne.  Ed è per questo che il filosofo Immanuel Kant pone i doveri che abbiamo verso noi stessi prima dei doveri che abbiamo verso gli altri. Il riferimento, per Kant, non è l’idea biblica dell’amore per sé stessi – ama il tuo prossimo come te stesso, fai agli altri quello che vorresti che essi facessero a te – ma il rispetto di sé. Quel che ci dà valore e significato come esseri umani è la capacità di sollevarci ed opporci all’ingiustizia e alla vasta indifferenza morale dell’universo. Una volta morta la giustizia, come sapeva Kant, la vita perde ogni significato.  Quelli che obbediscono docilmente alle leggi e alle norme imposte dall’esterno – comprese le leggi religiose – non sono esseri umani morali.  L’adempimento di una legge imposta è moralmente neutro. I davvero istruiti mettono le loro volontà al servizio di un’istanza di giustizia, empatia e ragione più elevate. Socrate ha sostenuto la stessa tesi quando ha detto che è meglio patire il male che farlo.
“Il male più grande che sia stato perpetrato,” ha scritto Hannah Arendt, “è il male commesso dai nessuno, ovvero dagli esseri umani che rifiutano di essere persone.” Come ha puntualizzato la Arendt, dobbiamo aver fiducia soltanto in coloro che hanno questa consapevolezza di sé stessi. Questa consapevolezza di sé stessi viene solo dalla coscienza. Viene dalla capacità di guardare la crimine che viene commesso e dire “Io non posso”.  Dobbiamo temere, ha ammonito la Arendt, quelli il cui sistema morale è costruito sulla struttura inconsistente dell’obbedienza cieca.  Dobbiamo temere quelli che non sono in grado di pensare. Le civiltà prive di coscienza si trasformano in deserti autoritari.
“I malvagi peggiori sono quelli che non ricordano perché non hanno mai prestato attenzione alla questione e, senza ricordo, niente può trattenerli,” scrive la Arendt.  “Per gli esseri umani, pensare al passato significa muoversi nella dimensione della profondità, gettando radici e così rendendosi stabili, in modo da non essere spazzati via da qualsiasi cosa possa accadere, lo Zeitgeist [lo spirito del tempo], o la Storia o la semplice tentazione.  Il male più grande non è profondo, non ha radici, e poiché non ha radici non ha limiti, può arrivare a estremi impensabili e spazzare il mondo intero.”




lunedì 23 luglio 2012

IL NUCLEO SATANICO DEL LIBERISMO ECONOMICO


Bernard de Mandeville

Il satanismo definisce l’uomo da un punto di vista prettamente carnale, piuttosto che dai suoi desideri spirituali, preferendo il materialismo e disprezzando ( o non considerando) la sfera spirituale. La favola delle api di De Mandeville dimostra che il liberismo è radicato nel dogma satanico.
Il liberismo fa parte della dialettica degli illuminati assieme al comunismo:
“Essenzialmente, due forze apparentemente opposte portano avanti lo stesso obiettivo:. Uno stato di polizia mondiale governato da una oligarchia di satanisti”

L’EROE OSCURO DEL LIBERISMO: BERNAND DE MANDEVILLE
Nato a Rotterdam nel 1670, Bernard de Mandeville venne in Inghilterra a seguito della salita al trono di Guglielmo d’Orange. Medico di professione, Mandeville divenne meglio noto come autore satirico. Ancora più importante, Mandeville era anche un satanista, collegato con i Blasters e l’Hell-Fire Club nel 18 ° secolo in Inghilterra.
Sebbene il nome di Mandeville sia stato del tutto cancellato dagli attuali discorsi economici, molti pensatori del libero mercato tessono lodi sfrenate alle sue intuizioni.
In una conferenza tenuta alla British Academy nel 1966, Friedrich von Hayek  esaltò Mandeville definendolo un “genio” e un “grande psicologo”, le cui teorie anticiparono quelle di David Hume, Adam Smith e Charles Darwin, elogiando infine la sua Favola delle Api come un lavoro “straordinario”.
Anche Ludwig von Mises tributa positivamente Mandeville nel suo Theory and History, osservando che
“Egli [Mandeville] ha sottolineato che l’auto-interesse e il desiderio di benessere materiale, generalmente stigmatizzati come vizi, sono in realtà gli incentivi necessari per il benessere la prosperità e la civiltà.”
Anche John Maynard Keynes, sicuramente non un economista austriaco, riconobbe in Mandeville uno dei precursori principali della The General Theory of Employment and Money.
In questi giorni, l’economista austriaco Gary North nel suo sito web definisce la poesia di Manderville “il poema più importante degli ultimi 300 anni”.
Ma cosa c’è di così speciale nella favola delle api da aver ispirato gente del calibro di Hayek, Mises e Keynes?

