domenica 31 maggio 2009

Sigma fotografia indirizzi utili link e varie



Sigma   fotografia  indirizzi utili link e dintorni

 

 

Sito Sigma Ufficiale: http://www.sigma-photo.co.jp/english/index.htm

 

Sito FOVEON: http://www.foveon.com/

 

Importatore italiano Sigma: http://www.mamiya-trading.it/

 

Assistenza italiana Sigma: http://www.ad-service.it/

 

Manuale SPP2 in italiano In sostanza uguale alla versione 2.5 http://www.megaupload.com/?d=KVPYCBN0

 

 

Downloads

 

SPP2.5 exe http://www.megaupload.com/?d=D4WF3QFV

 

SPP3.5.1 - 3.3 Download http://www.sigma-photo.co.jp/english/support/soft/index.htm

 

SPP3 exe http://www.megaupload.com/?d=88JDHFVY

 

Manuali SPP e Fotocamere Sigma http://www.sigma-photo.co.jp/english/support/catalogue/use.htm

 

 

Fonti e quotazioni prodotti Sigma

 

SD14 Europa: http://www.idealo.de/preisvergleich/OffersOfProduct/549493_-sd14-sigma.html

 

DP1 Europa: http://www.idealo.de/preisvergleich/OffersOfProduct/942019_-dp1-sigma.html

 

DP2 Europa: http://www.idealo.de/preisvergleich/OffersOfProduct/1177700_-dp2-sigma-foto.html

 

Obiettivi Europa con attacco Sigma: http://www.idealo.de/preisvergleich/ProductCategory/4332F208914-295584.html?param.resultlist.count=50

 

Shop on line Italia SD14: http://www.trovaprezzi.it/categoria.aspx?libera=sigma+SD14&id=5&prezzoMin=&prezzoMax=&sbox=sb

 

Shop on line Italia obiettivi Sigma: http://www.fotodigit.it/sezioni/elenco-ordine_1-marca_9998-codCAT_173-page_1.html

http://www.trovaprezzi.it/categoria.aspx?libera=obiettivi+per+sigma&id=41&prezzoMin=&prezzoMax=&sbox=sb

 

Obiettivi con prezzi buoni (chiedere in info-mail l'attacco Sigma) http://www.granbazaar.it/prodotti/109/fotografia/obiettivi/sigma/index.html

 

 

Recensioni, tests, tutorials e accorgimenti.

 

Sigma DP1 AML-1 Lens review Filmati e foto in dimensione originale. http://www.rytterfalk.com/2008/06/19/sigma-dp1-aml-1-lens-review-in-video-and-pictures/

 

Test comparativi ottiche Sigma: http://210.238.185.197/~maro/lens_test.html

 

Sigma Lens Reviews (Zooms & Primes) http://www.slrgear.com/reviews/showcat.php/cat/29

 

Tabella distanza iperfocale http://blogs.sun.com/danilop/entry/tabella_distanza_iperfocale

 

Grafici di trasmissione di Filtri per fotografia UV e IR   http://diglloyd.com/diglloyd/free/CoastalOptics60f4/spectral.html

 

Filtri IR acrilici http://www.aereofoto.it/afiltriesterni1.html

 

Why Infrared? http://dpfwiw.com/ir.htm

 

Verifica del sistema di messa a fuoco. http://forum.tevac.com/Prime-foto-della-Sigma-SD14-t43246.html&pid=579038&mode=threaded&start=600#entry579038

 

Mira ottica per test di messa a fuoco (stampare pag.18 cliccandoci sopra col destro del mouse): http://focustestchart.com/focus21.pdf

 

Pulizia Sensore: Dust-Aid Platinum http://www.dust-aid.com/08DAplatinum.html Reperibile su ebay da UK.

 

Verifica della compatibilità di flash meno recenti con le fotocamere digitali http://www.botzilla.com/photo/strobeVolts.html

FAQ del sito Metz: http://www.metz.de/en/photo-electronics/faq.html#c2138

 

Note (in inglese) sul Flash EF500 Super in "slave mode". http://www.flashzebra.com/tips/supersigmamanualmode/index.shtml

 

Flash di rimbalzo (Bounced flash) http://sigmadp1.forumup.it/viewtopic.php?t=36&mforum=sigmadp1

 

30mm f:1,4 secondo Rytterfalk http://www.rytterfalk.com/2007/12/

 

SD14 Info Compilation http://www.foto.nordjylland.biz/SD14/SD-usertips.htm#_Toc209291728

 

 

Fotositi, Forum Sigma, Gallerie.

 

Sigmauser Europa I prodotti Sigma visti dalla parte del consumatore. http://www.sigmauser.eu/

 

Sigma forum inglese dpreview: http://forums.dpreview.com//forums/forum.asp?forum=1027

 

The Understanding Series Interessanti spiegazioni di un noto sito di fotografia. http://www.luminous-landscape.com/

 

Tecniche e info in italiano su "Nadir": http://www.nadir.it/tecnica_00.htm

 

Pbase La più grande galleria (anche in dimensioni originali) selezionabile per fotocamera. http://search.pbase.com/search

 

PBase Camera Database and Museum Immagini da tutto il mondo selezionabili per camera e per obiettivo http://www.pbase.com/cameras

 

Georges Noblet (Galleria). Professore, pittore e fotografo francese, sigmauser esclusivo. http://www.pbase.com/ianvermeer

 

Olga Vasilkova (Galleria). Fotografa professionista, sigmauser esclusiva. Felicemente sposata in Germania (prima modella: la figlia Anastasia, ormai teenager). http://www.pbase.com/ovasilkova

 

Carl Rytterfalk (Blog) Fotografo svedese, sigmauser esclusivo, sposato con una cinese conosciuta durante un precedente soggiorno in quel paese. http://www.rytterfalk.com Selezionare per categoria o per mese nelle tendine sulla destra.

 

Immagini SD10-14: http://italo.fotopic.net/

 

 

Vorrei segnalare questo gruppo su flickr

http://www.flickr.com/groups/341024@N21/

 

 

Poi c'è ne sono un paio italiani che avrebbero bisogno di nuovi iscritti 

http://www.flickr.com/groups/813125@N23/

http://www.flickr.com/groups/sigma-sd14-italia/

 

 

Volevo segnalare questo indirizzo per il F/B focus.

http://www.rawworkflow.com/lensalign

 

 

Ho trovato il sito duracell per la vendita diretta delle batterie con i ricambi per praticamente tutto.

I prezzi sono interessanti e le spese di spedizione comprese

il sito e`:   http://www.duracelldirect.it/index.html

 

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Versione Stand-alone o tool-bar per Internet Explorer e Firefox: http://www.megaupload.com/it/ 


 

Fonte: http://sigmadp1.forumup.it/

 

 

 

I verdi sono come le angurie



E’ mai possibile che i verdi siano come le angurie: verdi di fuori, rossi di dentro, e con tanti  s…emi 

venerdì 29 maggio 2009

A breve esploderà una crisi…

A breve esploderà una crisi economica di tali proporzioni al confronto della quale la crisi attuale verrà definita benessere.
Intanto facciamo un piccolo bilancio dal 2007, anno della prima crisi delle borse, ad oggi.
Fra crisi di borsa, bancarotte bancarie, iniezioni di banconote create dal nulla, crisi industriali e ci aggiungiamo la "scoperta" di derivati e titoli spazzatura la cifra della attuale "crisi" oscilla fra i 3000 e i 5000 miliardi di Dollari.
Responsabile di tutto questo sono gli Stati che hanno sanato i falsi in bilancio, le banche centrali che stampano moneta dal nulla senza pagare le tasse, salvataggi bancari che vengono pagati dallo Stato e addebitati ai cittadini.
Governo e finta opposizione parlano già di ripresa o minimizzano la gravità della situazione, ma la realtà scientificamente misurata nei numeri è completamente diversa.
Il 19 febbraio è comparso un articolo su Milano Finanza, che parlava di una gigantesca voragine che si sta per aprire. Per intenderci, Milano Finanza è il quotidiano finanziario fra i più letti assieme al Sole 24 ore.
MF ha raccontato dei risultati di uno studio del Governo Europeo (la Commissione) che faceva luce sulla reale situazione delle Banche europee.
Il risultato è sconvolgente: le banche Europee (non quelle americane) hanno nel loro portafoglio, cioè in contabilità, una media del 40% di titoli che sono cartastraccia, ossia i cosiddetti "titoli tossici" che sarebbe il caso di chiamare "mortali".
Si tratta di 18000 (diciottomila) miliardi di Euro (cioè 24 miliardi di dollari al cambio attuale) di titoli tossici.

Cioè ARRIVERA' UNA CRISI DALLE 5 ALLE 8 VOLTE PIU' GRANDE DELL'ATTUALE .

Cerchiamo di capire di che cosa si tratta. Che cosa sono questi titoli tossici ? Perché essi provocheranno questi fenomeni?
I titoli tossici sono delle truffe finanziarie orchestrate con la complicità di politici e amministratori.
Per esempio, alcuni comuni, fra i quali Napoli, hanno venduto a società finanziare dei loro presunti "crediti".
Ad esempio, certi comuni avanzavano soldi dai propri cittadini per tasse locali non pagate, come il passo carraio, scarichi fognari ecc,. Invece di andare a riscuotere, cosa per altro impossibile perché i cittadini nel frattempo erano emigrati o morti, o comunque non avevano i mezzi e la cultura di pagare, invece di andare a riscuotere gli amministratori hanno trovato più utile e facile "vendere" il credito a società di riscossione, per una frazione del loro valore.
Attenzione però che in effetti questi crediti erano "inesigibili", ossia carta straccia.
Ma le società che hanno comperato, a loro volta, invece di riscuotere, hanno collocato nelle borse e nelle banche dei titoli per sé stesse, in quanto società capitalizzate con un presunto "credito" in realtà fatto di carta straccia.
E' così per esempio che la stessa INPS nel 1998-1999 ha venduto alle borse circa 50 miliardi di Euro di contributi non pagati, chiamandoli "cartolarizzazioni".
Le banche e gli azioni li hanno comperati, e rivenduti ai risparmiatori, ed ora si scopre che sono "titoli tossici",  ossia carta straccia.
Dobbiamo dire le cose come stanno: SONO STATE TRUFFE A DANNO DEL RISPARMIO PUBBLICO.
Coloro che erano al governo allora sono gli stessi che hanno LEGALIZZATO LE TRUFFE SANANDO I FALSI IN BILANCIO, ed oggi dicono che tutto va bene e che tutto riprenderà presto come prima. Sperano così di lasciare il pacco al prossimo che arriva o di continuare come si è fatto negli ultimi 20 anni.
Invece la crisi, quella vera, comincerà a scoppiare fra l'autunno 2009 e l'estate del 2010. Oltre alle aziende fallite e molta disoccupazione, non mi sorprenderò nel vedere imponenti moti sociali.

Chi mi conosce sa che dico queste cose da mesi, così come avevo pronosticato l'attuale crisi da anni, ma ho aspettato a fare queste constatazioni pubblicamente per arrivare all'evidenza che le i "poteri" mentono consapevolmente.
Il regime sa che tutto ciò sta per arrivare, e a noi non resta che prepararci al cambiamento, e a  dirigerlo….


Fonte: tratto da srs  Loris  Palmerini; 17 maggio 2009


giovedì 28 maggio 2009

La sindrome di Commodo



L’ONU ci fa sapere che in Africa ci sono 11 milioni di profughi a causa di guerre, carestie e inondazioni (1). Oltre al solito immancabile numero undici ci informa che alcuni stati ospitano fino a 250mila di questi disperati.
Il tono dell’articolo è propedeutico a una nuova campagna di falsificazione sulla necessità di accogliere milioni di “migranti” in Europa attraverso il suo ventre molle che è, manco a dirlo, l’italia.
Mentre Maroni si batte come un leone per inserire l’immeritevole italia nel consesso dei paesi civili, il sistema globalista è sempre vigile affinché nessuna frontiera europea sia chiusa. 
Indicativo il fatto che l’ONU se la prenda con l'ex belpaese sul problema immigrazione e non con Malta, perché quello un paese anglosassone, inoltre l’amministrazione Obama sta iniziando un giro di vite sui clandestini di stampo prettamente “leghista” ma con la significativa differenza che non incasserà le critiche feroci di Repubblica, Unità, Manifesto e gli altri giornali “progressisti” (2). 
L’Australia, uno degli stati meno densamente abitati del globo, ha una legislazione in materia talmente rigida che se un paese europeo intendesse copiarla pari pari rischierebbe di fare la fine di Serbia e Irak: bombardato dalla Nato, con la “benedizione” dell’Onu, da armi illegali come l’uranio impoverito o vietate dlla Convenzione di Ginevra come il fosforo bianco!
Fino a qui niente di nuovo.

Ma la cosa che la gente non ha ben compreso è che in italia l’immigrazione è PIANIFICATA e ORGANIZZATA dalle stesse strutture istituzionali nell’intento di salvare i privilegi di se stesse. Il che può avvenire solo SALVANDO L’UNITA’ STATUALE.
E l’unità “nazionale” la si salva in un solo modo: CREANDO UN POPOLO “ITALIANO” METICCIO annientando le DIFFERENZE ETNICHE tra le varie popolazioni che abitano la penisola.
Mussolini fu il precursore.
Spedì i Veneti nelle paludi pontine e i Romagnoli in Sardegna. E inviò i meridionali in Sud Tirolo.
Prima gli cambiò nome, ridenominandolo “Alto Adige”, un’entità storicamente mai esistita, e poi italianizzandolo a suon di immigrati.

Questo è esattamente ciò che Roma capitale ha in progetto con la Padania.
Riempirla di extracomunitari, comunitari di ogni razza, per meglio nascondere anche le vistose differenze fenotipiche tra meridionali e settentrionali, e poi chiamarli “italiani” con tanto di diritto di voto, rappresentanza parlamentare estendendo a tutti la cittadinanza.
Esempio di “italiani OGM” sono i conduttori dei programmi televisivi, in onda da Roma, i quali grazie ad artefici tecnici sfoggiano pelle chiarissima. Le giornaliste Rai e Mediaset esibiscono capigliatura biondiccia e nasini all’insù come fossero tutte sorelle.
OGNI notizia trasmessa dai telegiornali nazionali è attentamente vagliata, soppesata, manomessa per mostrare che “siamo tutti uguali” ma in fondo meridionali e romani sono più capaci, belli e meritevoli.

Ormai TUTTE LE FORZE POLITICHE E SOCIALI, ad esclusione dell’arera leghista , INNEGGIANO agli ingressi liberi e si oppongono a quei “respingimenti” che sono LA NORMA in qualsiasi paese civile dotato di frontiere e diritti di cittadinanza DEGLI AUTOCTONI non dei primi venuti clandestinamente.
La “querelle” sui “respingimenti” finirà che la Padania dovrà accettare TUTTI gli immigrati che Roma deciderà di mandare sopra l’Arno.
Lo scopo è di cancellare le tradizioni locali, come i dialetti, e sostituirli con l’”italiano” ma quello televisivamente romanesco del “a me, me sembra” e “che stai a dì”.
Così le ridondanti trasmissioni di arte culinaria servono a creare un “sentimento” alimentare “nazionale” cancellando le variegatissime tradizioni gastronomiche locali, grazie alle quali, la penisola è il posto dove si mangia meglio al mondo. Ci tolgono anche questo.

Mentre i salari crollano e il precariato dilaga, a Milano il prefetto si strugge per trovare alla caterva di zingari una sistemazione ed un posto di lavoro. Quello che non c’è per i milanesi.
L’italia è uno dei pochi paesi UE che non ha posto una moratoria all’ingresso dei Rom dopo l’entrata della Romania nell’Unione.
Da Roma e dal Meridione gli zingari li hanno cacciati per concentrarli a Milano.
In modo da fare dire ad un qualche ente che “le statistiche dicono che c’è più criminalità nel capoluogo lombardo che nella capitale”.
Le mafie meridionali fanno affari d’oro con i clandestini che dopo essere stati sfruttati in nero vengono spediti in Padania per essere assistiti a spese delle comunità locali. 
Per poi pontificare che “l’assistenzialismo c’è anche al Nord”.

Sindrome di Commodo.
Come il loro antenato imperatore, i romani vincono solo se le gare sono truccate a loro favore.
Poche sono le rassomiglianze tra l’autentico figlio di Marc’Aurelio in comune con il Commodo, impersonato da Joaquin Phoenix, del film “il Gladiatore” di Ridley Scott. Che scendeva nell’arena dei gladiatori per battersi, ma unicamente in tenzoni combinate a suo favore.
Dopo avere NEGATO i finanziamenti per collegare Malpensa al resto del mondo, via terra e via cielo BLOCCANDO gli “slot”, hanno fatto dire ai loro sudici servi che era “una cattedrale nel deserto” e che “Malpensa va venduta” (ricordate Beppe Grillo? A chi voleva farla vendere? Alla società Aeroporti Roma?). 
Inoltre nel provvedimento sul riordino del trasporto aereo dei governo unionista furono introdotte limitazioni ai voli internazionali dagli scali minori. Provvedimento teso a favorire Fiumicino, designato unico hub, che fu definito testualmente “ridicolo” da un portavoce di Ryanair.

Non si parla più delle grandi opere padane.
A breve neppure dell’Expo a Milano, sopraffatta dall’ “emergenza immigrazione” INASPRITA dal comportamento di magistrati, prefetti, questori. Tutti meridionali sul libro paga dello statalismo centralista.
In compenso Berlusconi, che a Milano non si fa più neanche vedere, ha sancito che il ponte sullo Stretto è una priorità! Per chi?
Nel napoletano il problema dell’immondizia è solo stato nascosto sotto il tappeto dell’ipocrisia berlusconiana del “fare”.  Poiché il fatto è che ai campani PER MOTIVI ETNICI frega nulla di raccogliere, tantomeno differenziare la spazzatura. Con l’arrivo dell’estate il problema inasprirà sotto il profilo sanitario. Succederà che le regioni padane SARANNO COSTRETTE beccarsi la “rumenta” terronica.
DUE MILIARDI di euro per il problema rifiuti in Campania, senza risolvere alcunché. MIGLIAIA DI MILIARDI di vecchie lire regalati alla Fiat per giganteschi impianti automobilistici che adesso chiude senza colpo ferire, al costo di migliaia di “esuberi”.
Immensi agrumeti e frutteti sradicati senza misericordia nella piana di Gioia Tauro per fare spazio un porto costato cifre enormi di denari dei contribuenti per farlo divenire il più grosso varco di ingresso di droga in Europa.

Entrano liberamente, attirati da ogni regalia garantita a Roma, CENTINAIA DI MILIAIA DI CRIMINALI, DI AMMALATI CRONICI, DI INVALIDI AL 100%. A farne le spese maggiormente le regioni padane che saranno trasformate in un vero inferno.
Le carceri esplodono e ormai a ritmo mensile di promulgano amnistie/indulti/ depenalizzazioni/condoni e, considerando che NON si fanno le espulsioni, i criminali immigrati saranno così tanti da superare i cittadini onesti in numero.

Del resto, guardatevi attorno.
Gli “italiani” mostrano volti sempre più incarogniti e imbufaliti mentre gli immigrati sfoggiano sorrisi e allegria contagiosi.
Non ci vuole molto a spiegarlo.
Nelle peggior crisi mondiale dal dopoguerra gli stranieri in italia hanno trovato la terra promessa.
Non solo possono impunemente commettere quasi qualunque reato, ma anche se sono clandestini, hanno diritto a sanità e scuole per i figli, con insegnati di sostegno, completamente gratuite. Se non hanno casa e lavoro, i comuni sono obbligati a fornire un sussidio e le assistenti sociali a sbattersi per trovare loro una sistemazione.
Diversamente dagli “schiavi di Roma” per cui avere un impiego è divenuto una chimera quanto sperare di ottenere un sussidio e le case a prezzo di mercato un sogno impossibile.

Per l’OCSE i salari italiani sono i più bassi d’Europa, ma la casta fa entrare milioni di disperati in competizione per un posto di lavoro sempre più irreperibile. Un “dumping sociale” a cui sarà impossibile opporsi pena sentirsi dare dei “razzisti”.
Idem per le pensioni.
Gli oneri impropri dell’INPS, in maggior parete costituiti dall’ASSITENZIALISMO A MERIDIONALI E IMMIGRATI, stanno per divenire così preponderanti da mandare a gambe all’aria il sistema previdenziale pubblico qualunque “innalzamento” dell’età pensionabile abbiano in mente gli stronzi nei palazzoni dell’EUR.
Che l’”invecchiamento della popolazione” sia un grossolano pretesto per riformare le pensioni viene dimostrato chiaramente da due fatti:
A – In Padania ci sono numerosissime province IN ATTIVO per i conti previdenziali nonostante vi siano molti anziani.
B – La gran quantità di immigrati è costituita in massima parte da giovani o giovanissimi per cui l’età media dei residenti nella penisola NON si sta alzando.
Eppoi, dato che per andare a riposo ci vogliono già 65 anni di età o 40 anni di contribuzione che diamine significa “innalzare l’età pensionabile”?

Dicono che il Sud è “povero” perché c’è la mafia.
Ma la “mafia” sono loro, i mafiosi sono MERIDIONALI mica giapponesi!
I consessi criminali del sud “fatturano” CENTINAIA DI MILIARDI DI EURO. Ciascuna delle tre principali organizzazioni, siciliana, campana e calabrese ha un giro di affari annuale ESENTASSE SUPERIORE a quello della Fiat!
Il Meridione è RICCO non povero!

L’arroganza del potere capitolino è rimasta immutata in 18 secoli.
E al crepuscolo degli dei romani il potere diverrà sempre più intollerante a requisitorio.
Tutte le “authority” , i centri di ricerca, gli organismi di controllo “nazionali” vengono allocati dall’Urbe in giù in ossequio al proverbio secondo il quale “CHI NON LAVORA, COMANDA”.

La magistratura si guarda bene dal toccare REALMENTE il Cavaliere Blù poiché egli fu fatto “scendere in campo” dai “poteri forti”,  LA MAFIA, in combutta con lo stato centralista per togliere i voti alla Lega al Nord, altrimenti prima o poi il movimento di Umberto Bossi avrebbe ottenuto la maggioranza dei voti e forzato la secessione.
A Roma tra i fondatori di Forza italia anche Marcello Dell’Utri, “plenipotenziario”  “in continente”. In casa di Gianni Letta su siglato il “patto della crostata” (3) in favore di un sistema elettorale bipartitico che escludesse i movimenti politici territoriali di cui anche il referendum del 21 giugno prossimo è espressione.
Basta osservare ora i pupazzi e bambole berlusconisti in Lombardia nelle trasmissioni politiche nei media locali arrampicarsi sugli specchi per giustificare lo scempio che Roma capitale sta compiendo contro la Padania.
Particolarmente buffo è un certo Piergianni Prosperini, un pagliaccio mandato sul palco mediatico a recitare il ruolo del milanese ruspante e dialettale, che sciorina grottesche argomentazioni a perorare le posizioni di un indifendibile “kippah” Fini.

E a ben pensarci Berlusconi fa rivivere l'imperatore Commodo, quello della sceneggiatura purtroppo.
Sprezzante verso popolo volendo esautorare la rappresentanza popolare (il parlamento attuale e il Senato Romano nel film). Impulsivo e intollerante delle critiche verso i suoi colpi di testa. Corroso dal sospetto di essere tradito dagli amici.