IL BENE PROVIENE DAL MALE E DA ALTRE PERVERSIONI
The Fable of the Bees or Private Vices, Publick Benefits venne pubblicata nel 1705, ma è stata rielaborata e integrata con abbondanti commenti nei 25 anni successivi.
Nei suoi scritti, Mandeville sostiene che la libertà rappresenta la disinibita ricerca dell’uomo della sua vile materialità e dei suoi istinti carnali. Piuttosto che rappresentare il male, l’egoismo e la licenziosità conducono alla prosperità.
Secondo Mandeville, “Il male è il grande principio che ci rende creature sociali, la base solida, la vita e il sostegno di tutto il commercio e l’occupazione senza eccezione”.
Influenzato da Mandeville, Adam Smith giunse alla conclusione che l’interesse personale è il pilastro di una società prospera. Hayek e Mises andarono oltre.  Si scagliarono contro l’altruismo e la solidarietà vedendoli come ostacoli al successo economico di una società.
Naturalmente, Smith identifica giustamente il valore aggiunto apportato dalla divisione del lavoro sottolinenando che i produttori e i venditori sono principalmente motivati da interessi personali. Ma questo non significa che l’interesse dovrebbe essere il principio fondamentale della civiltà. Ovviamente esso è il male e l’antitesti di ogni società.
Mandeville ha inoltre affermato che la ricchezza di una nazione si basa sul mantenimento di una sottoclasse di lavoratori poco istruiti.
Seguendo i passi di Mandeville, Mises sottolineò che “gli uomini nascono disuguali e che è proprio la loro disuguaglianza che genera la cooperazione sociale e la civiltà.”

IL DIRITTO DI PERMETTERE AI BAMBINI DI UCCIDERSI
L’anarco-capitalista Murray Rothbard prese le distanze dall’ideologia Mandeville. Tuttavia, Rothbard stesso sostenne che i genitori hanno “il diritto legale di non alimentare il [loro] bambino, consentendoli cioè di morire”.
Poiché il sistema Rothbard nega che gli esseri umani abbiano obblighi morali gli uni verso agli altri, egli rifiuta l’aggressione (il “principio di non-aggressione”), ma acconsente negligenze, fino al punto di causare la morte.
Questo è il risultato negativo di voler estremizzare le dottrine libertarie. Chiaramente, il “principio di non aggressione” è necessario ma non sufficiente per progettare una società giusta e umana.

LE IDEOLOGIE SATANICHE E IL LIBERISMO MODERNO
Qui di seguito ci sono 3 detti ben noti
La legge satanista di Alastair Crowley contenuta in Thelema recita così:
“Fai ciò che vuoi sarà tutta la Legge”.
Il romanziere libertario Ayn Rand proclama in The Fountainhead:
“Il primo dovere dell’uomo è nei confronti di se stesso. La sua legge morale è quella di non mettere mai gli altri prima di se. Il suo obbligo morale è quello di fare ciò che desidera, a condizione che il suo desiderio non dipenda in primo luogo da altri uomini.”
Infine, un passaggio dell’economista austriaco Ludwig Von Mises, nel quale si ammira la posizione elitaria di Rand:
“Il fine ultimo di un azione è sempre la soddisfazione di alcuni desideri dell’uomo. Dal momento che nessuno è in grado di sostituire i propri giudizi con quelli delle persone giudicate, è inutile esprimere un parere sugli obiettivi di altre persone. ” (Human Action)
Al di là delle differenze di formulazione e anche se la versione di Mises è più sfumata di quella di Crowley o di Rand, questi tre estratti stanno essenzialmente dicendo la stessa cosa.
Ora, una cosa è indicare le somiglianze tra il satanismo e il libertarismo, ma, la propaganda satanista è in realtà il nucleo centrale della dottrina libertaria e dell’economia austriaca.
La connessione satanismo/liberismo è molto viva oggi. Il candidato libertario Ron Paul, auto dichiaratosi ammiratore di Rand, potrà affrontare molti temi in maniera corretta, ma è stato collegato agli Illuminati ed è stato visto mostrare simboli satanici.