Ma la vita reale non ricalca mai le trame dei film.
Noi non intravediamo un Generale Massimo “Ispanico”, che possa porre fine all’incantesimo in un’arena reale, o virtuale nel dibattito politico.

Invece nell’abisso del disfacimento di questo stato in avanzata decomposizione la follia balcanica delle ”enclavi” che le etnie dominanti si costruiranno a colpi di kalashnikov non appena i magistrati, prefetti e poliziotti terroni se ne infischieranno dell’”orine pubblico” dal giorno in cui non riceveranno più lo stipendio. Anzi, per “affinità elettive”, si uniranno facilmente alle mafie d’importazione.
La sindrome di Commodo caratterizza gli Ultimi Giorni dell’italia terminale.

Fonte:   tratto da:   http://falsoblondet.blogspot.com/


1 ) http://it.reuters.com/article/entertainmentNews/idITMIE54I03I20090519
2 ) http://peppecaridi2.wordpress.com/2009/05/19/usa-giro-di-vite-di-obama-contro-gli-immigrati-clandestini/
3 ) http://www.geocities.com/comdirel/j1/cds80310.htm

mercoledì 27 maggio 2009

Usa/ Giro di vite di Obama contro gli immigrati clandestiniPubblicato da peppecaridi su 19, Maggio, 2009





Maggiori controlli su quelli detenuti nelle prigioni locali 
– Roma, 19 mag. (Apcom) – 
L’amministrazione Obama sta ampliando un programma avviato dalla precedente amministrazione Bush per identificare gli immigrati clandestini detenuti nelle carceri locali, al fine di allontanarli dagli Stati Uniti. Lo riporta oggi il Washington Post, che cita fonti dell’amministrazione. I detenuti nelle carceri federali sono già sottoposti a scrupolosi accertamenti da parte delle autorità, ma nelle prigioni locali non è sempre possibile fare lo stesso per mancanza di tempo e di personale. L’amministrazione Obama intende invece dare un giro di vite nei confronti degli immigrati clandestini che hanno commesso reati, che saranno identificati attraverso le impronte digitali ed espulsi dal Paese. David Venturella, il funzionario dell’Immigrazione Usa che dirige questo programma, ha ricordato che il segretario per la Sicurezza Interna Janet Napolitano è stata “molto chiara” nell’affermare che la priorità dell’amministrazione è quella di allontanare dal Paese i clandestini che hanno commesso reati. Il programma è stato attivato in via sperimentale lo scorso ottobre in 48 contee nel Paese, inclusa la contea di Fairfax. Nel corso del 2009 saranno prese in esame le impronte digitali contenute nei registri di un milione di prigioni locali. Il programma è attivo anche in città come Los Angeles, Dallas, Houston, Miami, Boston e Phoenix, e le autorità ritengono che entro il 2012 coprirà quasi tutte le prigioni locali degli Stati Uniti.

Fonte: peppecaridi su 19, Maggio, 2009

martedì 26 maggio 2009

6 LUGLIO 1941: LA MANCATA INVASIONE DELL'EUROPA DA PARTE DI STALIN


Viktor Suvorov   pseudonimo di Vladimir Bogdanovich Rezun,



LA MANCATA INVASIONE DELL'EUROPA DA PARTE DI STALIN 



Il 22 giugno 1941 le truppe tedesche di Hitler, in un'estrema reazione per prevenire l'attacco di Stalin,  invadono  l'Unione Sovietica, e bloccano l’invasione dell’Europa.

Intervista di M. Quadri a Viktor SUVOROV al secolo Vladimir Rezun agente del Servizio Segreto Militare (GRU) dell'Unione Sovietica.



Tratta da: La Nuova Europa, n. 1,  2001.

SECONDA GUERRA MONDIALE STORIA E BATTAGLIE

Stalin e l'invasione di Hitler


Viktor SUVOROV


La storia non è quella dei vincitori



2001- Nel giugno di quest'anno si compiranno sessant'anni da quel drammatico 22 giugno 1941 in cui le truppe tedesche invasero l'Unione Sovietica, dando alla guerra una svolta fatale per il nazismo, e creando involontariamente il cliché della "lotta antifascista" guidata dal socialismo.

Su questa guerra non è stato ancora scritto tutto: troppe reputazioni da difendere, da una parte e dall'altra, hanno contribuito a tenere nascosti molti fatti anche essenziali.

 L'interpretazione della guerra di cui disponiamo è quella manichea dei vincitori; per questo, a sessant'anni di distanza, siamo ancora intenti a scavare negli avvenimenti nascosti, grazie al fatto che poco alla volta cadono alcuni divieti.

Un contributo originale in questo senso è stato dato da uno scrittore russo, Viktor Suvorov, ex funzionario dei servizi segreti militari sovietici e storico autodidatta, è uscito anche in Italia il suo primo libro su Stalin e la seconda guerra mondiale, "Stalin, Hitler. La rivoluzione bolscevica mondiale".

Il libro sostiene una tesi a dir poco rivoluzionaria: l'attacco a sorpresa di Hitler all'Unione Sovietica nel 1941 fu in realtà un'estrema reazione per prevenire l'attacco di Stalin.

Una simile tesi comporta un vero ribaltamento della storiografia del '900, che normalmente considera l'opposizione antifascista dell'URSS socialista (e la lotta antifascista della sinistra in genere) come il nodo cruciale del XX secolo.

Se veramente Stalin si preparava a invadere l'Europa, significa che la sua opposizione a Hitler era solo strumentale, in vista del più ampio scontro con le democrazie dell'Europa occidentale.

La tesi di Suvorov è dunque di quelle che suscitano polemiche infuocate.

Viktor Suvorov è lo pseudonimo di Vladimir Bogdanovich Rezun, nato nel 1947, figlio di un ufficiale dell'Armata Rossa.

Ha compiuto studi militari all'Accademia Suvorov e alla Scuola militare superiore di Kiev.
Dopo aver partecipato all'invasione della Cecoslovacchia nel '68, nel 1970 è entrato nel GRU (i servizi segreti militari) e in questa veste ha risieduto a Ginevra dal 1974 al 1978.

Quello stesso anno ha chiesto asilo politico in Inghilterra ed è stato condannato a morte in Unione Sovietica.

Ha scritto diversi libri sulla vita nell'esercito e sull'intelligence sovietica.
Ma ha raggiunto la fama con la serie di libri (già cinque) sul problema della guerra fra Hitler e Stalin.

In Russia i suoi libri hanno venduto 4 milioni di copie; grande successo hanno avuto anche in Germania, Polonia, Bulgaria, Inghilterra e Francia. In Italia è appena uscito il primo volume della serie, che in russo s'intitola "La rompighiaccio".


Per cercare di ricostruire la vicenda delle sue ricerche, ci dica quando ha visto la luce per la prima volta il libro.


Nel 1981 il libro era già pronto per la stampa, ma allora non trovai un editore, erano ancora i tempi di Brezhnev.
Con l'inizio della perestrojka capii che era venuto il mio momento e incominciai a pubblicare degli stralci su varie riviste.

Ad esempio il settimanale "Russkaja mysl'" di Parigi ne pubblicò alcuni capitoli nel 1985.

Ma il libro completo è uscito solo nel 1989 in Germania; in Russia è stato pubblicato nel 1992.
La prima tiratura era molto limitata (320.000 copie) ma la seconda ha raggiunto i due milioni. E poi ci sono state altre edizioni.




Il libro ha provocato molte reazioni in Russia?

Tantissime. A casa ho 16 metri cubi di lettere da parte dei lettori.
Sono molto orgoglioso del fatto che mi scrivano per confermare la mia tesi; moltissime lettere, oltre che dalla Russia, provenivano anche dalla Germania.

In questo modo mi sono trovato in possesso del più grosso fondo di manoscritti sulla seconda guerra mondiale esistente oggi; sono testimonianze di ex militari o dei loro figli, che hanno affidato le proprie memorie a me e non ai centri di ricerca.

La reazione in Russia è stata enorme; il libro ha avuto più di tremila recensioni, da quelle osannanti a quelle assolutamente negative.
Alcuni dicevano che ho completamente ragione e che non c'è niente da discutere.
 Altri dicevano che copro di fango la mia patria, che è inutile rivangare cose così spiacevoli.

Ma io penso che quando si scrive di storia non ha alcuna importanza che sia piacevole o spiacevole; se teniamo conto di quello che piace o non piace, di quel che serve o non serve, immediatamente usciamo dall'ambito della storia ed entriamo in quello della propaganda.

Non mi considero uno storico, io semplicemente cerco di fare chiarezza su ciò che è successo.
Il mio unico criterio è quello di scoprire se una cosa è vera oppure no, se si tratta di un fatto o di un'invenzione.

Io ho usato solo fonti accessibili; l'ho dichiarato sin dalla prima pagina: tutto quello che dico può essere verificato da chiunque sui giornali "Pravda" e "Krasnaja zvezda", negli scritti di Lenin e Marx, nei discorsi di Stalin e dei nostri marescialli, Zhukov, Konev, Rokossovskij.
E' tutto scritto nero su bianco. Io per principio non uso documenti segreti.

Alcuni giornalisti, proprio qui in Italia, hanno scritto che Suvorov ha accesso a materiali segretissimi, ma non possiamo essere sicuri che questi materiali esistano veramente.

In realtà io ho detto esplicitamente sin dalla prima pagina che non ho nessun documento segreto; chiunque può verificare tutto di persona.



Può dirci in breve da cosa è nato il suo interesse per questo argomento?


Il mio interesse è iniziato da alcune considerazioni molto semplici.
1941, inizia la guerra.
Hitler attacca e sbaraglia l'esercito regolare sovietico, 5 milioni di uomini. Il nostro esercito si sbanda immediatamente.
Noi sovietici abbiamo 24mila carri armati, Hitler ne ha solo 3.000.
In più i carri sovietici sono molto migliori di quelli tedeschi.

Eppure Hitler sgomina tutte queste forze in pochissimi giorni. E la nostra propaganda dice che siamo stati degli idioti, che non abbiamo saputo combattere, eccetera.

La cosa strana è che poi tutti questi idioti sono tornati capaci e hanno sconfitto Hitler, hanno vinto la guerra e hanno occupato Berlino, metà Europa e un pezzo di Asia.

Ma un idiota non può diventare intelligente.

Il maresciallo Zhukov nel '41 è un incompetente e nel '42 è il grande generale di Stalingrado.
Il fatto è che non si tratta di idiozia ma di qualcos'altro.

Un altro elemento ancora. La nostra propaganda aveva un ritornello costante: "tutto va per il meglio".
La nostra agricoltura prosperava, il nostro esercito era il più forte, il nostro balletto era il migliore; persino i cataclismi naturali erano un segreto di Stato.

Questa regola ha una sola eccezione: sul 22 giugno del 1941 la nostra propaganda ha detto di tutto, che i nostri carri armati erano pessimi, che il nostro esercito era stato decapitato e non c'erano comandanti in capo competenti né buoni ufficiali; che i nostri aerei erano delle carrette e che insomma eravamo stati degli incapaci.

 Quand'ero all'Accademia militare mi fu detto che non si doveva parlare né occuparsi della grande sconfitta sovietica subita nell'ottobre del 1941 nella regione di Kiev.

Nel 1942 c'era stato un altro rovescio militare presso Char'kov, e poi ancora in Crimea; inoltre nella primavera dello stesso '42 il generale Vlasov con la II armata d'assalto fu preso in una sacca mentre cercava di liberare Leningrado e venne fatto prigioniero.
Su tutti questi episodi da noi non si è mai fatta parola.

Invece, della sconfitta del 1941 si davano anche i particolari: quanti aerei avevamo perso, quanti carri armati, eccetera.
Era su tutti i giornali.

 Prendiamo ad esempio la battaglia di Stalingrado che pure ci ha visti vincitori: dove mai si è detto quante perdite abbiamo avuto? Era un segreto.
Invece le perdite del giungo 1941 non erano un segreto.

Come mai i fatti dell'ottobre '41 erano stati nascosti, mentre quelli del giugno '41 erano sbandierati in tutti i modi?
Tutto questo mi incuriosiva.

E finalmente ho intuito che il fatto di ripetere pubblicamente quanto eravamo stati stupidi era il classico atteggiamento di chi cerca di nascondere la propria responsabilità.

La nostra propaganda ha insistito sull'incompetenza di Stalin, dei generali e della truppa, sulla pessima qualità dei carri armati e degli aerei, per nascondere il progetto d'aggressione.

Per questo ho incominciato a interessarmi del problema e ho trovato diversi dati documentari.

Quando studiavo all'Accademia militare, ciascuno di noi doveva scrivere una tesina su qualche argomento riservato, perché gli insegnanti potessero giudicare se era adatto al lavoro di ricerca, all'insegnamento o a qualche altro impiego.

Io per distrarre l'attenzione ho trattato vari argomenti, ma poi mi sono scelto in particolare il tema dell'anno 1941.
Le informazioni le ho poi raccolte in una serie di libri (cinque in tutto), di cui quello uscito ora in italiano è solo il primo.

Per fare qualche esempio: ho trovato una carta militare tedesca della zona di confine, tracciata nel giugno 1941; dalla carta si può capire la distribuzione delle forze alla vigilia dell'invasione tedesca: a destra e a sinistra della linea di confine si osservano forti concentramenti di truppe, rispettivamente dell'Armata Rossa e della Wehrmacht.

 Il concentramento delle truppe tedesche è comprensibile, visto che stanno per attaccare; ma quello delle truppe sovietiche?
Parecchi chilometri più a est del confine, dietro la linea di fortificazione sovietica, che si chiamava «linea Stalin», non ci sono truppe.
Nessuno difende queste fortificazioni, mentre tutto il nostro esercito sta sul confine.

Qui le fortificazioni senza esercito, dall'altra parte l'esercito senza fortificazioni.
Non sembra molto strategico.

I nostri aeroporti si trovano a ridosso del confine, a volte a 8-10 chilometri di distanza, il che vuol dire che basta un puntatore scelto tedesco per distruggere a cannonate gli aeroporti e il nostro stato maggiore.

In più negli aeroporti gli aerei stanno uno vicino all'altro, basta colpirne uno con una granata per farli saltare tutti (come di fatto è avvenuto).

Anche l'esercito è disposto in modo strategicamente illogico: ci sono concentrazioni di truppe in due zone avanzate in territorio nemico, così da avere i tedeschi su tre lati, basta che questi sfondino da una parte per creare immediatamente una sacca (come di fatto è avvenuto).

Inoltre il mar Nero, con i suoi porti e l'accesso al bacino carbonifero del Donbass, non hanno nessuno che li difenda.

Allora mi sono reso conto che dal punto di vista difensivo siamo all'assurdo, ma guardando la situazione dal punto di vista offensivo ci troviamo una certa logica.

Ad esempio a sud, dov'è concentrata una grossa parte dell'Armata Rossa, passa l'oleodotto che porta il petrolio dalla Romania alla Germania.

Allora non si tratta di un macroscopico errore, ma dei preparativi per invadere l'Europa.

Del resto consideriamo la situazione nella prima metà del '41: il nostro continente è dilaniato da una guerra intestina, l'America è neutrale, anzi aiuta l'Unione Sovietica sul piano militare.

Per Stalin si presenta l'occasione ideale per cercare di prendersi l'Europa.
Nessuno ha ancora le armi atomiche, quindi nessuno potrebbe fermare l'Armata Rossa in quel modo; Stalin aspetta solo il momento giusto per farsi avanti.

Ecco perché l'Armata Rossa è uscita oltre la linea di difesa e si è portata sul confine; ecco perché è concentrata verso sud: si prepara a tagliare la via del petrolio romeno.

 Nei mesi precedenti all'entrata in guerra, in URSS viene pubblicato un libretto dal titolo "Breve manuale di conversazione militare russo-tedesco per soldati e sottufficiali", Mosca, 29 maggio 1941 (ne ho trovata casualmente una copia in un mercatino a New York).
Ce ne sono anche altre edizioni fatte a Leningrado il 5 giugno; a Kiev il 7 giugno, a Odessa, a Minsk. In tutto 5 milioni di copie.

Ho visto per la prima volta questo libriccino quando studiavo all'Istituto superiore.
Avevamo un'enorme biblioteca, con un'intera sezione di vocabolari in tutte le lingue del mondo.

Io studiavo inglese e tedesco, ed ero andato a cercare qualcosa di piccolo da leggere per rinfrescare il mio tedesco.

Così scoprii questo manuale e la sua lettura mi lasciò esterrefatto.

Tra le frasi suggerite ai soldati sovietici (frasi che figurano prima in russo, poi tradotte in tedesco ma traslitterate in cirillico, e infine in tedesco vero e proprio), troviamo ad esempio:
"Come si chiama questa città?",
"Come si chiama questa stazione?",
frasi che suonano ben strane in bocca a dei soldati che si preparano alla difesa del suolo nazionale.
Più avanti troviamo anche questa frase:

"Non avete niente da temere, presto arriverà l'Armata Rossa".

Ancora un altro elemento.

Quando incominciò la guerra, venne fatto prigioniero il figlio di Stalin, Jakov Dzhugashvili, che era comandante di una batteria d'artiglieria.

Abbiamo il verbale degli interrogatori che gli fecero i nazisti.
 Gli fu chiesto come mai l'artiglieria sovietica, che era la migliore al mondo, combattesse così male.
E lui rispose che mancavano le carte per fare i puntamenti; senza le carte non si poteva combattere, neanche l'aviazione poteva farne a meno.

In realtà ho trovato i documenti a comprova che sul confine l'Armata Rossa abbandonò 4 milioni di carte.

Non però quelle del territorio sovietico dove si stava combattendo, ma carte militari molto precise della Prussia orientale, della Cecoslovacchia, della Polonia; tutte stampate nel marzo 1941.

Quando i tedeschi invasero, i nostri non erano in grado di difendersi sul proprio territorio.
La propaganda insisteva nel dire che non eravamo pronti alla guerra, invece lo eravamo, solo non a una guerra difensiva, ma a una offensiva.
Alcuni lettori mi hanno inviato alcune di queste carte militari, ritrovate fra i ricordi di guerra del padre, o del nonno.

Ad esempio una carta della Prussia orientale mi è stata mandata recentemente da un tenente colonnello della polizia ucraina; suo padre aveva fatto la guerra e l'aveva conservata.

Queste carte sono una specie di paradosso: ma come, ci prepariamo alla difesa e abbiamo una carta del territorio nemico?
Molti, che hanno letto i miei libri, mi mandano documenti che hanno in casa e che confermano in modo circostanziato la verità delle mie asserzioni.

E un altro fatto ancora: Hitler aveva preparato 4.000 paracadutisti, Stalin ne aveva preparati un milione, che non usò mai.

Era una cosa fatta alla luce del sole, se ne scriveva apertamente sui giornali, negli anni '30, sulla "Pravda", su "Krasnaja zvezda"; era una psicosi nazionale, tutti si lanciavano col paracadute.
Ma perché prepararne così tanti? Nel paese si faceva la fame, ma Stalin aveva comprato dall'America la seta per i paracadute.
Poi iniziò la guerra e non li usarono mai più. Perché allora li avevano preparati?

Per attaccare alle spalle l'Europa.

Hitler aveva conquistato tutta l'Europa, Cecoslovacchia, Belgio, Olanda, Polonia, Francia.

Stalin aveva aiutato Hitler a distruggere tutta l'Europa, usandolo come una rompighiaccio.
Lo stesso aveva fatto all'interno del paese, ordinando a Ezhov di distruggere tutti i nemici, e questi lo aveva fatto.
Poi Stalin aveva ammazzato Ezhov, dicendo che la repressione era tutta colpa sua.

Hitler era per Stalin uno strumento uguale riguardo all'Europa.
Voleva fargli distruggere tutto: combattere contro i partigiani jugoslavi, probabilmente contro l'America, combattere in Africa contro gli inglesi; doveva sbarcare in Inghilterra.
Ma alle spalle di Hitler, l'Armata Rossa sarebbe uscita dai suoi confini.
Per questo erano pronti gli aeroporti sul confine; avevamo persino dei carri armati aviotrasportati.
Nessuno aveva questi mezzi negli anni '40.

Ma quando Hitler sferrò l'attacco Stalin non li poté usare, come non usò mai i paracadutisti, o i carri armati veloci, perché tutto questo sul territorio sovietico era inutile.

La data prevista per l'invasione era stata fissata al 6 luglio del 1941.

Hitler riuscì a precederla di un paio di settimane.




Tutti questi fatti verificabili dovrebbero però trovare delle conferme anche nei documenti segreti conservati negli archivi...


Sì.  Dopo la pubblicazione del mio primo libro in Russia c'è stata una forte reazione, e molti storici che hanno accesso agli archivi hanno cercato e trovato conferme alla mia tesi, conferme di cui si è parlato anche sulla stampa.

Ad esempio, nel giugno del 2000, quando avevo appena finito di scrivere "Il suicidio", il mio ultimo libro su Hitler, dagli archivi del presidente della Federazione Russa è stato riesumato un documento super-segreto (in copia unica, manoscritta) in cui è esposto il piano del maresciallo Zhukov per l'attacco alla Germania, datato 15 maggio 1941.

Un'altra storica, Tat'jana Semënovna Bushueva, ha trovato dei documenti importantissimi.
Attualmente gli archivi sono accessibili con più libertà, diversi storici ci lavorano e poi mi comunicano i frutti delle loro ricerche.



La decisione di Stalin di invadere l'Europa fu una sua idea o aveva radici più profonde?


Karl Marx riteneva che la rivoluzione socialista dovesse essere solo mondiale, ha sempre parlato solo di rivoluzione mondiale; anche Lenin pensava che la rivoluzione dovesse essere mondiale.

Lenin creò la Terza internazionale come stato maggiore della rivoluzione mondiale, e diceva sempre che doveva vincere o l'uno o l'altro fronte, e aveva ragione.

L'Unione Sovietica era una società che non poteva esistere accanto a un'altra normale, che avrebbe costituito l'esempio di una vita diversa.

Per questo anche Stalin riteneva che bisognasse diffondere questo regime a tutto il mondo, altrimenti l'Unione Sovietica si sarebbe disintegrata e non avrebbe potuto sopravvivere.

E aveva perfettamente ragione.

Quando Hitler lo attaccò, Stalin era convinto che la guerra fosse persa e nel 1945 era ancora convinto di aver perso; nel 1945 si rifiutò di assistere alla parata della vittoria.

E a chi gli chiedeva perché, rispose:
"Voi non lo capite ma noi abbiamo perso la guerra,  prima o poi l'Unione Sovietica si disintegrerà perché non siamo riusciti a conquistare non dico il mondo,  ma neanche l'Europa".

Quindi alla sua domanda rispondo che: Stalin non aveva vie d'uscita;
qui non c'entra l'imperialismo russo.  Non è questo.

La differenza è che l'impero russo poteva fermarsi nella sua espansione (tant'è vero che hanno rivenduto l'Alaska),
mentre l'Unione Sovietica non si poteva fermare, doveva diffondersi a tutto il mondo o morire.






Fonte: http://www.storialibera.it
http://www.storialibera.it/epoca_contemporanea/II_guerra_mondiale/la_storia_non_e_quella_dei_vincitori.html
Erwin

lunedì 25 maggio 2009

Discorso di Capriolo Zoppo Capo Aealth Il Manifesto dei Diritti della Terra




Lettera scritta dal capo dei Pellirossa Capriolo Zoppo nel 1854 al Presidente degli Stati Uniti d’America Franklin Pirce.  