LA DIALETTICA SATANICA
La scuola austriaca non è l’unica scuola economica infettata dal satanismo, tutt’altro. Come Hayek, Keynes fu un membro della famigerata Fabian Society. Lo si conosceva anche perchè molestava i bambini. Karl Marx stesso era un satanista.
In realtà, il socialismo, il sionismo, e il satanismo erano inizialmente uniti: nel 19 ° secolo l’attivista ebreo Moses Hess, un influente precursore del sionismo moderno, fu anche uno dei primi sostenitori del socialismo e un collaboratore di Marx. Fu Hess che avviò Marx ed Engels al satanismo.
L’obiettivo finale di tutte queste ideologie è dominio di una elite satanica transnazionale, oligarchica. Sia il marxismo che l’Autrismo si oppongono al nazionalismo e supportano il libero mercato.
Il collaboratore di Mises, l’arco-sionista, di formazione gesuita, massone di alto rango Richard Coudenhove-Kalergi riassunse la dialettica Illuminata in questo modo:
“La lotta tra capitalismo e comunismo per l’eredità della nobiltà di sangue è una guerra fratricida dell’aristocrazia vittoriosa, una lotta tra individualismo e socialismo, egoismo e altruismo, spirito pagano e spirito cristiano.
Lo staff generale di entrambe le parti viene reclutato dalla razza spirituale leader [gli ebrei]. ”
In sostanza, due forze apparentemente opposte portano avanti lo stesso obiettivo: uno stato di polizia mondiale governato da un’oligarchia di satanisti miliardari.


ANDANDO OLTRE LA DIALETTICA ILLUMINATA
A dire il vero, l’economia austriaca e il libertarismo hanno introdotto concetti utili sia nell’etica che nella moderna teoria economica. Lo stesso si può dire di Keynes e Marx. Le ideologie degli Illuminati contengono sempre alcuni gustosi bocconi di verità, in modo da rendere l’inganno satanico più efficace.
Elevandosi al di sopra di questa dialettica Illuminata, la nostra sfida è quella di digerire queste perle di saggezza, dividendoli dalle menzogne e dalle mezze verità.
Alla fine, la vera guerra condotta dagli Illuminati è spirituale. Non si tratta solo di quale sistema economico sia il più favorevole o quale di essi sia il più efficente. Non si tratta neppure di decidere quale sistema politico sia il migliore. Si tratta, in fondo, di una battaglia tra forze positive e forze negative, per le nostre anime.


Fonte: da Ne Vitruvian del   27 febbraio 2012
Fonte: Da Stampa Libera del  29 febbraio 2012


martedì 17 luglio 2012

ALCUNE ISCRIZIONI PRESENTI SU UNA SEPOLTURA ANTICA DI 2000 ANNI POTREBBERO FORNIRE INFORMAZIONI UTILI RIGUARDO ALLA MORTE DI GESÙ.


Ossario di Miriam

Il contenitore funerario in calcare, definito come un ossario, potrebbe rivelare quale fosse la patria di Caifa, il sommo sacerdote coinvolto nella crocifissione di Gesù.  L’autorità israeliana per le antichità, che confiscò l’ossario da alcuni saccheggiatori tre anni fa, lo ha poi consegnato al prof. Yuval Goren, del Dipartimento di Archeologia dell’Università di Tel Aviv, che ha condotto il tentativo di autenticazione.

“Al di là di ogni ragionevole dubbio, si tratta di un’iscrizione autentica”, ha affermato Goren, dopo aver condotto un esame approfondito sul contenitore che, oltre all’iscrizione, presenta anche alcune rosette decorative.
Le scoperte di Goren dimostrano che questa insolita iscrizione getta luce su uno degli uomini dietro alla morte di Gesù. L’iscrizione completa recita: “Miriam, figlia di Yeshua figlio di Caiaphus, sacerdote di Maaziah da Beth Imri,” citando quindi il defunto, con tre generazioni di parenti e una potenziale posizione di riferimento.
La parola ‘Maaziah’ si riferisce a un clan che fu l’ultimo di 24 ordini di sommi sacerdoti durante il periodo del Secondo Tempio, ha spiegato Goren. Sebbene ci siano alcuni riferimenti al clan nelle fonti talmudiche che illustrano le loro vite dopo la loro diffusione in Galilea nel 70 d.C., il riferimento a Beth Imri fornisce un’informazione nuova sulla posizione della famiglia prima della migrazione.
Secondo i ricercatori, anche se è possibile che Beth Imri si riferisca a un altro ordine sacerdotale, più probabilmente si riferisce a un luogo geografico, forse il villaggio di origine della famiglia di Caifa.
Si pensa che l’ossario provenga da un luogo di sepoltura nella Valle di Elah, a sud-ovest di Gerusalemme, il luogo leggendario della battaglia tra Davide e Golia.  Beth Imri  era probabilmente situato sulle pendici del Monte Hebron. Non è la prima volta che un ossario fa notizia. Un’iscrizione scoperta di recente afferma che un altro ossario contiene i resti di Giacomo figlio di Giuseppe, fratello di Gesù. Questa rivelazione ha fatto notizia nel 2002, per poi rivelarsi una bufala.
Goren è convinto che questa è vera – e ha la scienza dalla sua parte.  
Quando una roccia rimane depositata nel terreno per millenni, è influenzata dall’ambiente circostante e a sua volta influenza l’ambiente circostante”, ha osservato.  Processi come l’erosione causata dall’acqua acida e l’accumulo di rivestimenti di calcare o silicio, l’attività biologica come lo sviluppo di batteri, alghe, licheni, e la circostante attività della flora e della fauna hanno portato al rivestimento della pietra. La maggior parte di questi avvenimenti sono però impossibili da replicare in laboratorio.
La scoperta del prof. Goren è riportata nell’ Israel Exploration Journal.

Fonte: Archeo Storia,  del 3 settembre 2011
Fonte: Discovery New, del 31 agosto 2011


lunedì 16 luglio 2012

FOTOGRAFIA: INTERVISTA A MAURO FIORESE

Mauro Fiorese

Mauro Fiorese (Verona, 1970) vive e lavora tra Veneto e Lombardia. E’ fotografo, docente e consulente, attivo nell’ambito della ricerca fotografica. Insegna Fotografia presso l’Accademia di Belle Arti di Verona e, dal 2003, è docente di Linguaggio Fotografico alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università scaligera. Autore di diverse pubblicazioni, ha esposto in Italia e all’estero. Sue fotografie fanno parte di collezioni pubbliche e private. E’ consulente del Centro Internazionale di Fotografia Scavi Scaligeri.

Sei fotografo, docente e curatore. In quale di questi ruoli ti riconosci di più?
Mi sento innanzitutto fotografo, questa è stata la mia formazione e il mio principale lavoro per anni. Ho sempre cercato di affiancare alla fotografia professionale quella di ricerca. Oggi posso dire di aver raggiunto dei traguardi soddisfacenti con la ricerca che ho voluto, da diversi anni, accompagnare al ruolo di docente. La docenza mi ha dato e mi dà molto; mi ha sostenuto economicamente e mi ha permesso di far conoscere storia e tecniche del linguaggio fotografico a pubblici differenti: studenti dell’Università di Scienze dei Beni Culturali, dell’Accademia di Belle Arti, partecipanti ai workshop che organizzo d’estate insieme all’amico e maestro texano Keith Carter. Credo che i giovani, soprattutto in Italia, non vadano solo aiutati ma prima ancora convinti. Il successo della fotografia come mezzo di comunicazione interpersonale “super-facilitata” e “super-veloce” tende a farli illudere che il passo per arrivare alla professione sia rapido… Non è così. La fotografia ha una rilevante componente tecnica e, anche se le idee sono sempre alla base di un buon lavoro creativo, è necessario conoscere la storia del mezzo che si usa e dei suoi principali esponenti. Ma insegnare non vuol dire solo trasferire nozioni in sedi accademiche, vuol dire anche tenersi aggiornati, vivere quello che accade nel panorama internazionale partecipando a Festival o manifestazioni legate alla fotografia, sia in Italia che all’estero, anche in qualità di lettore di portfolio come ho fatto quest’anno al Houston Fotofest. Infine, per quanto riguarda la curatela delle mostre, posso dire che è un’attività nata per caso, dalla conoscenza di colleghi “talentuosi” durante il mio soggiorno e i miei continui viaggi negli USA, la cui fama e qualità del lavoro ritenevo necessitasse di essere apprezzata anche dal pubblico italiano.