Gli indiani d’America, vivevano riuniti in tribù lungo i fiumi e i laghi: erano spesso nomadi e dediti alla caccia e alla pesca. Ebbero i primi contatti con gli Europei dopo che iniziarono le migrazioni di inglesi nel continente americano. A poco a poco il numero dei bianchi aumentò sempre più costringendoli a ritirarsi in zone sempre più ristrette, per i massacri che subivano ad opera degli invasori, fino ad essere confinati nelle riserve. Ma questo non impedì all'uomo bianco di continuare a sterminarli fino alla quasi estinzione. Difatti attualmente i nativi d' America sono circa 500 mila.

Il documento qui integralmente riprodotto è senz’altro una delle più elevate espressioni di sintonia dell’uomo col creato ed esprime la ricchezza universale dei “popoli nativi”, dei veri “indigeni” di ogni luogo della terra ed è la risposta che il Capo Tribù di Duwamish inviò al Presidente degli Stati Uniti che chiedeva di acquistare la terra dei Pellerossa.

Il grande Capo che sta a Washington ci manda a dire che vuole comprare la nostra terra. Il grande Capo ci manda anche espressioni di amicizia e di buona volontà. Ciò è gentile da parte sua, poiché sappiamo che egli ha bisogno della nostra amicizia in contraccambio. Ma noi consideriamo questa offerta, perché sappiamo che se non venderemo, l’uomo bianco potrebbe venire con i fucili a prendere la nostra terra. Quello che dice il Capo Seattle, il grande Capo di Washington può considerarlo sicuro, come i nostri fratelli bianchi possono considerare sicuro il ritorno delle stagioni.

Le mie parole sono come le stelle e non tramontano. Ma come potete comprare o vendere il cielo, il colore della terra? Questa idea è strana per noi. Noi non siamo proprietari della freschezza dell’aria o dello scintillio dell’acqua: come potete comprarli da noi?  
Ogni parte di questa terra è sacra al mio popolo. Ogni ago scintillante di pino, ogni spiaggia sabbiosa, ogni goccia di rugiada nei boschi oscuri, ogni insetto ronzante è sacro nella memoria e nella esperienza del mio popolo. La linfa che circola negli alberi porta le memorie dell’uomo rosso. I morti dell’uomo bianco dimenticano il paese della loro nascita quando vanno a camminare tra le stelle. 
Noi siamo parte della terra ed essa è parte di noi. I fiori profumati sono nostri fratelli. Il cervo, il cavallo e l’aquila sono nostri fratelli. Le creste rocciose, le essenze dei prati, il calore del corpo dei cavalli e l’uomo, tutti appartengono alla stessa famiglia. 
 
Perciò. Quando il grande Capo che sta a Washington ci manda a dire che vuole comprare la nostra terra, ci chiede molto. Egli ci manda a dire che ci riserverà un posto dove potremo vivere comodamente per conto nostro. Egli sarà nostro padre e noi saremo i suoi figli. Quindi noi considereremo la Vostra offerta di acquisto. Ma non sarà facile perché questa terra per noi è sacra. L’acqua scintillante che scorre nei torrenti e nei fiumi non è soltanto acqua ma è il sangue dei nostri antenati. Se noi vi vendiamo la terra, voi dovete ricordare che essa è sacra e dovete insegnare ai vostri figli che essa è sacra e che ogni tremolante riflesso nell’acqua limpida del lago parla di eventi e di ricordi, nella vita del mio popolo.  

Il mormorio dell’acqua è la voce del padre, di mio padre. I fiumi sono i nostri fratelli ed essi saziano la nostra sete. I fiumi portano le nostre canoe e nutrono i nostri figli. Se vi vendiamo la terra, voi dovete ricordare e insegnare ai vostri figli che i fiumi sono i nostri fratelli ed anche i vostri e dovete perciò usare con i fiumi la gentilezza che userete con un fratello.
L’uomo rosso si è sempre ritirato davanti all’avanzata dell’uomo bianco, come la rugiada sulle montagne si ritira davanti al sole del mattino. Ma le ceneri dei nostri padri sono sacre. 
 
Le loro tombe sono terreno sacro e così queste colline e questi alberi. Questa porzione di terra è consacrata, per noi. Noi sappiamo che l’uomo bianco non capisce i nostri pensieri. Una porzione della terra è la stessa per lui come un’altra, perché egli è uno straniero che viene nella notte e prende dalla terra qualunque cosa gli serve. La terra non è suo fratello, ma suo nemico e quando la ha conquistata, egli si sposta, lascia le tombe dei suoi padri dietro di lui e non se ne cura. Le tombe dei suoi padri e i diritti dei suoi figli vengono dimenticati. Egli tratta sua madre, la terra e suo fratello, il cielo, come cose che possono essere comprate, sfruttate e vendute, come fossero pecore o perline colorate.  
IL suo appetito divorerà la terra e lascerà dietro solo un deserto.

Non so, i nostri pensieri sono differenti dai vostri pensieri. La vista delle vostre città ferisce gli occhi dell’uomo rosso. Ma forse ciò avviene perché l’uomo rosso è un selvaggio e non capisce.
Non c’è alcun posto quieto nelle città dell’uomo bianco. Alcun posto in cui sentire lo stormire di foglie in primavera o il ronzio delle ali degli insetti. Ma forse io sono un selvaggio e non capisco. Il rumore della città ci sembra soltanto che ferisca gli orecchi. E che cosa è mai la vita, se un uomo non può ascoltare il grido solitario del succiacapre o discorsi delle rane attorno ad uno stagno di notte?  
Ma io sono un uomo rosso e non capisco. L’indiano preferisce il dolce rumore del vento che soffia sulla superficie del lago o l’odore del vento stesso, pulito dalla pioggia o profumato dagli aghi di pino.
L’aria è preziosa per l’uomo rosso poiché tutte le cose partecipano dello stesso respiro.  
L’uomo bianco sembra non accorgersi dell’aria che respira e come un uomo da molti giorni in agonia, egli è insensibile alla puzza.

Ma se noi vi vendiamo la nostra terra, voi dovete ricordare che l’aria è preziosa per noi e che l’aria ha lo stesso spirito della vita che essa sostiene. Il vento, che ha dato ai nostri padri il primo respiro, riceve anche il loro ultimo respiro. E il vento deve dare anche ai vostri figli lo spirito della vita. E se vi vendiamo la nostra terra, voi dovete tenerla da parte e come sacra, come un posto dove anche l’uomo bianco possa andare a gustare il vento addolcito dai fiori dei prati.  

Perciò noi consideriamo l’offerta di comprare la nostra terra, ma se decideremo di accettarla, io porrò una condizione. L’uomo bianco deve trattare gli animali di questa terra come fratelli. Io sono un selvaggio e non capisco altri pensieri. Ho visto migliaia di bisonti che marcivano sulla prateria, lasciati lì dall’uomo bianco che gli aveva sparato dal treno che passava. Io sono un selvaggio e non posso capire come un cavallo di ferro sbuffante possa essere più importante del bisonte, che noi uccidiamo solo per sopravvivere.  

Che cosa è l’uomo senza gli animali? Se non ce ne fossero più gli indiani morirebbero di solitudine. Perché qualunque cosa capiti agli animali presto capiterà all’uomo. Tutte le cose sono collegate.

Voi dovete insegnare ai vostri figli che il terreno sotto i loro piedi è la cenere dei nostri antenati. Affinché rispettino la terra, dite ai vostri figli che la terra è ricca delle vite del nostro popolo. Insegnate ai vostri figli quello che noi abbiamo insegnato ai nostri, che la terra è nostra madre. Qualunque cosa capita alla terra, capita anche ai figli della terra. Se gli uomini sputano sulla terra, sputano su se stessi.  

Questo noi sappiamo: la terra non appartiene all’uomo, è l’uomo che appartiene alla terra. Questo noi sappiamo. Tutte le cose sono collegate, come il sangue che unisce una famiglia. Qualunque cosa capita alla terra, capita anche ai figli della terra. Non è stato l’uomo a tessere la tela della vita, egli ne è soltanto un filo. Qualunque cosa egli faccia alla tela, lo fa a se stesso. Ma noi consideriamo la vostra offerta di andare nella riserva che avete stabilita per il mio popolo. Noi vivremo per conto nostro e in pace. Importa dove spenderemo il resto dei nostri giorni.  

I nostri figli hanno visto i loro padri umiliati nella sconfitta. I nostri guerrieri hanno provato la vergogna. E dopo la sconfitta, essi passano i giorni nell’ozio e contaminano i loro corpi con cibi dolci e  bevande forti. Poco importa dove noi passeremo il resto dei nostri giorni: essi non saranno molti. Ancora poche ore, ancora pochi inverni, e nessuno dei figli delle grandi tribù, che una volta vivevano sulla terra e che percorrevano in piccole bande i boschi, rimarrà per piangere le tombe di un popolo, una volta potente e pieno di speranze come il vostro. Ma perché dovrei piangere la scomparsa del mio popolo? Le tribù sono fatte di uomini, niente di più. Gli uomini vanno e vengono come le onde del mare. Anche l’uomo bianco, il cui Dio cammina e parla con lui da amico a amico, non può sfuggire al destino comune.
Può darsi che siamo fratelli, dopo tutto. Vedremo.  

Noi sappiamo una cosa che l’uomo bianco forse un giorno scoprirà: il nostro Dio è lo stesso Dio. Può darsi che voi ora pensiate di possederlo, come desiderate possedere la nostra terra. Ma voi non potete possederlo. Egli è il Dio dell’uomo e la sua compassione è uguale per l’uomo rosso come per l’uomo bianco. Questa terra è preziosa anche per lui. E far male alla terra è disprezzare il suo creatore. Anche gli uomini bianchi passeranno, forse prima di altre tribù. Continuate a contaminare il vostro letto e una notte soffocherete nei vostri stessi rifiuti.  

Ma nel vostro sparire brillerete vividamente, bruciati dalla forza del Dio che vi portò su questa terra e per qualche scopo speciale vi diede il dominio su questa terra dell’uomo rosso. Questo destino è un mistero per noi, poiché non capiamo perché i bisonti saranno massacrati, i cavalli selvatici tutti domati, gli angoli segreti della foresta pieni dell’odore di molti uomini, la vista delle colline rovinate dai fili del telegrafo. Dov’è la boscaglia? Sparita. Dov’è l’aquila? Sparita. E che cos’è dire addio al cavallo e alla caccia? La fine della vita e l’inizio della sopravvivenza.  

Noi potremmo capire se conoscessimo che cos’è che l’uomo bianco sogna, quali speranze egli descriva ai suoi figli nelle lunghe notti invernali, quali visioni egli accenda nelle loro menti, affinché essi desiderino il futuro. Ma noi siamo dei selvaggi. I sogni dell’uomo bianco ci sono nascosti. E poiché ci sono nascosti noi seguiremo i nostri pensieri.  

Perciò noi considereremo l’offerta di acquistare la nostra terra. Se accetteremo sarà per assicurarci la riserva che avete promesso. Lì forse potremo vivere gli ultimi nostri giorni come desideriamo. 
Quando l’ultimo uomo rosso sarà scomparso dalla terra ed il suo ricordo sarà l’ombra di una nuvola che si muove sulla prateria, queste spiagge e queste foreste conserveranno ancora gli spiriti del mio popolo.  
Poiché essi amano questa terra come il neonato ama il battito del cuore di sua madre. Così, se noi vi vendiamo la nostra terra, amatela come l’abbiamo amata noi. Conservate in voi la memoria della terra com’essa era quando l’avete presa e con tutta la vostra forza, con tutta la vostra capacità e con tutto il vostro cuore conservatela per i vostri figli ed amatela come Dio ci ama tutti.  
Noi sappiamo una cosa, che il nostro Dio è lo stesso Dio. Questa terra è preziosa per Lui. 
Anche l’uomo bianco non fuggirà al destino comune. Può darsi che siamo fratelli, dopo tutto. Vedremo!