A proposito di lettura di portfolio, un tuo parere su questo “strumento”.
La lettura di portfolio e’ uno strumento utilissimo per valutare il lavoro di un fotografo. Tuttavia solo se da parte di chi sottopone il proprio lavoro c’è una preparazione scrupolosa allora i risultati in qualche maniera possono essere soddisfacenti. Il fotografo deve rendersi conto che, solitamente, ha venti/trenta minuti di tempo per parlare del suo lavoro. Questo è l’unico vero limite ma, se lo si prende nel modo giusto, è anche uno stimolo per cercare di produrre un portfolio convincente, soprattutto in termini di coerenza linguistica e progettuale. Il principale pregio, a mio parere, consiste nel potersi confrontare con vere e proprie “personalità” della fotografia che sarebbero altrimenti inavvicinabili. Questo avviene maggiormente negli Stati Uniti dove questi eventi sono gestiti in modo molto professionale ed organizzato e spesso la lettura del portofolio ha un costo. Anche in Europa si trovano spesso buone occasioni tra i vari Festival di Fotografia. A volte sono gratuiti e ben gestiti, a volte disorganizzati e letteralmente estenuanti. Il difetto potrebbe proprio essere quello di “capitare”, per mancanza d’esperienza, nelle “mani sbagliate”. E’ bene informarsi sia sulla manifestazione che sui lettori prima d’iscriversi.

Qual è stato, in sintesi, il tuo percorso nell’ambito della Fotografia?
Ho iniziato il mio percorso formativo studiando Architettura all’IUAV di Venezia dove, negli anni Ottanta, ho frequentato il corso di Storia e Tecnica della Fotografia di Italo Zannier, cominciando a produrre del materiale con l’intenzione di fare ricerca. Quando la convinzione si e’ trasformata in presa di coscienza di voler fare della Fotografia una scelta di vita, mi sono trasferito a Milano a studiare all’Istituto Europeo di Design dove mi sono diplomato al corso quadriennale di Fotografia. Durante questi anni ho vinto una borsa di studio che mi ha permesso di soggiornare diversi mesi a Parigi e di studiare presso la Speos Institute of Photography. Terminati gli studi di Fotografia mi sono trasferito, grazie alla rivista Ottagono, con cui avevo iniziato a collaborare, a New York per due anni. Questo, devo ammettere, nonostante i sacrifici, è stato il miglior investimento, professionale e umano. Già dai primi anni Novanta passavo spesso i mesi estivi negli USA, dove vivono dei carissimi amici di famiglia che mi hanno sempre ospitato, e dove ho frequentato diversi workshop con maestri americani. Qui ho stretto anche rapporti di amicizia come quello con Keith Carter con cui oggi collaboro. A New York ho lavorato anche per altre riviste di Architettura, che continua ad essere un soggetto fotografico a me caro, come Abitare che mi ha dato anche l’occasione di fotografare il grande architetto Richard Meier. Sempre in America ho avuto l’onore di conoscere e frequentare per qualche tempo Robert Frank che mi ha lasciato un segno indelebile nel cuore e a cui devo buona parte delle decisioni che ho preso in futuro … chi come lui, dopo il successo di “The americans” decide d’intraprendere nuove strade espressive e reinventarsi continuamente fa riflettere sia dal punto di vista artistico che umano.

Un itinerario di studio calibrato con cura…
C’e chi studia e rimane un teorico puro e chi fotografa mantenendo competenze solo tecniche. Ci sono stati, poi, molti casi nella storia dell’Arte e della Fotografia in particolare, in cui entrambe le competenze si sono fuse e i risultati spesso sono stati interessanti. A me piace realizzare immagini per raccontare una mia verità – decisamente non oggettiva – e trasmettere emozioni a chi le osserva. Tuttavia, amo conoscere i lavori di altri e, una volta conosciuti, magari approfondire la conoscenza con l’autore stesso poiché c’è sempre la possibilità d’imparare anche a livello umano. Quando anche questo avviene allora l’interesse diventa qualcosa di più della semplice comune esperienza nella fotografia bensì complicità e amicizia.
Così, spesso, mi capita di curare o di scrivere dei testi per altri autori che ammiro e stimo. E in pochi, ma eccezionali casi, la collaborazione professionale diventa un’esperienza arricchente e unica. Ecco perché, anche come autore, amo i progetti a più mani. Per confrontarsi e lavorare ad un obiettivo comune pur mantenendo le proprie identità artistiche e personali.

Quali i tuoi “punti di riferimento” a livello nazionale e internazionale?
Faccio spesso riferimento a persone e a luoghi che ho avuto la fortuna d’incontrare sul mio cammino. In Italia sono legato a Mario Cresci, che mi ha insegnato a fotografare senza macchina fotografica, a Edward Rozzo senza il quale non mi sarei probabilmente mai trasferito negli USA e a Moreno Gentili che mi ha insegnato la sensibilità nei confronti di tematiche sociali. Non meno importante e’ stato, per la sua umiltà e umanità, Mario Giacomelli che ho conosciuto nel 1994 e la cui unica foto originale che possiedo mi ha accompagnato sempre e dovunque mi fossi trasferito di casa. Negli USA il mio mentore e oggi amico, è stato Keith Carter; ho anche però dei punti di riferimento che non ho mai avuto la fortuna di conoscere come Diane Arbus e altri con cui ho lavorato e con cui lo scambio culturale e umano è stato decisamente arricchente come Carl de Keyzer, Michael Kenna e Jerry Uelsmann. Vi sono luoghi, infine, che ti restano dentro per molti motivi: ero affezionato alla vecchia sede dell’International Center of Phtography di New York, un’antica casa in stile Vittoriano dove ho trascorso momenti indimenticabili sia come studente che come Guest Teacher. In Francia, invece, la Maison Européenne de la Photographie che è stata la mia “prima casa” dove ho approfondito le conoscenze sulla fotografia imparate a Milano così come i Rencontres di Arles che sono stati la mia prima “gita” fotografica all’estero. In Italia sono legato al Centro Scavi Scaligeri di Verona, in cui ho esposto nel 2001 e presso il quale collaboro come consulente.

La conoscenza della storia della Fotografia favorisce la ricerca artistica?
Conoscere la storia di un mezzo artistico e dei suoi movimenti, passando per luoghi, date e nomi, è necessario per avere una conoscenza delle potenzialità del mezzo stesso. Chi è passato alla storia della fotografia, in quale momento storico e con che tipo di lavoro? Queste domande possono aiutare un giovane a migliorarsi non solo sul piano tecnico ma soprattutto umano poiché a volte si può anche ammirare il lavoro di un grande fotografo ma non il suo stile di vita o la sua personalità. Questo dovrebbe essere il “motto”: guardare, conoscere e studiare per poi metabolizzare, dimenticare e creare.

E ciò vale in particolare in questo momento storico!
E’ vero, per la Fotografia è un momento di grande cambiamento… c’è chi parla di crisi, ma non è forse la crisi proprio un momento di passaggio e un’occasione per risolvere certi problemi insoluti? In fondo ogni disciplina artistica è passata per strade di contaminazione, avanguardie e sperimentazione che non sempre hanno portato da qualche parte ma quando certi artisti ci sono riusciti hanno costituito nuove correnti e scuole di pensiero. E’ così che si è formata in tutti questi anni la Storia dell’Arte. Ed è così che continuerà ad essere.