Capriolo Zoppo, 1854

domenica 24 maggio 2009

Scherzi della lingua italiana.




Cortigiano: gentiluomo di corte
Cortigiana: mignotta
Massaggiatore: chi per professione pratica massaggi, kinesiterapista
Massaggiatrice: mignotta
Il cubista: artista seguace del cubismo
La cubista: mignotta
Uomo disponibile: tipo gentile e premuroso
Donna disponibile: mignotta
Segretario particolare: portaborse
Segretaria particolare: mignotta
Uomo di strada: uomo duro
Donna di strada: mignotta
Passeggiatore: chi passeggia, chi ama camminare
Passeggiatrice: mignotta
Mondano: chi fa vita di società
Mondana: mignotta
Uomo facile: con cui è facile vivere
Donna facile: mignotta
Zoccolo: calzatura in cui la suola è costituita da un unico pezzo di legno
Zoccola: mignotta
Peripatetico: seguace delle dottrine di Aristotele
Peripatetica: mignotta
Omaccio: uomo dal fisico robusto e dall'aspetto minaccioso
Donnaccia: mignotta
Un professionista: uno che conosce bene il suo lavoro
Una professionista: mignotta
Uomo pubblico: personaggio famoso, in vista
Donna pubblica: mignotta
Intrattenitore: uomo socievole, che tiene la scena, affabulatore
Intrattenitrice: mignotta
Adescatore: uno che coglie al volo persone e situazioni
Adescatrice: mignotta
Uomo senza morale: tipo dissoluto, asociale, spregiudicato
Donna senza morale: mignotta
Uomo molto sportivo: che pratica numerosi sport
Donna molto sportiva: mignotta
Uomo d'alto bordo: tipo che possiede uno scafo d'altura
Donna d'alto bordo: mignotta (di lusso, però)
Tenutario: proprietario terriero con una tenuta in campagna
Tenutaria: mignotta (che ha fatto carriera)
Stewart: cameriere sull'aereo
Hostess: mignotta
Uomo con un passato: chi ha avuto una vita, magari sconsiderata, ma degna di essere raccontata.
Donna con un passato: mignotta
Maiale: animale da fattoria
Maiala: mignotta
Uno squillo: suono del telefono o della tromba
Una squillo: mignotta
Uomo da poco: miserabile, da compatire
Donna da poco: mignotta
Un torello: un uomo molto forte
Una vacca: una mignotta
Accompagnatore: pianista che suona la base musicale
Accompagnatrice: mignotta
Uomo di malaffare: birbante, disonesto
Donna di malaffare: mignotta
Prezzolato: sicario
Prezzolata: mignotta
Buon uomo: probo, onesto
Buona donna: mignotta
Uomo allegro: un buontempone
Donna allegra: mignotta
Ometto: piccoletto, sgorbio inoffensivo
Donnina: mignotta

MORALE: O C’E’ QUALCHE PROBLEMA NELLA LINGUA ITALIANA, OPPURE CI SONO TANTE MIGNOTTE IN GIRO!!!!

sabato 23 maggio 2009

...ma non riesco a trovare nella storia dell’umanità




...ma non riesco a trovare nella storia dell’umanità un solo esempio di  società complessa che sia sopravvissuta qualche mese alla più banale delle  libere autogestioni.

Veneto: La crisi che uccide

Non volevano rinunciare. Gli imprenditori (tre casi in pochi mesi) non se la sentivano di licenziare i dipendenti

Da ottobre ad oggi, in Veneto, tre imprenditori si sono tolti la vita. Le loro aziende erano in crisi e per questo stavano per licenziare i loro dipendenti e questo, forse, per loro era qualcosa che non riuscivano ad accettare. Il primo ad uccidersi è stato un imprenditore edile, che si è sparato. Qualche giorno fa si è impiccato il titolare di una piccola impresa del legno. L'ultimo a uccidersi è stato un manager che si è gettato sotto un treno.

Un dirigente d'azienda di 43 anni di Villorba (Treviso) si è ucciso giovedì gettandosi contro un treno in viaggio sulla linea Venezia-Bassano del Grappa, a Castello di Godego, in provincia di Treviso. L'uomo, dirigente di un'azienda del luogo in procinto di avviare un'operazione di cassa integrazione per una parte del personale, da alcuni tempi era incaricato di mantenere le relazioni con le organizzazioni sindacali. Il dirigente non avrebbe lasciato alcuno scritto per spiegare il suo gesto. Sull'episodio indaga la Polizia Ferroviaria.
Mercoledì scorso, sempre nel trevigiano, si è ucciso invece il titolare di una piccola azienda del legno in forte difficoltà finanziaria a causa della crisi. L'uomo, 58 anni, si è tolto la vita impiccandosi a Fontanelle (Treviso), all'interno della ditta. Il 58enne era ossessionato dall'idea che la crisi che aveva colpito anche il suo settore di attività lo costringesse a dover lasciare a casa alcuni dei suoi otto dipendenti. 
La depressione per motivi familiari sommata alla crisi economica aveva gettato nel baratro anche l'imprenditore edile padovano di 60 anni che si è ucciso il 13 ottobre scorso con un colpo di pistola al petto. Era preoccupato che qualcuno, con cui aveva contratto debiti, potesse far del male ai suoi familiari.

Fonte:  TGCOM del 22 maggio 2009

venerdì 22 maggio 2009

E' IL MONTE SUMMANO CIMA DELL'ALTO VICENTINO IL MONTE SACRO AGLI DEI




Un'oasi montana di sacralità, un centro di ritrovo collettivo per le genti della Padania in epoca romana, tutto questo e altre cose fanno parte della leggenda del Monte Summano, ormai diventato un simbolo per la provincia vicentina. Si aggiunga al tutto il giallo storico dell'esistenza del tempio pagano e dell'idolo d'oro dalla testa di capro e il successo popolare nel tempo è sicuro. L'unico cruccio degli studiosi sono le famose prove certe, ma se ci si mette di mezzo l'archeologia...

Di ALVARO BONOLLO

Familiare piramide, il Monte Summano si erge isolato nella piana alto vicentina: si alza pigramente al cielo sdoppiandosi in due gobbe. Lo anima la notte e le sue folgori, le piogge ne alimentano la rara, variegata vegetazione, il sole non trova ostacoli e lo riscalda di petto. Come evitare un pizzico di poesia su questa montagna che ha affascinato gli uomini e gli storici per millenni ed ha scritto una immensa pagina sulla religiosità pagana e cristiana.  Il Summano è stato investito, a ragione, od a torto, da uno stratificarsi di culti  dedicati vuoi alle divinità indigene, come la dea Reithia, notizia supportata dalle abbondanti prove archeologiche del vicino Monte di Magre, da culti orientali od etruschi (il dio Summano dovrebbe essere di origine etrusca), da culti preromani e romani. Le varie sovrapposizioni portarono ad un "imbrogliato groviglio" religioso, come spiega lo storico Mantese. "Troppo forzato e difficile l'inserimento od agganciamento di una tradizione cristiana nella precedente tradizione pagana; la veneta Reithia svolse così, in epoca romana il ruolo di Diana, mentre il dio etrusco, Summano, dovette assumere le forme di Giove o di Plutone".
Generazioni e generazioni di storici, di studiosi e di letterati hanno fantasticato su questa strana cima a due gobbe posta sulle Prealpi, in prossimità di Schio, che sembra un vulcano, ma che non lo è mai stato, e che si offre alla piana alto vicentina come ultimo contrafforte che separa le due importantissime vallate dell'Astice e del Leogra e si pone proprio in mezzo ad esse.
"Da sempre" gira una circostanziata leggenda che narra come lassù, nella gobba più alta, a 1299 metri di altezza fosse sorto un grandissimo tempio pagano, visibile fino a Vicenza ed oltre. Non solo: dove ora c'è la croce, si stagliava un enorme capro dalle coma d'oro massiccio e dalla forma idolatra. Era metà capro e metà uomo. Il tempio era dedicato a Plutone, summus manium, mentre altri, invece, parlano di un tempio a Giove Sommo, Juppiter Summanus.
Secondo gli studiosi Kozlovic e De Ruitz, "il dio Summano era una divinità autonoma, infernale, dio della folgore notturna, mentre a Giove erano attribuiti i fulmini diurni.  Il dio Summano, divinità resa ancor più affascinante dalle parentele con la religiosità etrusca, sarebbe una potenza fosca e vorace a cui venivano sacrificati montoni neri, a cui si offrivano doni e sacrifìci. Ogni due mesi, in suo onore, venivano celebrate le grandi feste dette Summanalia (Ovidio).
La leggenda, od una certa mitologia cristiano-popolare, vuole che il grande capro dalle coma d'oro posto di fronte al tempio sia stato derubato dalle truppe se non da Carlo Magno in persona, ("si impossessò dell'idolo d'oro per adornare la sua reggia", scrisse il Giongo) nella sua campagna bellico-restauratrice.
Altra "storiografìa" imputa la distruzione dell'idolo e del tempio all'opera evangelizzatrice di San Prosdocimo, nel 77 dopo Cristo. Scrive Francesco Rande nel 1958:" San Prosdocimo, nobile giovane d'Antiochia, seguito da proseliti cristiani, ascese il Summano, diroccò il tempio, ne stritolò il simulacro di Plutone, atterrò l'abitato contiguo e fece nel mezzo di una e dell'altra cima un nuovo tempio in onore della Regina dei Cicli della nostra salute". Ma anche il Rando si affidava quasi in toto alle suggestioni della leggenda; scarse le prove da lui riferite, a parte l'importantissima cronistoria della deposizione della croce, di cui parleremo. Ma proseguiamo. L'affascinante storia/leggenda del tempio del Summano è vecchia di oltre 2000 anni, ma i primi riferimenti "scritti" si rinvengono solamente attorno al 1300 d.C. Della storia del tempio e del capro d'oro, ne parlano anche storici seri e/o famosi come Macca, il Dal Pozzo, Pigafetta e tant'altri, ma nessuno ha mai tenuto conto delle "prove certe", quelle archeologiche, nessuno ha mai provato ad "assemblare" le centinaia di notiziole sui rinvenimenti nella cima del monte e nessuno ha affrontato autonomente questo capito per poi reinterpretarlo anche alla luce del "dato scritturale".