Dove sta andando la fotografia oggi, in Italia, in Europa, nel mondo?
“Fotografia” è oggi un termine troppo vago per essere definito in poche parole ma se di Fotografia d’Autore vogliamo parlare, allora credo che il momento attuale sia di grande fermento un po’ ovunque. In Italia esistono importanti luoghi istituzionali, pubblici e privati ad essa dedicati ed anche i Festival si stanno moltiplicando. Tuttavia mi sembra che nel nostro Paese siano assai rare le tavole rotonde o i convegni su questi temi fra fotografi, curatori, galleristi, critici e collezionisti. Ognuna di queste figure professionali, che insieme formano il mercato, sembra vagare e, di tanto in tanto, casualmente incontrarsi, o forse solo scontrarsi, per poi riprendere la propria strada. Sarebbe importante che tutti noi professionisti ci assumessimo di più la responsabilità di indirizzare gli artisti verso una crescita personale, dedicandoci alla ricerca di esposizioni di alta qualità e con nuove aperture ai meno conosciuti e magari anche in spazi alternativi. Troppo di rado mi capita di vedere italiani all’estero o per curare mostre e leggere portfolio o per mostrare e far leggere i propri lavori. Proprio il Fotofest di Houston, ad esempio, è da sempre una di quelle occasioni più uniche che rare per farsi conoscere e, spesso, anche per vendere i propri lavori. L’arte costa sacrificio. Sacrificio nel conoscerla, nel produrla e nel divulgarla. Ma penso fermamente che chi ci crede davvero prima o poi possa emergere.

Fonte: srs di Fausto Raschiatore, da cultframe.com del  luglio 2006


IL RITRATTO DI MAURO FIORESE NEL TEMPIO DELLA FOTO. LA GEORGE EASTMAN HOUSE OSPITA L'AUTORE VERONESE CHE ESPONE ANCHE A TORINO E AL PRINCIPATO DI MONACO

MOSTRE. La selezione della Biennale veneziana e altre prestigiose gallerie premiano il direttore artistico di PH Neutro
18/01/2012



Stagione di successi per il fotografo veronese Mauro Fiorese, presente con la sua opera Lite, 2011 all'esposizione torinese della Biennale di Venezia: lui è felice di esserci (a differenza di molti che preferiscono non esserci, visto l'affollamento voluto dal curatore Vittorio Sgarbi), ma, Torino a parte, per Fiorese i motivi di orgoglio non mancano. Una sua foto è anche alla mostra «The Unseen Eye: Photographs from the W. M. Hunt Collection», in corso (fino al 19 febbraio) in uno dei templi della fotografia: George Eastman House, il museo internazionale di fotografia e film di New York. Essere lì nella collezione di William M. Hunt (solo opere in cui il viso è oscurato, gli occhi sono chiusi, non possono essere visti, evocando in tal modo emozioni) «è uno dei più grandi onori della mia carriera», dice Fiorese. Dall'America a Montecarlo, con una mostra (fino al 30 giugno) assieme a Keith Carter, con cui Fiorese ha già realizzato il libro Two Spirits (Mondadori Electa, 2001/2002), in occasione della rassegna agli Scavi Scaligeri e ora Dream of a Place of Dreams, esposta al Club des Résidents Etrangers de Monaco: un lavoro in bianco e nero, nato nel 2006 e svolto a quattro mani, che i due fotografi hanno portato avanti, grazie alla collaborazione con la Monaco Asia Society, e che ci mostra una Montecarlo diversa, fatta anche di gente comune, lontana dagli stereotipi. È lo stesso principe Alberto a firmare l'introduzione del catalogo, edito da Siz. Dai successi internazionali al lavoro quotidiano, da direttore artistico della galleria veronese PH Neutro («un'attività che mi diverte, che mi permette di seguire collezionisti, di creare collezioni nuove») e con il reportage per il libro La basilica di Santa Anastasia a Verona: storia e restauro, il volume realizzato dal Banco Popolare: «Fare questo lavoro mi ha emozionato. Avevo già toccato la tematica sacra in un altro progetto Aula Dei-Icone della Spiritualità (Arsenale Editrice, 2006). I luoghi dello spirito vivono di una luce propria a cui si può credere o meno. È il buio talvolta, il luogo dello spirito attraverso cui la fotografia arriva alla luce per osservarla».

Fonte: srs di Maria Teresa Ferrari, da L’arena di Verona  del 18 gennaio 2012