PER LA CHIESA E’ PURA LEGGENDA

In realtà sul Monte Summano non s'è mai eseguita una seria campagna di scavo: alla Sovrintendenza mancano soldi ed organico per avventurarsi nelle verifiche di una leggenda. Scavi seri, nel 1912, 1962, sono stati però eseguiti in una famosa grotta alle pendici del monte, di cui parleremo più avanti. Va altresì detto che, campagne di scavo a parte, Ì materiali rinvenuti casualmente in superfìcie, o dopo una aratura, o in seguito ad un lavoro edilizio, sono moltissimi, sia alle pendici del monte, sia sulla cima. Secondo noi, questo eterno dualismo, documento scritto e reperto archeologico, dualismo che pochi portano alla necessaria convergenza, ha prodotto ritardi di secoli nella ricerca della verità storica, o di una via che porti ad essa. E non solo in questo specifico caso del Monte Summano, ovviamente. Pensiamo solo alla pervicace ostinazione di uno studioso come don Simeone Zordan che scrive a chiare lettere che tutta la storia del monte Summano è stata inventata di sana pianta e che qualsiasi prova archeologica non ha valore : "Nè tempio, ne statue agli dei Stigyi, sul Monte Summano, non Ninfe a San Martino, non Diana nella Val Leogra, ma popolazioni pagane di origine germanica che furono evangelizzate da San Prosdocimo". Con una sola frase ha spazzato via millenni di storiografìa, negando qualsiasi giustificazione a quel discusso Istituto mediterraneo di Studi politeisti che agisce da anni proprio nel vicentino e che ruota attorno alla "paganità" del monte chiedendo che venga ripristinato l'antico tempio a Giove. Non devono stupire simili affermazioni: Zordan è innanzitutto un religioso e la sua fede ha prevaricato il suo essere anche uno studioso: non può certo avallare storie di sacrifici e capri dalle corna d'oro. E' lo stesso studioso che in barba alla logica ed alla storia, attribuisce l'origine di quasi tutti i comuni vicentini (tra cui Thiene, Santorso, Sarcedo, Schio, Zugliano, Zane, ecc) all'arrivo dei Longobardi.
Più qualificata, ma troppo sbrigativa, l'affermazione di Lelia Cracco Ruffini (Storia di Vicenza, Neri Pozza, 1987) secondo cui "pura leggenda, non confermata da reperti, è quella del tempio dedicato a Plutone Summano". Secondo la studiosa la leggenda compare nella tradizione agiografica relativa al vescovo di Padova Prosdocimo e venne divulgata negli ambienti benedettini attorno all'anno mille. Va chiarita comunque una cosa: abbiamo rintracciato molte prove sull'esistenza del cosiddetto tempio del Summano e sull'annesso idolo, ma non siamo in grado di offrire le cosiddette "prove inequivocabili", o certe.  Ma non mancano certo le prove archeologiche sulla diffusa "sacralità" di questa misteriosa piramide montuosa fatta di dura dolomia, molto appetita dai cavatori che hanno "estratto" cucchiaiate di monte.

Una sacralità antica: le prove archeologiche

Le pendici del monte, sin dal 2.500 a.C (4.500 anni fa, quindi) vennero frequentate dall'uomo preistorico dell'età tardo Neolitica, che perpetrava antichi riti legati all'incinerazione dei suoi morti; l'uso cultuale dell'antro prosegue fino all'epoca storica. Questo avveniva all'interno della grotta di Bocca Lorenza, nel costone a sud-est del monte, poco sopra Santorso. In queste sepolture, accanto a resti umani "bruciati", sono stati trovati svariati utensili in selce, frammenti dei rarissimi e spettacolari "vasi a bocca quadrata" (a quattro beccucci e con incisioni) denti di cinghiale e di cervo traforati, per ricavarne degli orecchini, o pendagli. Nella grotta di Bocca Lorenza, vennero scoperte anche due meravigliose asce in purissimo rame, forse di corredo funebre, tra le più belle mai rinvenute nel nord Italia. Già 4500 anni fa il monte era meta di pellegrinaggi preistorici da terre lontane e provenienti dal mare: sempre nella grotta, nella stessa stratigrafia Neolitica, sono state scoperte alcune conchiglie, gasteropodi marini (Columbella rustica), traforate a mò di elementi di collana. Forse frutto di scambi con le lontane popolazioni preistoriche del mare, forse lassù portate da queste genti lontane, attratte dal "sacro" monte. Bocca Lorenza si inserisce nella cultura delle "Grotticelle sepolcrali". Il Monte Summano, anche in epoca successiva, ossia nell'età del Bronzo medio, attorno al 1400 a.C., mantiene inalterata la sua sacralità.
Lo storico Leone Fasani, in uno studio del 1966 attesta la presenza, sulle pendici del monte, di un sepolcreto dell'età del Bronzo. Non si trovarono i corpi incinerati dei primi uomini portatori del segreto del bronzo, ma gli ossuari, ossia vasi biconici in cui le cui ceneri erano custodite. E' la posizione, la sua forma, quel clima vario che può passare incredibilmente dalla mitezza mediterranea delle pendici, all'habitat alpino della cima, ad attrarre le genti nei millenni e nei secoli. E' un'attrazione che ha del mistico: quel monte apparentemente isolato, che svetta al cielo, tramite tra terra, roccia e ciclo, quelle pendici fertili che si innalzano in dolce forma mammellare, quella cima con due gobbe, tra loro intervallate da una verde conca, è tutto questo insieme mistico-morfologico che ha richiamato da sempre genti e fedeli fin dalla pianura più remota.
Il Giongo, storico thienese, racconta che le popolazioni antiche raggiungevano il Summano dagli Appennini, sino a Roma, tant'era la fama del "sacro monte". Dalla "sacralità" preistorica, a quella paleoveneta: sulla cima del monte, vennero ritrovati anche 10 spendidi bronzetti, appartenenti probabilmente alla cultura paleoveneta forse dedicati alla dea Reithia, forse al tenebroso Summano. Alcuni raffinatissimi lavori erano chiaramente "cultuali": divinità votive (forse Cerere?) che reggono i simboli dell'abbondanza, oranti con le braccia icasticamente protese in segno di offerta, una mutila "virtus" romana.
Oggi quel patrimonio di preziose statuine non più alte di 10 cm, è stranamente disperso, come spiegano Ruitz, Koziovic e Pirocca; rimangono solo alcune foto, riportate nel testo, redatto dai tre studiosi, "Appunti su Santorso romana". Tre bronzetti sono però riaffiorati e si possono ammirare nella mostra archeologica didattica di Santorso e, presto, nel Museo di Santorso. Gli autori, dopo avere presentato questi gioielli fotografici, in una nota ammoniscono: "Che questa inedita collezione di foto, serva di stimolo per una ricerca più approfondita sulla veridicità della tradizione secondo cui sulla vetta del monte sarebbe sorto un tempio sacro ad una divinità pagana".
Ai piedi del monte, nel 1981, venne scoperto anche un vasto villaggio dell'età del Ferro (attorno al V-II secolo a.C.) con la presenza di casette seminterrate, e la tomba di un infante, a conferma del magnetismo ininterrotto sviluppato dal magico monte. Basta fare pochi km e aggirare il monte verso l'imbocco della Valdastico e, sopra a Piovene, scopriremo altrettanta antica antropizzazione: un castelliere del bronzo medio (1500/1300 a.C), casette seminterrate dell'età del ferro, lance in bronzo, preziose ciotole con le anse " a coma di bue", spilloni e fibule in bronzo romane, assi e vittoriati ecc.. Nella preziosa "Carta archeologica del Veneto" ci sono ben 7 pagine di segnalazioni di luoghi archeologici nelle pendici del Summano, per un totale di una cinquantina di siti. Un autentico record da guinnes dei primati.

Ovunque tombe e lapidi

II Sommano è una autentica miniera per quanto concerne l'epoca romana: fibule, monete, anche in oro ed argento, crinali in bronzo, spilloni, ciottoli di granito con incisioni votive; lapidi e tombe, scheletri adagiati sulla nuda terra, sono stati rinvenuti ovunque, dagli orti di Santorso, ai campi di Piovene, sino alla ventosa vetta. Solo in parte tali e tanti materiali sono stati segnalati alle autorità, causa l'annosa incomprensione, favorita da una legge del 1939, tra appassionati e Sovrintendenza archeologica.
Solo a Santorso ricordiamo: le tombe, protette da embrici romani, rinvenute a contrà Leve e già citate in un documento del 1291, una decina di tombe a San Carlo di Lesina, poi quelle in località San Cristoforo, le ossa combuste e frammenti di cranio di una probabile necropoli nel Colle del Castello, le tombe lungo la ex linea Ferroviaria Schio- Santorso-Thiene, il sepolcreto rinvenuto nel 1779 presso Cabrelle, la probabile necropoli in località Stradelle. La sacralità è dunque plateale, certa.
Ma che prove abbiamo del tempio "che sorse sulla cima del monte" e della immensa statua del capro dalle coma d'oro che probabilmente sorgeva di fronte al tempio? Innanzitutto esistono alcune lapidi, rinvenute proprio sulla cima del Summano che sono di estremo interesse. "In agro vicentino in Monte Summano prope templum S.Mariae, in lapide albo", venne ritrovata la lapide del famoso grammatico vicentino Remnio Palemone, citato da Svetonio e Giovenale e vissuto attorno al 30 a.C.
Il Pagello scrisse all'amico Nicolo Volpe asserendo di avere visto con i propri occhi le spoglie di Palemone, rinvenute dai frati Girolimini sulla cima del monte. Il dotto Palemone pare avesse scelto proprio la vetta come luogo eletto per la sua sepoltura; altre lapidi accennerebbero proprio al tempio del Summano che racchiuderebbe l'idolo.
La nobildonna romana, Argentina, colpita dal dolore ai polmoni (pleurite), volle essere sepolta nella cima del Summano presso il tempio di Giano (ma compaiono molte variazioni attorno a questa lapide ed esiste la possibilità che "arx lani" sia riferito ad Arzignano).
Ecco il testo più  attendibile della famosa lapide di Argentina, moglie di Q. Metello, iscrizione citata da Manuzio, Trinagio, Marzari, Barbarano, sino al Macca: Metelli Argentilla uxor Summanum visum pergens ad sergiam arcem Iani declinavi tibi lanum primum consule-rem sed laterum dolore confossa perij fato fortasse ut neutrum viderem sed arceianum me obreveret solum.
Sembrano non avere bisogno di tante prove i "politeisti altovicentini": per loro quella "leggenda" è vera in forma vitale. Non va nemmeno messa in discussione! Parliamo della "setta del Summano" (la gente l'ha conosciuta con questa impropria definizione), un gruppo di "pagani", rigorosamente anonimi che pubblicano alcune riviste come "Paganitas", "Luce Politeista", "Studi politeisti". Questi neo-pagani, dall'86, ad oggi, hanno innescato una autentica crociata "per restituire il Summano all'antica religiosità pagana ed abbattere l'offesa cruciata, ricostruendo l'antico tempio sacro a Giove". Hanno scritto ai sindaci di Santorso, Schio, Piovene, al vescovo Nonis: i politeisti chiedono sì l'abbattimento della croce, ma soprattutto vogliono che venga riedificato l'antico tempio sacro a Giove e che vengano tollerati i loro culti pagani.

Plutoni Summano aliisque Diis Stygis

Addirittura il nome di Thiene potrebbe derivare dal tempio, sopratutto dall'aureo capro, o toro. "La storia di Thiene ha stretta attinenza con quella del Summano e chi non conosce bene la vera storia del Summano sin dai primi tempi, non può concepire nemmeno l'immagine della vera origine di Thiene" (A. Giongo, "L'origine di Thiene", 1914).
Secoli fa, venne recuperata (ma si sono perse le tracce) una lapide con le lettere "T.H.N.", "scavando le fondamenta di uno di uno dei primi caseggiati della valle del Summano". Per il Giongo quelle "sacre iniziali" stavano a significare "Taurus honor noster", ossia "il capro è il nostro dio". Da quella sigla nacque il nome di Thiene; verrebbe giustificata così anche la presenza dell'h. Questa origine divino-pagana di Thiene e del suo nome è stata fortemente avversata da molti storici, ma della presenza di tale lapide se ne fa accenno, pur con distacco, anche nel qualificato studio di Gabriele De Rosa (Storia di Thiene", Serenissima editrice 1994) e la teoria viene ripresa in un articolo sul "Giornale di Vicenza" dell'88 dal documentato studioso thienese, Massimo Martini. Padre Macca' ("Storia del territorio vicentino", Caldogno 1815), storico e narratore, secondo noi degno di grande rispetto, scrive:"!! cieco gentilesimo, assuefatto già a consacrare le cime dei monti ai falsi suoi numi, consacrò la superiore delle due punte a Plutone, dio dell'Inferno, detto Summan, vale a dire "Summus deorum Manium", il Sovrano degli dei Mani, ovvero delle ombre. Fu costruito a questa deità un superbissimo tempio, dentro il quale fu eretta la sua statua colla seguente iscrizione: "PLUTONI SUMMANO ALIISQ. DIIS STIGYIS".
A riprova che la "leggenda" del tempio è "storicamente" radicata, non solo negli animi pagani, ma anche nella cultura cristiana, basta entrare nella chiesa di Santorso. Nella lapide posta nella sinistra della chiesa di Santorso, si legge:" Summano fu Plutone, dio degli Inferi, secundo idolatrie de' gentili, il cui simulacro era posto su questo monte, onde prese dall'idolo et il popolo vicentino vi sacrificava, per li suoi peccati et per l'anime".
Giongo, sulle ali di una forte suggestione promanata da questo sacro/pagano monte, scrisse :" II Summano presentava l'aspetto di inospiti selve e balze scoscese, servì ai veneri di sicuro asilo e sulla vetta più alta del monte innalzarono il loro idolo".
Secondo questo storico dei primi del '900, il tempio "adorato in tutta Italia", da una prima contenuta struttura, venne allargato. Nella porta d'ingresso venne scritto a caratteri cubitali: "Plutoni, Summano, aliisque Diis Stygis" (dedicato a Plutone Summano ed agli dei dello Stige). Tale iscrizione che secondo altri storici ornava invece il basamento della statua dell'idolo, è ritenuta da tutti gli storici vera, autentica. Solamente il Momsen, una autorità in materia di iscrizioni, bollò come falsa tutta la faccenda. Il Barbarano scrisse che il tempio del monte Summano "fu per tutto il mondo celebratissimo e in grande venerazione presso i Gentili, i quali ad esso venivano fino da Roma in pellegrinaggio".
Il Da Schio, nel 1850 (Vocabolario vicentino) scrisse:"...! pastori chiamano per anche una delle sue vette l'idolo perché forse ivi eravi il simulacro del dio".
Battista Sainiello nel 1760 narra della venerazione del dio Plutone "e del suo enorme tempio".
Eusebio Giordano (ristampa del 1626) spiega con precisione :" Il tempio e l'idolo sono posti nel vicentino a 15 miglia lunge dall'antica città, appresso le Alpi".
Anche il Pigafetta in una relazione del 1580, conferma " la presenza dell'idolo che si chiamava idolo del Summano".
Il Castellini parlando di questo idolo, dice che "da tutta Italia et altre provincie, vi concorreva gran numero di persone per haver da lui risposta"

Dal mito alla realtà

C'è una prova archeologica che da sola potrebbe spazzare via molte delle perplessità : "secoli fa venne rinvenuta, proprio sul Monte Summano, la lapide che avrebbe dovuto ornare il basamento della statua dell'idolo del Summano" (Ruitz, Pirocca, Koziovic, 1978). Recava scritto:" Plutoni Summano", al dio Fiutone Summano. Secondo altri la scritta era:" Plutoni Summano aliisq. dis Stygiis".
L'iscrizione del basamento dell'idolo venne vista da molti ( ma oggi non si sa più nulla), dal Giordani, dal Manuzio, pure dall'esperto d'iscrizioni, il Momsen che però la collocò tra le spurie.
Chiaro che tale iscrizione "dedicatoria" implicherebbe quantomeno un'ara votiva al dio Summano, od un luogo di culto.
Importantissima l'iscrizione (riportata nella autorevolissima "Carta archeologica del Veneto" del 1989), rinvenuta a Piovene Rocchette nel 1816, come riferisce il Mozzi. L'iscrizione funeraria, su lapide in pietra locale, "venne reimpiegata nelle fondamenta della torre campanaria" e reca scolpite le lettere "M.D". L'interpretazione delle due lettere è ancor più stimolante: "la presenza della formula D(is) M(anibus) induce a proporre una datazione posteriore alla metà del I secolo d.C.", si scrive nella Carta archeologica del Veneto. "Agli dei Mani", quindi, come avevano scritto molti studiosi; iscrizione chiaramente collegata alla religiosità del Summano e ad una probabile ara o tempio nella vetta. Fa certamente sorridere che tale lapide sia oggi cementata dentro un edificio cristiano, quasi a negarne l'esistenza (era però una pratica perseguita fino a 50anni fa), ma finalmente, per quanto non visibile, l'iscrizione non è andata persa, c'è. Esiste sì, ma non si può abbattere un campanile, o la canonica, come altri sostengono, o, nell'incertezza, entrambi. La lapide, in pietra locale venne rinvenuta in un colle sopra a Piovene, quindi nelle pendici del Summano (Sommo degli dei Mani).
Nel 1650, Jacopo Giordani, stanco di "leggere leggende", o mezze verità sul mitico tempio del Summano, decise di fare degli "scavi presso le fondamenta delle antiche rovine". Non si sa dove abbia scavato e che cosa rimanesse del tempio nella metà del 1600; don Giordani rinvenne "ossa, ceneri, e medaglie (sta per monete antiche, n.d.r.) molte". Nel 1812, il Mozzi affermò ("Cenni storici") di avere visto sia le fondamenta, che parte del tempio.
Il tempio, tutti sono concordi, se mai sia sorto, doveva essere nella gobba di sinistra del monte Summano, la più alta (1299 metri) dove oggi giganteggia la croce. In una antica mappa del 1652 con perizia vengono disegnate le due gobbe del monte e sopra quella di sinistra compare la scritta:" Hic erat olim Summano fanum" (qui un tempo sorgeva il tempio al dio Summano). C'è da dire che proprietario della mappa fu il Giongo che la pubblicò in suo libro. Non si conosce la provenienza. Proprio per installare quel colosso di cemento, nel 1932, in sostituzione di una scrostata croce lignea, si dovette costruire un basamento scavando la cima per ben 6 metri. Il racconto del Rando è preciso ed importantissimo: si tratta della prima vera notizia di uno scavo recente, per quanto non con finalità archeologiche. Questo non inficia le prove in quanto tali, anche se le priva di tutto un "contesto archeologico": la stra-tigrafia, la profondità, le intrusioni di altre epoche/strati, la posizione. Il mero dato archeologico, però, esiste. Ebbene: "Vennero portate alla luce, ossa di molte varietà di animali, anche ossa combuste (antichi sacrifìci, o meri resti di pasto?) tra cui lupo e cinghiale, medagliette e molti cocci di vaso", tutto questo nella cima da tutti indicata come "il" sito dell'antico tempio a Zeus. Purtroppo non si sa dove sia finito tale materiale; con le attuali conoscenze archeologiche basterebbe anche un rapido sguardo alla tipologia dei cocci di vaso, per comprenderne l'epoca e forse la destinazione d'uso. Quelli descritti dal Rando probabilmente erano veramente resti di antichi rituali.
 Ancora una volta, un velo d'ombra impone il condizionale: potrebbe trattarsi di reperti legati proprio al tempio del Summano, ma esistono anche altre possibilità. Nella favolosa raccolta (privata) del Cibin di Schio, esistono numerosissimi reperti rinvenuti sulla cima del Summano: monete romane e reperti "premonetali", un "Filippo l'Arabo" d'argento, denti di cervo e di cinghiale traforati, asce cultuali e d'uso in rame, embrici romani bollati, frammenti fittili con sigle pseudo alfabetiche, e decine di vasi, o cocci di vaso che vanno dal 2500 a.C., sino all'epoca romana. Il Cibin è morto e la collezione è impenetrabile: vani i rapporti tra la Sovrintedenza di Padova e gli eredi, per la vendita. Il Rando nella sua "Storia di Chiuppano" cita anche un "tempietto alle Ninfe Auguste, una iscrizione votiva, ora al lapidario vicentino ed un monumento funerario di Caio Vario Prisco".

Conclusione

Rutz, Pirocca, Koziovic, che non sono certo degli sprovveduti, nel 1978 pubblicarono un testo fondamentale: il già citato "Santorso romana", l'unico studio che contenesse un capitoletto autonomo, per quanto di due pagine, sul tempio pagano del Summano. Attentissimi al dato documentale ed archeologico, i tre studiosi, per quanto concene "il tempio del Summano", reputano "che esista una serie cosi numerosa di reperti da non far escludere la presenza di un tempio, od altro edificio pagano, sulla cima del monte Summano". Questa ci sembra la sintesi più pacata e saggia. E così, a conclusione di questa estenuante ricerca vuoi libresca, vuoi archeologica, siamo tornati al punto di partenza, all'incertezza dell'inizio anche se questo "viaggio" ci ha mostrato molte cose e ci ha notevolmente accresciuti. Nessuna certezza sull'antico tempio e sul capro, o toro dalle coma d'oro massiccio, molti dubbi, ma anche parecchie disarmanti prove. Mai risolutive. Di certo, però, "qualcosa" c'era sulla cima del monte e qualcosa legato al culto, lo si evince dagli scritti, dalle prove e da una millenaria leggenda, stratificata che non può essere sorta così dal nulla. Simeone Zordan ("Da Thiene longobarda, a Padova longobarda", Duomo ed.) si oppone drasticamente a quasivoglia ipotesi di templi pagani, dei Stigyi & affini, però conclude il suo testo con una riflessione:" E' pur vero che il Monte Summano è il luogo ove la fantasia popolare si è sbizzarrita più di ogni altra parte". Chiediamoci il perché di questo primato della leggenda e del Mito, proprio sulla vetta del Summano.
Certo la leggenda è una rivolta ad una storia spesso piatta, grigia, monotona, ordinaria. Al popolo poco piace la realtà storica, mentre colpiscono molto di più i fatti grandiosi, spettacolari, teatrali ed alcuni storici certamente con questa leggenda hanno giocato, ingigantendo le meraviglie del Summano.
 Qualcuno ha prospettato che nella cima ci fosse semplicemente un luogo di culto, un locus sacer, un punto sommitale che poteva attrarre genti da tutta Italia, non necessariamente fornito di un grande un tempio. Poteva esserci un piccolissimo saccello, od anche una roccia con una certa strana conformazione, od anche una pianta millenaria, perché no (si legga nelle notizie curiose il cipresso di Santorso del 1850)? Di certo la cima del monte fu abitata e per lungo tempo. Lo attestano i soli rinvenimenti numismatici: le innumerevoli monete scoperte che abbracciano un periodo che va dalla metà del II secolo a.C, a tutto il IV secolo d.C. Il De Bon prospetta che nella cima del monte vi fosse una stazione militare alpina romana, strettamente collegata al famoso castrum scoperto ai piedi del monte (ove oggi sorge il centro commerciale Campo romano). Forse per un certo periodo, prima dell'avvento del Cristianesimo e in parte anche dopo, calcolando attardamenti locali, la cima del monte costituì un punto magico/sacro di preghiera per dei soldati. Forse successivamente il culto locale si estese alla popolazione e si allargò fuori dall'Altovicentino..

E scaviamoci su

E la dura dolomia trattiene ancora i suoi segreti e non li "molla", ma anche la dura dolomia non può resistere alla nuova archeologia, ai nuovi sofisticati metodi di ricerca. Perché una volta per tutte, non si effettua una seria campagna di scavi nella cima, o nell'avvallamento tra le due cime, per conoscere finalmente il segreto del Summano? Basterebbe solo la volontà materiale: con le foto dall'aereo, dal satellite, con i raggi infrarossi, foto in possesso della Sovrintendenza Archeologica, dell'Università di Padova, del Centro ricerche archeologiche di Superfice diretto da Armando De Guio, già potremmo avere delle notizie importantissime. La prospezione "aerea" è la prima mossa. Ma nessuno si muove! Solamente uno sponsor potrebbe, di colpo, aprire il discorso-Summano; anche la meravigliosa fiaba del Summano, alla fin fine si riduce ad un mero discorso di soldi.


Fonte : da "storia vicentina" giugno-luglio 1994.
Link: http://venetonotizie.blogspot.com/